Perché è rischioso minimizzare sulle armi “tattiche” nucleari che Putin vuole spostare in Bielorussia
Esattamente sei anni fa, nel marzo del 2017, le Nazioni Unite iniziavano a discutere di un trattato, che sarebbe stato adottato dopo qualche mese, per abolire le armi nucleari. Il ruolo della società civile è stato fondamentale: moltissimi scienziati, esperti e attivisti hanno preso parte ai negoziati, chiedendo con forza di liberare il mondo dalle testate atomiche. Quella primavera a New York c'era anche Senzatomica, unica campagna italiana a prendere parte alla discussione. E Daniele Santi, presidente del comitato, nel suo discorso all'Onu di sei anni fa sottolineava l'importanza di includere nel trattato che stava nascendo il divieto di nuclear sharing, cioè di custodire armi nucleari in Paesi che di per sé non sono potenze atomiche. L'Italia, che nelle basi militari di Aviano e Ghedi ospita le testate statunitensi, è uno di questi Paesi. E presto, almeno secondo quanto dichiarato da Vladimir Putin, potrebbe diventarlo anche la Bielorussia.
Per ora solo gli Stati Uniti si sono avvalsi del concetto di nuclear sharing, collocando alcune bombe atomiche B61 in Italia, appunto, ma anche in Germania, Belgio, Paesi Bassi e Turchia. Ma anche la Russia ora avrebbe intenzione di posizionare le sue testate in Bielorussia, creando un nuovo pretesto per l'escalation militare in Ucraina. Ne abbiamo parlato proprio con Daniele Santi, secondo cui l'annuncio del Cremlino ha un peso politico enorme, ancor prima che militare.
Le testate nucleari in Bielorussia
"Quanto sta succedendo non va preso sottogamba. Secondo Hans Kristensen, che è il direttore del Nuclear Information Project alla Federazione degli scienziati americani, è un'azione per cercare di intimidire la Nato. Non c'è alcuna utilità militare nel mettere delle armi nucleari in Bielorussia. La Russia ha dispiegato queste armi già pochi chilometri più indietro, nel suo territorio. È più che altro un atto di provocazione che però ci espone a un rischio grandissimo", ha detto Santi a Fanpage.it.
Secondo Senzatomica proprio l'Italia potrebbe avere un ruolo centrale nel disarmo nucleare globale. Il concetto di nuclear sharing, ora che anche la Russia di Putin è intenzionata a delocalizzare alcune testate, sta mostrando come più armi atomiche ci sono in campo, più sono i Paesi se ne dotano, più aumenta l'insicurezza globale.
L'impatto devastante delle armi tattiche
Diversi commentatori hanno sottolineato come le testate che il Cremlino intende dispiegare in Bielorussia siano armi nucleari tattiche. "La copertura mediatica minimizza l'impatto delle armi tattiche – ha sottolineato Santi – Sono più precise è vero, non sono le cosiddette armi strategiche che possono radere al suolo una città intera, ma sono comunque armi che possono essere tarate anche a 50 chilotoni. Ricordiamo che la bomba caduta su Hiroshima era di 15 chilotoni. Parlare di impatto minimo delle armi nucleari tattiche, dire che sono bombe piccole, è rischiosissimo. Avrebbero degli effetti devastanti".
Non solo l'uso di una bomba di questo tipo porterebbe a una distruzione e a un disastro umanitario inimmaginabile, ma aprirebbe anche a un'escalation che porterebbe alla guerra nucleare a tutti gli effetti. "L'arma nucleare tattica e quella strategica di base sono armi nucleari. A una differenza di potenziale esplosivo, cioè di chilotoni, chiaramente segue una differenza nell'impatto. Ma stiamo sempre parlando di un danno devastante. E il problema principale comunque è il fatto che si romperebbe il tabù dell'utilizzo delle armi nucleari", ha spiegato il presidente di Senzatomica.
E ancora: "È una spada di Damocle che pende costantemente sulle nostre teste. Abbiamo sempre parlato del principio di non primo uso delle armi nucleari. Secondo me oggi dovremmo discutere anche del principio di non secondo uso. Perché se ci fosse davvero qualcuno di così pazzo da usare un'arma nucleare tattica, a quel punto dovremmo affrontare tutte le conseguenze. Perché rispondere con un'altra arma nucleare innescherebbe un effetto domino devastante".
La costante minaccia dell'escalation
Il dispiegamento di armi nucleari in ulteriori territori, oltre a generare un clima che favorisce l'escaltion, aumenta anche la possibilità di incidente. Soprattuto se queste vengono collocate in Paesi poco democratici e trasparenti come la Bielorussia. "Ci potrebbero essere incomprensioni tra i Paesi sull'utilizzo du queste armi. Quello che volevamo evitare che succedesse invece sta accadendo. L'unico strumento per scongiurare tutto questo è il Trattato per la proibizione delle armi nucleare", ha proseguito Santi. Quanto accaduto in questi anni e quello che sta succedendo in questi giorni, secondo Senzatomica, è la prova di come la deterrenza sia fallita. Dallo scoppio della guerra in Ucraina si è passati dalla minaccia dell'utilizzo delle testate atomiche al dispiegamento di queste bombe in un Paese terzo: il rischio di un'ulteriore escalation è sempre presente.
"Putin sta usando le armi nucleari come strumento di ricatto. A questo punto è più necessario che mai che la comunità internazionale si unisca per trovare delle vie pacifiche per il disarmo. Tutte queste cose che stanno succedendo sono delle avvisaglie, o le utilizziamo per prendere azioni decisive e concrete, o dovremo essere pronti a fare i conti con le conseguenze", ha concluso Santi.