Perché in Basilicata il centrosinistra poteva vincere e cosa è andato storto: l’analisi del voto
Le elezioni regionali in Basilicata hanno segnato una nuova sconfitta per il campo largo di Partito democratico e Movimento 5 stelle, mentre Azione e Italia viva hanno scelto di sostenere il presidente uscente del centrodestra Vito Bardi. Insomma, le opposizioni sono sembrate più divise che mai, e proprio questa rottura potrebbe essere stata determinante. Il M5s ha confermato le sue difficoltà a livello locale, la Lega ha retto (ma probabilmente non ci riuscirà alle europee), Forza Italia è andata molto bene. Lorenzo Regiroli, sondaggista di BiDiMedia, ha analizzato i risultati in un'intervista a Fanpage.it, spiegando cosa è andato storto per il campo largo e perché per il momento sembra difficile che le cose cambino.
Era un risultato prevedibile?
Direi di sì. Il nostro ultimo sondaggio tre settimane prima del voto dava otto punti di vantaggio a Bardi. In queste situazioni, quando la sfida pare abbastanza chiusa tende a esserci effetto ‘bandwagon', gli elettori salgono sul carro del vincitore. E così il distacco si è ampliato ancora [circa quattordici punti, ndr].
Le cose avrebbero potuto andare diversamente, o in Basilicata il campo largo non aveva modo di mettere davvero in difficoltà il centrodestra?
La Basilicata tradizionalmente non è una Regione di centrodestra, è stata storicamente favorevole al centrosinistra. Fino a un paio di mesi fa l'esito non era scontato. Non tanto per la questione del candidato in sé: Marrese non è stato un ‘cattivo' candidato tecnicamente, aveva un buon tasso di approvazione e i suoi voti nella provincia di Matera (da dove viene) li ha presi. Il punto è come si è arrivati alla sua candidatura. Le polemiche, le candidature saltate, il campo largo che si scinde, poi si riassembla, poi ne esce un pezzo.
Quanto ha pesato l'assenza di Azione e Italia viva?
Hanno portato via una porzione importante di voti. Dentro Azione ci sono i fratelli Pittella, personaggi importanti della politica lucana, tra cui l'ex presidente di Regione Marcello Pittella che da solo ha preso più di 7mila preferenze, in un'elezione in cui gli elettori erano circa 270mila. È tantissimo. Azione ha preso circa il 7,5%, Italia viva aveva i suoi candidati all'interno di un'altra lista. Nel complesso si può stimare che i due partiti abbiano portato via il 9 o 10%.
È vero, come ha detto Marrese, che Calenda e Renzi hanno sostanzialmente fatto vincere Bardi?
A livello numerico, Marrese ha ragione. Ma a livello politico bisogna capire perché questa rottura è avvenuta. Non è piovuta dal cielo, è dipesa da veti incrociati. Non solo tra Azione e il Movimento 5 stelle, di cui si è parlato molto a livello nazionale, ma anche per dinamiche locali che sono passate un po' sotto traccia. Fonti locali hanno parlato ad esempio di un'ostilità tra Pittella e Angelo Chiorazzo, nome di punta del centrosinistra [e unico candidato a prendere più preferenze di Pittella, ndr].
La Basilicata era contendibile, ma alla fine non si è trovato un candidato che andasse bene a tutti. Se dovessi dire il momento in cui il campo largo ha perso queste elezioni, è quello in cui ha perso il sostegno di Azione e Pittella. Poi c'è stata un'altra dinamica, di cui chiaramente Marrese non può parlare in modo altrettanto netto.
Quale?
Gli elettori del Movimento 5 stelle sostanzialmente non sono andati a votare, o hanno votato per altri. Il nostro sondaggio prima del voto aveva già messo in evidenza la questione: il M5s è forte in Basilicata, nelle intenzioni di voto per le europee arriva al 25% ed è ampiamente il primo partito in Regione; ma nello stesso sondaggio, per le elezioni regionali, stimavamo il M5s poco sotto il 10%. È poi finito vicino all'8%. Si vede che c'è una discrepanza.
Essere parte di una coalizione ha penalizzato il M5s? Alle ultime regionali, con un suo candidato, aveva raggiunto il 20%.
In coalizione, sembra che i 5stelle facciano fatica. Mentre gli elettori del centrosinistra non hanno problema a votare un candidato del Movimento, come avvenuto in Sardegna, gli elettori M5s faticano a votare un candidato che non è il loro. Questo si aggiunge al fatto che il M5s ha poco radicamento a livello territoriale. I suoi elettori si sentono liberi di non andare a votare, o di votare altre liste, anche di coalizioni diverse. Alla base di ciò ci sono molti fattori, sia il fatto che il Movimento è relativamente giovane, sia delle scelte come il limite dei due mandati.
Perché è un aspetto negativo?
Per quanto riguarda il legame con il territorio, è un ostacolo colossale: in elezioni locali dove conta tantissimo la persona da votare, se dopo due mandati un politico deve ritirarsi si perde tutto il capitale politico della sua esperienza. Soprattutto al Sud, questo crea un fortissimo problema di radicamento.
Tornando ad Azione e Italia viva, Bardi ha detto che la loro alleanza con il centrodestra potrebbe diventare un modello da replicare. È possibile?
Non direi. Così come era difficile replicare a livello nazionale il modello dell'Abruzzo – con tutte le opposizioni unite – lo stesso si può dire qui. Non trarrei troppe conclusioni sulle alleanze da un'elezione nella terza Regione più piccola d'Italia.
La Lega ha preso il 7,8% ed è riuscita ad arrivare davanti ad Azione e al M5s per una manciata di voti. Un flop?
In realtà, per essere la Basilicata, non è andata male. Il motivo è lo stesso di Azione: aveva due o tre candidati molto forti che hanno portato molti voti. Ha retto, ma non è indicativo di una ripresa a livello nazionale. Il problema per la Lega è che sta cedendo fortemente il passo al Centro-Sud, dove aveva guadagnato con il Salvini del 2018/19. Alle europee, e ancora di più alle politiche, tutta questa forza dei porta-voti locali non c'è. Mi aspetto che alle europee prenda meno del 7% in Basilicata.
Dall'altra parte, Forza Italia sembra essere in ascesa. Riuscirà a confermare questo momento positivo anche alle europee?
Forza Italia è un po' la sorpresa di questo periodo. Molti dopo dopo la morte di Silvio Berlusconi avevano pensato che sarebbe sparito, invece Tajani sta gestendo in modo molto accorto il partito: facendo la sponda moderata del centrodestra e, a livello locale, inglobando più personalità politiche possibili per prendere il loro consenso. E ci sta riuscendo bene. Anche a livello nazionale gode di una buona salute, ha fatto un accordo con Noi moderati e si tratta di due elettorati perfettamente compatibili, per cui non dovrebbero avere troppi problemi a sommarsi.
Le regionali degli ultimi mesi danno qualche indicazione su come andranno le elezioni europee?
A livello nazionale il consenso del governo Meloni è intorno al 40%, non altissimo e non bassissimo. Ma soprattutto, è in calo da tempo. Invece l'intenzione di voto ai partiti di maggioranza scende pochissimo. Perché manca l'alternativa.
Manca un'opposizione credibile?
Azione attacca il Movimento 5 Stelle, il Movimento 5 Stelle attacca il Pd, che da parte sua è impegnato a discutere se mettere il nome di Schlein nel simbolo oppure no… Non c'è un'opposizione in grado di convogliare su di sé il voto ‘popolare' di chi non apprezza il governo. Le divisioni restano, e il centrodestra continua a governare indisturbato, anche senza grandi punte di consensi. Al momento non si vede come possano andare diversamente le europee. Nelle prossime elezioni il tema sarà soprattutto chi riuscirà a superare il 4%: ci sono gli Stati Uniti d'Europa, Azione e Alleanza Verdi-Sinistra che oscillano attorno a quella soglia. Oltre alla lista di Santoro e quella dell'istrionico Cateno De Luca, che alle ultime elezioni politiche fece molto bene nella sua area. Loro dovranno faticare per arrivare davvero a quel livello.