Chiede di intitolare un parco al fratello di Benito Mussolini perché “dobbiamo essere orgogliosi del nostro passato da coloni”, sostituendo i nomi dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, uccisi da Cosa Nostra. Tutto questo a Latina, dove ha legami e interlocuzioni alla luce del sole con prestanome dei clan rom, criminali e faccendieri. Legami che si sommano a quelli svelati dall’inchiesta Follow The Money di Fanpage.it, in cui si fa offrire la cena da personaggi -è lui a dirlo – “legati ai servizi segreti” e che “fanno paura”, cena a margine della quale dice di controllare il comandante generale della Guardia di Finanza che indaga sui 49 milioni che la Lega ha truffato allo Stato italiano, perché “lo abbiamo messo noi”.
Vivessimo in un Paese normale, un qualunque politico dovrebbe rendere conto di ciascuna di queste affermazioni. E ne basterebbe anche solo una per considerare finita la sua carriera nelle istituzioni. Ma visto che non viviamo né in un Paese normale, né tantomeno in tempi normali, con un governo normale o una maggioranza normale, succede che Claudio Durigon possa tranquillamente a rimanere a fare il sottosegretario al tesoro del governo Draghi, senza che nessun partito che lo sostiene abbia l’ardire di chiederne formalmente le dimissioni.
Per il momento, non possiamo che registrare questa anomalia come l’ultima tra le tante di questa strana stagione, forse nemmeno la più clamorosa. Però forse vale la pena di tenerla lì, per tempi più tranquilli, insieme a qualche domanda. Una su tutte: come mai un personaggio come Claudio Durigon può dire e fare quel che vuole impunemente? Non abbiamo risposte, così come del resto non ne abbiamo avute né da lui, né dal governo riguardo alle sue frasi sull’attuale comandante generale della Guardia di Finanza, che ricordiamolo sempre è controllata proprio dal ministero di cui Durigon è sottosegretario.
Non abbiamo risposte, ma qualche idea ce la siamo fatta. Ad esempio, che il Pd, Italia Viva, lo stesso Movimento Cinque Stelle – che comunque almeno qualcosa ha provato a fare – non possano toccare Durigon, più che non volerlo. E che nel loro mutismo selettivo – tra un olé per gli europei e uno per le olimpiadi – ci sia molta ragion di Stato e molta paura di disturbare il manovratore di Palazzo Chigi in una fase così delicata. Perché, deduciamo, sfiduciare Durigon vorrebbe dire far mancare l’appoggio leghista, e quindi una maggioranza parlamentare, al Governo Draghi. Cosa che, evidentemente, ha indotto alla timidezza anche buona parte del mondo giornalistico italiano.
Sarà. Ma allora teniamoci per tempi migliori anche un’ulteriore domanda: perché il ragioniere Claudio Durigon, sottosegretario al Tesoro e già vicesegretario generale del sindacato di destra Ugl, quello che regala i suoi uffici, i suoi militanti e i suoi servizi alla Lega, e che assieme alla Lega gira il mondo, è così importante, per Matteo Salvini, al punto tale che nessuno lo può toccare, e quasi nemmeno se ne può parlare? Più che aspettarci una risposta, ci piacerebbe che qualcun altro cominciasse a farsi – e a fare – questa domanda.