Perché cancellare il giudizio descrittivo alle elementari è sbagliato e controproducente per gli alunni
La proposta del ministro Valditara di cambiare ancora una volta le modalità di valutazione degli studenti ha messo in allarme i sindacati e le associazioni che si occupano di scuola. Un emendamento presentato dal governo in Commissione Cultura al ddl relativo al voto in condotta punta infatti a introdurre dei cambiamenti rispetto alla riforma varata appena tre anni fa con l'introduzione di giudizi descrittivi, legati al livello di apprendimento raggiunto dagli alunni della scuola primaria, ora ritenuti dal ministero di difficile comprensione. Si vorrebbe quindi ripristinare la vecchia scala di valutazione, con i più sintetici aggettivi ‘insufficiente', ‘sufficiente', ‘discreto', ‘buono' e ‘ottimo', che secondo Valditara sarebbero più efficaci. Ma dietro la sbandierata chiarezza potrebbe nascondersi piuttosto il ritorno a una vecchia idea di scuola.
In un'intervista il ministro ha spiegato così le novità: "Abbiamo deciso di tornare, dal prossimo anno scolastico, a formule comprensibili al posto di quelle astruse introdotte di recente. Come fa un genitore o un bambino a capire che ‘in via di prima acquisizione' vuol dire insufficiente? È una questione di chiarezza", aggiungendo anche che il suo dicastero sta valutando anche la possibilità di aggiungere ai al tradizionale giudizio sintetico che va da ‘ottimo' a ‘insufficiente', anche la valutazione di ‘gravemente insufficiente'. La scala di valutazione quindi potrebbe contenere in tutto sei gradi di giudizio.
Che il ministero volesse smantellare la riforma che era stata introdotta da Lucia Azzolina era già apparso già nei mesi scorsi, quando la sottosegretaria all'Istruzione Paola Frassinetti, aveva criticato l'introduzione del giudizio descrittivo nella scuola primaria, perché avrebbe creato "solo confusione nelle famiglie, complicando il lavoro dei docenti". In quel momento però sembrava che il governo Meloni volesse archiviare la riforma Azzolina, ripristinando addirittura quella introdotta da Mariastella Gelmini, ministra dell'Istruzione nel governo Berlusconi IV, che prevedeva il voto numerico in pagella alle elementari.
Dall'anno scolastico 2020/2021, per ciascuna delle discipline previste dalle Indicazioni nazionali per il curricolo, Educazione civica compresa, i bambini delle elementari ricevono un giudizio espresso dall'insegnante. La riforma Azzolina prevede che al posto dei numeri per la scuola primaria ci siano quattro indicatori, entro cui si articola il giudizio descrittivo di ogni studente riportato nel documento di valutazione ovvero la scheda: ‘in via di acquisizione'; ‘base'; ‘intermedio', ‘avanzato'.
In pratica, per per ciascun alunno, gli insegnanti valutano il livello di raggiungimento dei singoli obiettivi di apprendimento individuati nella progettazione annuale. Il loro compito in teoria sarebbe poi quello di spiegare questi giudizi, comunicandoli alle famiglie degli studenti. Una modalità in vigore da poco tempo, che non è stata ancora recepita a fondo da tutte le scuole che la applicano. Servirebbe insomma più tempo per fare un primo bilancio e capire cosa funziona e cosa no, secondo la rete delle associazioni composta da Associazione Italiana Maestri Cattolici, Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici, Centri d'Esercitazione ai Metodi dell'Educazione Attiva, Coordinamento Genitori Democratici, Flc Cgil, Legambiente Scuola e Formazione, Movimento di Cooperazione Educativa, Proteo Fare Sapere, Unione Cattolica Italiana di Insegnanti, Dirigenti, Educatori e Formatori.
Non è chiaro insomma perché, prima di annunciare questo cambiamento, non si siano fatte delle verifiche sulle esperienze fin qui condotte dalle scuole, e soprattutto, si chiedono le associazioni, perché il ministero non abbia avviato delle consultazioni con gli addetti ai lavori prima interrompere il percorso iniziato tre anni fa.
"Non è un caso che Valditara abbia detto di voler agire rivolgendosi a un presunto bisogno dei genitori, che ‘non possono capire le modalità con cui si esprimono questi giudizi'", ha detto a Fanpage.it la presidente del Coordinamento genitori democratici, Angela Nava.
"Ha fatto leva sui genitori, dando per scontato che il sistema precedente, quello dei giudizi sintetici, fosse un sistema che si basava sulla trasparenza. Noi non condividiamo la visione della scuola che si nasconde dietro questo processo. Se da genitore ricevo la scheda di mio figlio, intuisco solo che come studente viene classificato all'interno di una determinata scala di valutazione, che sia ottimo o insufficiente, o che sia un voto numerico. Come però l'insegnante sia arrivato a quel voto e come si possa lavorare insieme per migliorare il suo rendimento non mi è chiaro. Ho solo la misura di una classifica a cui cui mio figlio appartiene. È veloce come comunicazione? Senza dubbio sì. Muove dei processi? No", ha spiegato Nava a Fanpage.it.
"Noi come genitori non stiamo dicendo che l’operazione che era stata iniziata non possa presentare delle imperfezioni o che non ci siano margini di miglioramento. Però celebriamo il centenario dei grandi pedagogisti, Gianni Rodari, Don Milani, e poi torniamo al giudizio che definisce un ragazzo in una situazione, lo blocca, lo incasella, e in questo modo non facciamo un'operazione condivisa, non comunichiamo gli obiettivi alle famiglie".
"Ci chiediamo poi quali siano i genitori che il ministero ha consultato. Le associazioni riconosciute, che dovrebbero essere consultate in questi casi, non sono mai state chiamate o interrogate nel merito. Ma questi passaggi, le riforme, hanno bisogno di tempo, di formazione degli insegnanti e di valutazioni in corso d’opera. In Italia invece si iniziano dei percorsi, poi senza neanche valutarli e li si interrompe. C'era stato anche un forte investimento economico per formare gli insegnanti, un esborso di spesa pubblica, che meritava una sorte migliore. Credo che questo contribuisca a far sentire gli insegnanti stanchi e disillusi. Arriva una circolare dall'alto e con un colpo di spugna una riforma viene cancellata".
"Eppure la riforma Azzolina offriva una possibilità in un momento in cui tra scuola e famiglia i rapporti sembrano compromessi. Dava la possibilità alla scuola di dialogare con i genitori, di spiegare i punti di osservazione, permetteva di utilizzare un giudizio formativo e non definitorio, dava spazio insomma alla collaborazione della famiglia"
"Un voto numerico o sintetico dice al ragazzo "Tu vali 2″. Poi magari quel ragazzo è fragile, riceve un brutto voto e si getta dalla finestra. Ci sono indagini sul benessere dei ragazzi, che dimostrano chiaramente che il voto viene visto come elemento ansiogeno forte. Possibile non si possa fare capire che nella scuola c’è spazio per tutti? Bisogna sicuramente insegnare ai ragazzi ad autovalutarsi, un obiettivo non semplice, che si può raggiungere solo con la collaborazione tra genitori e insegnati – Molte scuole hanno adottato il giudizio descrittivo, ma non tutte, bisogna spendere più tempo. Andava spinta di più la parte di più la comunicazione con i genitori. Secondo noi bisognava comunque aspettare, per vedere dove portava quella sperimentazione", ha spiegato ancora Nava.
"Il giudizio ‘gravemente insufficiente', cosa aggiunge? Mi dice che mio figlio ha un limite? Come associazioni abbiamo chiesto tempo fa un incontro al ministero, ma non siamo mai stati ricevute".
Multe a scuola per gli studenti che aggrediscono gli insegnanti
Un altro emendamento depositato dal governo al Senato in commissione Cultura al ddl sulla valutazione del comportamento degli studenti prevede l'introduzione di una multa da 500 a 10mila euro gli studenti che aggrediscono un professore, un dirigente scolastico o un membro del personale amministrativo della scuola.
Il testo prevede che in caso di condanna per reati contro il personale scolastico nell'ambito o causa delle loro funzioni "è sempre ordinato" oltre al pagamento dei danni quello "di una somma da euro 500 a euro 10mila" come "riparazione pecuniaria" per "l'istituzione scolastica di appartenenza della persona offesa". La proposta nasce come reazione del governo ai 28 casi di violenze e aggressioni nei confronti di insegnanti e del personale scolastico, che si sono verificati dall'inizio dell'anno.
"Non condividiamo la misura, e non per un generico protezionismo verso gli studenti", ha detto Angela Nava del Coordinamento genitori democratici. "Il nostro codice penale mi sembra avesse già individuato tutti i reati che attengono le aggressioni ai pubblici ufficiali, come appunto sono gli insegnanti. La strada è arricchire il Codice penale di nuovi reati oppure serve capire tutti insieme cosa sta succedendo nella scuola? Quali sono i motivi di questo malessere diffuso?"
"Quando parliamo di questi casi stiamo parlando comunque di meno di un centinaio di casi in una platea di un milione di studenti. Non li sottovalutiamo certo, ma gli studenti non sono tutti delinquenti a piede libero, che saranno frenati dell’idea della pena pecuniaria. La scelta della risposta unica non ci piace non ci basta, non abbiamo prove nelle società occidentali che inasprire le pene risolva i problemi".