Il ministro dell'Interno Matteo Salvini ha inviato una lettera urgente al governo maltese con la quale si intima di concedere l'ingresso nei propri porti alla nave Aquarius della ONG SOS Mediterranee, con a bordo 629 migranti recuperati in mare aperto. Se Malta non accetterà di prestare accoglienza ai migranti, per la Aquarius non saranno fornite soluzioni alternative, ovvero non sarà consentito l'ingresso nei porti italiani alla nave della ONG. La decisione, presa di concerto con il ministro dei Trasporti Toninelli, è senza precedenti, considerato che l'Italia non ha mai chiuso i porti alle navi con a bordo migranti. Lo scorso anno, la sola ipotesi avanzata da Minniti di poter chiudere i porti alle ONG sollevò un enorme dibattito e fu sconfessata immediatamente dall'allora ministro per i Trasporti Delrio. Ora le cose potrebbero andare diversamente.
Cominciamo però col dire che la situazione è ancora molto confusa. Malta sostiene di aver sempre fatto il proprio dovere e che in questo caso la nave Aquarius non è di loro competenza, dal momento che il salvataggio è stato effettuato il area SAR libica e col coordinamento del MRCC di Roma (con la partecipazione della nostra Guardia Costiera, tra l'altro). La realtà dei fatti è diversa, considerato che Malta spesso e volentieri nega l'accesso nei propri porti alle navi che trasportano migranti (l'ultima volta solo pochi giorni fa), che nella propria gigantesca area SAR non opera praticamente mai e che il proprio apporto in termini di salvaguardia delle vite in mare è praticamente nullo. Anche relativamente al salvataggio di ieri, poi, ci sono molti dubbi: le autorità maltesi sostengono sia avvenuto in zona SAR della Libia (peraltro ancora non ufficialmente riconosciuta), mentre fonti ufficiose della Guardia Costiera italiana confermano alle agenzie come si sia trattato di interventi nella zona di competenza maltese, sempre coordinati dal MRCC di Roma (del resto, Malta non ha mezzi né risorse per controllare la sua enorme area SAR). L'atteggiamento di Malta, dunque, si presta ancora una volta a critiche sostanziali, considerando che anche La Valletta riceve cospicui finanziamenti europei per la gestione dell'emergenza.
Detto ciò, la decisione di Salvini e Toninelli è altrettanto criticabile, per una serie di ragioni. Impostare un braccio di ferro con Malta sulla pelle di 629 persone non può essere una legittima opzione politica. Un problema di questo tipo si affronta ai tavoli, non usando le vite di uomini, donne e bambini. Alzare la voce, fare i duri, minacciare ritorsioni semplicemente allo scopo di mostrare una discontinuità col passato: propaganda che saremmo anche disposti a tollerare (ormai ci stiamo abituando…), se non fossero in gioco centinaia di vite innocenti. Anche perché, in questo caso specifico, ci sono in ballo anche una serie di questioni "tecniche": la posizione dei barconi, le indicazioni del MRCC, le regole di ingaggio delle operazioni di Frontex, il ruolo delle motovedette della Guardia Costiera. Nonché gli impegni presi dal nostro Paese in passato, che tenevano anche conto dell'incapacità di Malta di garantire controllo e assistenza nella propria area SAR. Impegni presi per ragioni umanitarie, prima ancora che politiche. E sempre rispettati, anche grazie al lavoro delle ONG, oggetto negli ultimi mesi di una campagna di opinione durissima e difficilmente comprensibile.
E qui arriviamo al nocciolo della questione: la minaccia di chiudere i porti italiani alle ONG. Questo report di ASGI spiegava benissimo quale fosse la situazione normativa relativamente alla possibilità o meno di autorizzare l'ingresso nei porti italiani alle navi delle ONG:
Secondo il diritto internazionale generale, uno Stato è in via di principio libero di regolamentare l’accesso ai propri porti a navi straniere. Tuttavia tale libertà può essere limitata da altri obblighi, convenzionali o consuetudinari. In particolare, secondo una norma generalmente accettata, tale principio trova limiti per le navi straniere in situazione di distress (estremo pericolo). Tali navi sono altresì esenti dall’applicazione delle norme locali, incluse quelle di diritto penale. Il diniego di accesso ai porti potrebbe anche porsi in contrasto con altri obblighi assunti dall’Italia. In
particolare, potrebbe costituire una violazione degli obblighi derivanti dalla Convenzione europea dei diritti umani, di proteggere la vita (art. 2 CEDU) e l’integrità fisica e morale (art. 3 CEDU) delle persone a bordo della nave, che si trovano soggette alla giurisdizione italiana (art. 1 CEDU).
Tra l'altro, come ricordato dal Corsera, "il rifiuto, aprioristico e indistinto, di far approdare la nave in porto comporta l’impossibilità di valutare le singole situazioni delle persone a bordo, e viola il divieto di espulsioni collettive previsto dall’art. 4 del Protocollo n. 4 alla CEDU."
Cosa accadrà, dunque, se Malta non autorizzerà l'ingresso della Aquarius nei suoi porti? Ecco, fra qualche giorno la nave della ONG probabilmente sarà in "distress", ovvero in situazione di estremo pericolo, considerato che a bordo non vi sono le condizioni per sfamare e accudire 629 persone, dunque come potremmo continuare a mantenere il divieto di ingresso nei porti italiani? Non potremmo, semplicemente. Dunque potremmo trovarci a dover far entrare lo stesso la nave in porto, con il solo risultato di aver costretto centinaia di persone a giorni di stenti, timore e incertezza. Questo, al di là delle colpe di Malta, ci sembra davvero un prezzo eccessivo e terribile.