Siamo il Paese del sole, della pasta e dei dipendenti pubblici fannulloni, inefficienti, incompetenti e strapagati, oltre che incredibilmente numerosi ed inutili. Così almeno nella ricostruzione generalmente condivisa dall'opinione pubblica e nella lettura che ciclicamente viene riproposta da una "certa" parte politica (che per la verità, nella sua lunga esperienza alla guida del Paese non è andata oltre qualche conferenza stampa interlocutoria, qualche provvedimento spot e qualche minaccioso proposito per il futuro). La realtà dei fatti è ovviamente alquanto diversa, come ha dovuto constatare proprio l'esecutivo guidato da Renzi quando ha messo mano al comparto della pubblica amministrazione, incontrando resistenze certo, ma soprattutto scontrandosi con la necessità di non smantellare un settore cruciale per l'organismo statale (con l'impossibilità di tagliare ulteriormente posizioni e rendite e via discorrendo).
Basterebbe del resto considerare i numeri diffusi dall'Ocse, che indicano come l'Italia si collochi al diciassettesimo posto in quanto a numero di dipendenti pubblici per ogni cento abitanti (ne abbiamo 14.3, mentre in testa figurano la Norvegia, la Danimarca e la Svezia, con 29.3, 28.1 e 26.2; in fondo alla classifica troviamo invece Grecia, Giappone e Corea, con circa 6 dipendenti pubblici ogni 100 abitanti). Anche per quel che concerne le retribuzioni l'Italia si colloca nella parte bassa della classifica: i cosiddetti senior professional, ad esempio, percepiscono uno stipendio medio in Italia di appena 69mila dollari annui contro gli 89 mila medi dell’area Ocse; gli insegnanti si fermano a quota 56mila (media è 50mila, ma con enormi discrepanze fra le nazioni). In generale, il grosso dei dipendenti pubblici italiani ha retribuzioni in linea con la media Ocse e inferiori a quella europea (altra cosa sono i cosiddetti "supermanager", che godono di retribuzioni monstre e che sono infatti oggetto dell'intervento dell'esecutivo, con il tetto approvato dal Cdm).
Solo per quel che concerne la pubblica amministrazione, poi, vale la pena di sottolineare come negli ultimi anni sia costantemente diminuito il salario medio per dipendente:
Retribuzioni che diminuiscono da anni e che sarebbe utile confrontare con quelle del settore privato, anche per capire quale possa essere una "scelta" individuale di un elemento valido e preparato:
Chiarito che i dipendenti pubblici italiano non sono né strapagati né incredibilmente numerosi, vale la pena di riportare una riflessione che negli ultimi mesi sta riscuotendo consensi (e critiche, anche) e che sicuramente ha avuto il merito di riaprire un dibattito archiviato con troppa fretta. Un riassunto essenziale è qui, Mandarin lessons, pubblicato da The Economist, articolo che sostanzialmente chiede ai Governi di ripensare il modo in cui ricompensano e motivano i dipendenti pubblici. Certo, il discorso si concentra sugli "alti funzionari", i "super burocrati", i mandarini, appunto, "che attuano le riforme immaginate dai politici e progettano i servizi pubblici, dai sistemi di welfare a prigioni".
Ruoli di importanza cruciale che troppo spesso sono occupati dalle "gerontocrazie", in Italia, certo, ma anche in Francia e Germania, con tutto ciò che questo comporta in termini di professionalità, "competenze tecnologiche", capacità di restare al passo con i tempi ed infine motivazione. E una riforma del servizio pubblico che si rispetti dovrebbe avere al centro questo tipo di preoccupazioni. Tanto per capirci, su quale sia "il" problema:
La chiave di volta potrebbe cioè essere quella di un rapido "svecchiamento" di tali figure professionali, accompagnato però dalla valorizzazione di tali lavori, anche dal punto di vista della retribuzione. Se cioè si ammette la centralità dell'operato di una alto funzionario per la vita dello Stato, allora si converrà nella necessità di un'adeguata remunerazione di compiti del genere. A cascata il discorso andrebbe poi allargato ai vari livelli, con una doppia considerazione: un dipendente ben pagato è (statisticamente) un dipendente più produttivo; dal miglioramento dei servizi discende anche la riduzione degli sprechi.
Che poi sarebbe anche un modo per "uscire dalla rappresentazione decadente che oggi travolge la nostra amministrazione pubblica e che travolge anche il tanto di buono che c'è oggi nelle professionalità della pubblica amministrazione" (e la citazione è proprio del ministro Madia). Il Governo invece andrà nella direzione opposta, come certificato dal ministro: "In questo momento di crisi le risorse per sbloccare i contratti non ci sono. Ma restano gli 80 euro". Motivazioni alle stelle per gli statali, dunque…