Per Meloni il dibattito sul Mes è ideologico e strumentale: “Perché Pd non lo ha ratificato quando poteva?”
Giorgia Meloni continua a essere contraria alla riforma del Mes, che il nostro Paese non ha ancora ratificato al contrario del resto dell'Eurozona. "Sul Mes vedo un dibattito molto italiano e ideologico, testimonia la strumentalità di certe posizioni – ha detto la presidente del Consiglio parlando alla presentazione di PhotoAnsa 2023 – Non si può parlare del Mes se non si conosce il contesto. Un governo serio tiene conto del contesto e in quel contesto fa calare gli strumenti, perché parliamo di strumenti e non di totem ideologici. Quando saprò qual è il contesto in cui mi muovo saprò anche cosa bisogna fare del Mes".
Quindi l'attacco alle opposizioni, che chiedono al governo di ratificare immediatamente la riforma e di non tenere gli altri Paesi bloccati in questo stallo: "Certe dichiarazioni mi fanno sorridere, come la segretaria del Pd Elly Schlein che dice ‘non possiamo tenere ferma tutta Europa'. Forse non sa che il Mes esiste, chi lo vuole attivare lo può tranquillamente attivare. Forse bisogna interrogarsi sul perché, in un momento in cui tutti facciamo i salti mortali per reperire risorse, nessuno vuole attivarlo: questo sarebbe il dibattito da aprire".
Perché Giorgia Meloni è contraria al Mes
Secondo Meloni gli Stati, prima di accedere al Mes, "si pongono il problema di che tipo di messaggio danno al resto del mondo". Il punto su cui insiste Meloni è che ad accedere al fondo sono Paesi in difficoltà economica, a cui il Consiglio di governatori del Mes potrebbe chiedere la ristrutturazione del proprio debito pubblico in cambio delle risposte e questo potrebbe scatenare la speculazione contro quei Paesi, già economicamente fragili. "Sono molte risorse che si rischia di tenere ferme, non utilizzate, quando potrebbero essere utilizzate magari in maniera più efficace", ha detto la presidente del Consiglio.
E ancora, sempre diretta agli avversari politici: "Siete stati al governo 4 anni, perché non lo avete ratificato se era così fondamentale farlo in tempi rapidi? Credo che la strumentalità di certi dibattiti in chiave interna non tenga conto dell'eventuale danno che si arreca all'Italia".
La replica di Elly Schlein
Non è tardata ad arrivare la replica della segretaria del Pd: "Giorgia Meloni fa il gioco delle tre carte. È troppo occupata a difendere una manovra economica indifendibile e dimentica i fatti. Primo: quello di cui discute non è l’attivazione del MES ma la ratifica del trattato che lo modifica. Secondo: 26 Paesi su 27 hanno già ratificato le modifiche. Sono Paesi governati da coalizioni di ogni colore politico. Terzo fatto: rimane solo l’Italia, perché la destra è prigioniera della sua propaganda ideologica. Governare implica assumersi delle responsabilità", ha commentato Schlein in una nota.
Per poi aggiungere: "Ratificare le modifiche al Mes non significa chiederne l’attivazione, ma non impedire agli altri Paesi di accedervi. Se non è in grado nemmeno di spiegare questa differenza, non è adatta al suo mestiere. Noi siamo comunque convinti che anche questa pantomima finirà e Giorgia Meloni si rimangerà anche questa promessa elettorale, come è finita per le accise sulla benzina, sui tagli alle pensioni e alla sanità".
Cosa ha detto Meloni sul Patto di stabilità
Sul Patto di stabilità e crescita Meloni ha precisato: "Il tema per noi è degli investimenti. Dopo di ché la trattativa è aperta, noi stiamo portando avanti un approccio pragmatico e credo che non si possa dire di sì a un Patto di stabilità che nessuno Stato potrebbe rispettare perché non sarebbe serio da parte nostra. Io vedo spiragli per una soluzione seria che tenga conto del contesto in cui operiamo". La richiesta dell'Italia, ha aggiunto, "è banale" e riguarda gli investimenti su questioni strategiche: "Noi chiediamo che questi vengano riconosciuti nella regole della governance. Non mi pare di dire una cosa folle se dico che non si può chiedere di insistere su certe priorità e dall'altro stabilire regole di governance che puniscono".
La posizione del governo italiano sul conflitto in Medio Oriente
"Penso che l'antisemitismo sia un cancro che si deve sconfiggere. È un problema reale, che sta crescendo in tutta Europa e in Occidente, spesso mascherato da critica verso Israele. Le tante manifestazioni convocate come manifestazioni a favore Palestina e poi risoltesi in manifestazioni che inneggiavano ad Hamas credo ne siano una spia molto preoccupante, perché sono due cose molto diverse", ha detto ancora Meloni, parlando del conflitto in Medio Oriente e dell'impatto che questo ha avuto su larga scala. Sullo scorso 7 ottobre la presidente del Consiglio ha detto: "Penso che non si possa trattare il conflitto in Medio Oriente se non si riparte dall'orrore di Hamas, dalla ferocia disumana che non ha risparmiato donne e bambini e che racconta la disumanizzazione dell'altro. Quello che è successo deve essere condannato senza ambiguità perché se ci abituiamo all'orrore, abbiamo un problema serio. Il tentativo di Hamas di mostrare quell'orrore ha un intento politico: ossia provocare una reazione di Israele tale da far aprire un solco incolmabile con i Paesi arabi della regione che stavano cercando di normalizzare i rapporti con Israele".
Perché secondo Meloni non bisogna smettere di aiutare Kiev
Meloni, infine, ha parlato anche di un altro conflitto alle porte dell'Europa, quello in Ucraina. "È giusto continuare a sostenere l'Ucraina, banalmente perché se consentiamo che saltino le regole del diritto internazionale gli scenari di crisi si moltiplicheranno". Sull'avanzata della controffensiva ucraina, che non starebbe procedendo come immaginato, secondo la presidente del Consiglio bisogna comunque "tenere in considerazione che Kiev ha liberato gran parte del suo territorio e che oggi è inimmaginabile un'ipotesi di invasione totale dell'Ucraina". La guerra lampo non c'è stata, ha aggiunto Meloni: "Questa stoica resistenza degli ucraini, avvenuta grazie anche ai paesi occidentali, ha allontanato la guerra da noi perché se quella invasione lampo fosse riuscita ci saremmo trovati una guerra più vicina a casa, perché la Russia non si sarebbe fermata".