Perché e in che modo il governo ha cambiato i concorsi pubblici
Velocizzare le procedure, immettere in tempi rapidi nuovi dipendenti e nuove competenze nella pubblica amministrazione e valorizzare i percorsi formativi. Su questi triplici obiettivi si basa la riforma dei concorsi pubblici introdotta dal ministro della Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, attraverso il decreto Covid. Le norme sono ormai in vigore da settimane, ma le polemiche su questa riforma non si placano. Polemiche in parte inevitabili, considerando che si va a modificare – in alcuni casi anche in maniera rilevante – un sistema introdotto da anni e ormai assimilato da chi aspira a un posto di lavoro nella Pa. Motivo per cui le perplessità erano attese e prevedibili, soprattutto su alcuni punti. Il primo è indubbiamente il superamento delle prove preselettive.
L’addio alle prove preselettive viene ritenuto, da alcuni, potenzialmente penalizzante per i più giovani e per chi ha meno titoli di studio, essendo prevista la possibilità di ammettere alle successive prove valutando solo i titoli. Il potenziale rischio è quello di favorire, per esempio, dei candidati che hanno una laurea anche se il titolo di studio richiesto è solamente il diploma. Su questo, infatti, non è escluso un “approfondimento” da parte del ministero, pronto a discuterne anche con le forze parlamentari che chiederanno qualche modifica al decreto. Altra polemica è quella sull’esperienza lavorativa che può essere valutata ai fini del punteggio finale: “Ma è già così – sottolineano fonti del ministero – si è solo specificato affinché valga non all’inizio della selezione ma per la fase finale”. L’obiettivo principale del ministro Brunetta è quello di “valorizzare i percorsi formativi”, pensando però anche a “cosa serve alla Pa”. “Le amministrazioni pubbliche non sono un ammortizzatore sociale”, è il mantra che viene ripetuto per il nuovo corso del ministero.
Di certo l’obiettivo non è quello di favorire i meno giovani, né si prevede la possibilità che questo avvenga, secondo le intenzioni del ministero. Ma si punta su una maggiore valorizzazione delle competenze già acquisite, in alcuni casi anche a discapito dell’età. Se si vuole migliorare la Pa – questo il ragionamento alla base della riforma – bisogna puntare anche su chi l’esperienza l’ha già acquisita e sa già come muoversi in determinati ambiti. È il caso, per esempio, del concorso Sud. Una sorta di sperimentazione, che viene seguita attraverso un costante monitoraggio delle domande in arrivo. Già a luglio si farà una prima valutazione per capire come è andata la sperimentazione. Intanto, però, non c’è dubbio che l’idea è quella di inserire nella Pa nuovi dipendenti già formati, almeno in alcuni casi. Anche perché l’obiettivo è quello di assumere candidati che possano gestire i fondi del Recovery plan e, in generale, i fondi europei. Competenze specifiche, quindi, e non inserire nella Pa solamente sulla base di quiz ritenuti in alcuni casi non idonei: “Vogliamo spingere i giovani a studiare per qualificarsi, non per mandare a memoria batterie di quiz, secondo un malinteso senso di uguaglianza nell’accesso”, ha spiegato pochi giorni fa attraverso un intervento su Huffpost il ministro Brunetta. Ma vediamo come cambieranno, nello specifico, i concorsi pubblici.
I concorsi a regime dopo l’emergenza Coronavirus
Per quanto riguarda i concorsi a regime dopo l’emergenza Covid, ci saranno alcune regole obbligatorie e altre che dipenderanno dai singoli bandi e verranno applicate solo in alcuni casi. Sarà obbligatorio prevedere una sola prova scritta e una orale, con una prima fase in cui vengono valutati i titoli legalmente riconosciuti per l’ammissione alle fasi successive. Altro obbligo è quello di ricorrere all’utilizzo di strumenti informatici e digitali per le prove concorsuali. Poi ci sono le modalità eventuali, non obbligatorie: tra queste possibilità c’è quella di ricorrere a sedi decentrate (in base al numero dei candidati), quella di ricorrere alle videoconferenze per la prova orale e, infine, l’opzione di far concorrere al punteggio finale titoli ed esperienze professionali. Solo una possibilità e non una necessità, quindi.
Cosa cambia per i concorsi già banditi
Le regole cambiano anche per i concorsi già banditi. Innanzitutto viene reso indispensabile il ricorso a strumenti informatici e digitali, mentre vengono introdotte anche altre possibilità, a partire dalla valutazione dei titoli riconosciuti per l’ammissione alle fasi successive e la possibilità che titoli ed esperienza concorrano al punteggio finale. Anche per i concorsi già banditi viene prevista la possibilità di modificare le procedure tenendo solo una prova scritta e una orale, così come rimane l’eventualità di ricorrere a sedi decentrate e all’utilizzo della videoconferenza per l’orale. Il ministro Brunetta ha spiegato che “per i concorsi già banditi per i quali non sia stata svolta alcuna prova, le amministrazioni possono, non devono, prevedere una fase di valutazione dei titoli di studio legalmente riconosciuti ai fini dell’ammissione alle prove successive e possono prevedere una sola prova scritta e una eventuale prova orale”. Una possibilità, ma non un obbligo, ha quindi sottolineato.
I concorsi pubblici da bandire
Per i concorsi che devono ancora essere banditi in questo periodo in cui vige ancora l'emergenza sanitaria, è obbligatorio che ci sia una sola prova scritta con poi un eventuale orale. Per l’ammissione alle fasi successive si ricorrerà alla valutazione dei titoli e per le prove si ricorrerà a strumenti informatici e digitali. Resta, anche in questo caso, la possibilità di ricorrere alle sedi decentrate, alla videoconferenza per l’esame orale e alla valutazione di titoli ed esperienze per il punteggio finale. Anche in questo caso è il ministro a precisare che “per i concorsi che saranno banditi durante lo stato di emergenza, è obbligatoria la fase di valutazione dei titoli di studio legalmente riconosciuti ai fini dell’ammissione alle fasi successive, così come la prova scritta. La prova orale, invece, resta eventuale”.
Il bando Sud da 2.800 posti
Tra i temi di cui più si discute in merito alle prove di selezione pubblica c’è sicuramente il bando del concorso per il Sud. Si tratta di 2.800 posti messi a bando per la capacità amministrativa degli enti locali e delle amministrazioni del Mezzogiorno. Posti che servono nell’immediato, come spiegato dal ministero, anche e soprattutto per la gestione dei fondi provenienti dal Recovery. La prima fase consiste in una valutazione dei titoli e delle esperienze professionali – un’eccezione rispetto a ciò che viene previsto per i normali concorsi – per l’ammissione alle fasi successive, con titoli ed esperienze valutate anche per il punteggio finale. Anche in questo caso si prevede il ricorso a strumenti informatici e digitali per la prova scritta, che sarà a risposte multiple.
Le regole per lo svolgimento delle prove concorsuali
Per lo svolgimento delle prove concorsuali da tenere in questo periodo di emergenza sanitaria è stato varato un protocollo, validato anche dal Cts. Dal 3 maggio le prove in presenza potranno avere una durata massima di 1 ora. I candidati e il personale dell’organizzazione devono avere un tampone con esito negativo nelle ultime 48 ore, anche nel caso in cui siano già stati vaccinati contro il Covid. Durante lo svolgimento delle prove sarà previsto l’obbligo di indossare le mascherine Ffp2 fornite dall’organizzazione. All’interno degli spazi predisposti al concorso deve essere garantito il ricambio d’aria e un distanziamento tra le postazioni dei candidati di almeno 2,25 metri. Infine è necessario ricorrere a percorsi differenziati per l’entrata e l’uscita dei candidati.