In arrivo una grana giudiziaria per Matteo Salvini, il reato contestato è vilipendio. Vilipendio contro la Magistratura, per l'esattezza. Il Pubblico ministero di Torino, Armando Spataro, ha infatti richiesto di processare il leader del Carroccio per via di una dichiarazione rilasciata lo scorso 14 febbraio: "Se so che qualcuno, nella Lega, sbaglia sono il primo a prenderlo a calci nel culo e a sbatterlo fuori. Ma Rixi è un fratello e lo difenderò fino all'ultimo da quella schifezza che è la magistratura italiana. Si preoccupi piuttosto della mafia e della camorra, che sono arrivate fino al Nord".
Matteo Salvini in quell'occasione definì "una schifezza" la Magistratura italiana e per questo motivo, secondo quanto dispone l'articolo 313 del Codice Penale, è stata richiesta l'autorizzazione a procedere al ministro della Giustizia, Andrea Orlando. Per i reati contro personalità dello Stato, infatti, "per il delitto preveduto dall'articolo 290 (il vilipendio, ndr), quando è commesso contro l'Assemblea Costituente ovvero contro le Assemblee legislative o una di queste, non si può procedere senza l'autorizzazione dell'Assemblea, contro la quale il vilipendio è diretto. Negli altri casi non si può procedere senza l'autorizzazione del Ministro per la giustizia".
I cosiddetti "delitti contro la personalità dello Stato" sono stati introdotti dall'articolo 290 dell'allora Codice Rocco, anno 1930, e prevedono la procedibilità d'ufficio. In poche parole, per avviare l'azione penale per vilipendio non è necessario che la persona rappresentante l'Istituzione potenzialmente offesa presenti formale querela, l'imputato viene immediatamente perseguito non appena la notizia di reato giunge all'autorità giudiziaria. La pena massima in caso di condanna attualmente prevede una sanzione pecuniaria che va da 1.000 a 5.000 euro. Fino al 2006, anno in cui venne riformato il reato di vilipendio, era invece prevista la reclusione da 6 mesi fino a 3 anni.
In ambiente accademico, ma non solo, ormai da molti anni si discute dell'opportunità di abrogare definitivamente sia il vilipendio che i reati di opinione più in generale. Nonostante negli ultimi anni sia stata effettivamente operata una leggera riforma e la detenzione inizialmente prevista dal Codice Rocco è stata commutata in pena pecuniaria, reato e sanzione rimangono comunque presenti nell'Ordinamento con procedibilità d'ufficio.
Secondo il fronte più liberale e democratico, il reato vilipendio andrebbe eliminato dal Codice penale perché rappresenta un antico retaggio fascista che mina il diritto alla libertà di espressione e l'esistenza di un reato d'opinione del genere nulla può avere a che fare con i valori propugnati dalla Carta costituzionale. Di contro, il fronte anti-abrogazionista oppone una visione diametralmente opposta, supportata anche da una sentenza della Corte Costituzionale: il bene del prestigio delle Istituzioni merita tutela ed ha anche rilievo costituzionale ed è per questo motivo che il vilipendio sia presente anche in un ordinamento di stampo democratico.
Insomma, il ministro Orlando attualmente si trova in una posizione politicamente molto scomoda: non autorizzando il processo, infatti, rischierebbe di attirarsi le ire dei giudici italiani, una decisione del genere potrebbe innescare numerose polemiche non solo tra il guardasigilli e la Magistratura, ma probabilmente le reazioni potrebbero arrivare a coinvolgere altri esponenti del Governo, soprattutto il presidente del Consiglio Matteo Renzi, che non ha mai lesinato critiche all'ordine giudiziario in questi ultimi due anni. Al contrario, se questo processo venisse autorizzato e celebrato, Matteo Salvini diverrebbe un vero e proprio martire della libertà di espressione agli occhi di molti italiani, questo è indubbio.
Ma non è certo la possibilità che un processo possa accrescere la popolarità politica di Salvini, però, il metro di valutazione che deve guidare il ministro Orlando nel prendere la propria decisione. La questione è decisamente meno banale di quanto non possa sembrare a una prima lettura più superficiale. Certamente il fatto che Matteo Salvini possa rischiare un processo per colpa di una delle sue centinaia considerazioni pittoresche, da sempre oggetto di polemica nell'ambiente politico, può far sorridere sotto i baffi i suoi oppositori politici.
In una sana democrazia, però, una frase come quella pronunciata da Salvini in un momento di rabbia non può essere considerata che un mero giudizio personale e come tale non può in alcun modo diventare oggetto di processo giudiziario, nemmeno nel caso l'epiteto in questione abbia offeso l'onore di un organo di Stato. Insomma, se questo processo a Salvini venisse davvero celebrato, è ragionevole pensare che a definire "una schifezza" la Magistratura italiana probabilmente sarebbero milioni di italiani, certamente non solo leghisti e salviniani.