Perché Confindustria sta litigando con il governo Meloni sul decreto bollette

Tensioni tra Confindustria e il governo Meloni dopo l'approvazione definitiva del decreto bollette. L'associazione delle imprese ha espresso "forte preoccupazione e contrarietà per l’assenza", all'interno del provvedimento, "di misure concrete a sostegno del cuore produttivo del Paese".
Il decreto, si legge in una nota, "non prevede nulla per l’alimentare, il tessile, la farmaceutica, la componentistica automotive, l’arredo, la meccanica, il calzaturiero, le telecomunicazioni, per citare alcuni tra i tanti esempi che si potrebbero fare di eccellenze del Made in Italy". Ed è "una situazione insostenibile per le imprese italiane. Occorre agire con urgenza", è l'appello di Confindustria, che – ricorda – "aveva avanzato proposte di modifica a costo zero, finalizzate ad avviare un primo, reale e strutturale alleggerimento del peso delle bollette energetiche per le imprese". Il riferimento è "alle norme per estendere anche alle Pmi industriali la riduzione degli oneri di sistema, alla possibilità di fornire energia alle imprese industriali con contratti a lungo termine da parte del Gestore dei Servizi Energetici (GSE), alla eliminazione dello spread esistente tra il mercato europeo e quello italiano del gas che grava per 1,3 miliardi di euro all’anno, alla gas e biometano release, alla rimozione dei vincoli per installare impianti rinnovabili sulle aree industriali bloccate dal DL Agricoltura dello scorso anno", chiariscono.
Tuttavia, prosegue la nota "tra emendamenti dichiarati inammissibili, inviti al ritiro e l’assenza di pareri da parte dei Ministeri competenti, si è persa un’altra occasione utile per intervenire in maniera efficace". La bolletta di tutta l’industria italiana supera abbondantemente i 20 miliardi di euro all’anno "e le nostre imprese continuano a subire uno spread energetico che supera il 35% e che arriva anche a toccare punte dell’80% nel confronto con i Paesi europei".
Insomma, Confindustria è dura e accusa governo e Parlamento di non aver "fatto nulla per rafforzare il decreto e introdurre misure strutturali a supporto dell’industria italiana, nel rispetto di un equilibrio che condividevamo di ripartire equamente le risorse tra famiglie e imprese. Per le imprese che stanno fronteggiando una crisi prolungata della produzione industriale, l’incertezza di una guerra commerciale, era questo il momento di poter ricevere un reale sostegno. Invece si è preferito agire con interventi estemporanei", hanno sottolineato.
Per le imprese è indispensabile attivare "un percorso che porti alla definizione di un piano energetico strutturale e di lungo periodo" perché le misure una tantum "non sono più sufficienti: servono azioni concrete e coerenti, dove sia chiara la visione del futuro". Da qui la richiesta di un nuovo decreto legge" per ridurre in modo strutturale i costi energetici, che preveda interventi immediati e mirati a sostegno delle imprese e dei distretti industriali attualmente esclusi dalle misure approvate". "Non occuparsi del costo dell’energia significa mettere a rischio la sopravvivenza delle eccellenze dei nostri distretti industriali. Si tratta proprio delle imprese che realizzano quei 626 miliardi di export che tiene in vita la nostra economia", hanno ribadito.
Le critiche degli industriali hanno provocato "l'irritazione" di Palazzo Chigi. Il provvedimento era stato "ampiamente discusso con tutte le associazioni imprenditoriali, a partire da Confindustria", hanno fatto trapelare fonti interne alla presidenza del Consiglio. "Stupisce quindi che l'associazione degli industriali abbia manifestato la sua contrarietà solo dopo l'approvazione definitiva del provvedimento da parte del Senato".
Linea ribadita anche dal ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti. Il decreto bollette è stato condiviso "anche con loro. Si è fatto quello che era possibile. Le critiche ex post ci stanno, le accettiamo. In tanti criticano, pochi ringraziano ma il governo fa quello che è giusto per i cittadini e le imprese", ha detto a margine dei lavori del Fmi. Meloni, commentando il decreto, aveva detto che il Governo non si sarebbe fermato a questo, ma è evidente che per Confindustria quanto fatto finora non è sufficiente.