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Per la Cassazione nell’assegno di divorzio va calcolato anche il periodo di convivenza prematrimoniale

Il periodo di convivenza prematrimoniale avrà un peso nell’assegno di divorzio. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza storica depositata ieri.
A cura di Annalisa Cangemi
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Nell'assegno di divorzio va contato "anche il periodo della convivenza prematrimoniale". Lo ha stabilito una storica sentenza della Corte di Cassazione, depositata ieri, che compie così un importante passo avanti nel diritto di famiglia e riconosce questo modello relazionale, la convivenza prima del matrimonio come "un fenomeno di costume sempre più radicato nei comportamenti della nostra società cui si affianca un accresciuto riconoscimento – nei dati statistici e nella percezione delle persone – dei legami di fatto intesi come formazioni familiari e sociali di tendenziale pari dignità rispetto a quelle matrimoniali".

Secondo i giudici ai fini dell'assegno di mantenimento in caso di divorzio bisogna tener conto anche del periodo della convivenza prematrimoniale "nei casi peculiari in cui il matrimonio si ricolleghi a una convivenza" della coppia "avente i connotati di stabilità e continuità, in ragione di un progetto di vita comune, dal quale discendano anche reciproche contribuzioni economiche". Questo nei casi in cui "emerga una relazione di continuità tra la fase ‘di fatto' di quella medesima unione e la fase ‘giuridica' del vincolo matrimoniale". 

La sentenza nasce dal caso di una donna che chiedeva che nell'assegno di divorzio fosse incluso il periodo di sette anni di convivenza prima del matrimono, dal 1996 al 2003, durante il quale era nato il figlio della coppia. La donna aveva rinunciato a lavorare "per l’agiatezza che proveniva dalla sua famiglia d’origine, non per essersi dedicata interamente alla cura del marito e del figlio", aveva stabilito la Corte d'Appello di Bologna perché "non risultava dagli atti che ella avesse sacrificato aspirazioni personali e si fosse dedicata soltanto alla famiglia, rinunciando ad affermarsi nel mondo del lavoro, considerato che, avuto esclusivamente riguardo al periodo di ‘durata legale del matrimonio', dal novembre 2003 al 2010, non anche al periodo anteriore, dal 1996, di convivenza prematrimoniale" perché gli obblighi giuridici nascono dal matrimonio e non dalla convivenza.

Quando il caso è passato in Cassazione la sentenza è stata totalmente ribaltata e la Corte di Cassazione ha ribadito che "l’assegno di divorzio ha una funzione assistenziale, ma parimenti anche compensativa e perequativa, come indicato dalle Sezioni Unite, e presuppone l'accertamento di uno squilibrio effettivo e di non modesta entità delle condizioni economiche patrimoniali delle parti, riconducibile in via esclusiva o prevalente alle scelte comuni di conduzione della vita familiare, alla definizione dei ruoli dei componenti della coppia coniugata, al sacrificio delle aspettative lavorative e professionali di uno dei coniugi". 

"La Suprema Corte a Sezioni unite ha emesso ieri una sentenza rivoluzionaria sul piano giuridico e giudiziario, nonché su quello culturale e sociale'‘, ha commentato all'Adnkronos Gian Ettore Gassani, presidente dell'Ami, Associazione degli avvocati matrimonialisti italiani,

"Per la prima volta viene attribuita alla convivenza prematrimoniale un'importanza decisiva ai fini del calcolo dell'assegno di mantenimento per il coniuge economicamente più debole in sede di divorzio – ha spiegato Gassani – Molte coppie convivono per tanti anni prima di sposarsi. Spesso le scelte più importanti vengono condivise durante questa fase prematrimoniale e sovente si tratta di scelte che condizionano la coppia e le prospettive personali e lavorative di uno dei due partners. Dunque la Cassazione ha elevato l'asticella culturale del Paese conferendo alla pregressa convivenza prematrimoniale un valore importante anche per calcolare l'assegno di divorzio sulla base, appunto, di tutto ciò che è accaduto ed è stato scelto dai coniugi prima di sposarsi".

"Si può dire che questa sentenza rappresenta una rivoluzione copernicana del diritto di famiglia italiano perché vengono valorizzati i sacrifici e le rinunce che un convivente può aver fatto in favore dell'altro prima di convolare a nozze. Dunque la convivenza non è più ‘terra di nessuno' o un periodo insignificante ma viene ritenuta dalla Cassazione come un tutt'uno con il matrimonio. Non c'è dubbio che questa sentenza proietti l'Italia in Europa dal punto di vista del diritto di famiglia", ha detto ancora il presidente dei matrimonialisti italiani.

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