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Per capire perché il reato universale di Gpa è contro le donne basta ascoltare la ministra Roccella

Per la ministra Roccella il corpo della donna non appartiene alla donna (che è quel corpo) ma al capitale (chi paga per quella maternità) o all’ideologia gender o alla nazione o a un eccesso di autodeterminazione. Roccella che dice di voler difendere il corpo delle donne, parla come se questo sia, prima di tutto, la funzione di una comunità.
A cura di Chiara Valerio
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Nel 2011, Marta Baiocchi, ricercatrice all’Istituto Superiore di Sanità pubblica un romanzo, Centro Micron (minimum fax), nel quale una donna – non è la protagonista – ha avuto un figlio e non è riuscita a stabilire con lui uno straccio di rapporto, ci ha riprovato adottandone uno (partorito dunque da un’altra donna) ma è andata male e ha deciso così di far nascere un bambino in una vasca amniotica perché ha capito che, molto probabilmente, tutti i problemi del mondo dipendano dal fatto che tutti siamo stati partoriti da una donna. Il problema principale sarebbe il corpo delle donne. 

Il romanzo riflette su molti temi, tra cui la maternità surrogata. Al centro di Cento Micron e forse dei nostri pensieri e forse dei nostri problemi – come suggerisce l’ereditiera Svizzera che riesce a far nascere un essere umano in una vasca amniotica – sta il corpo delle donne. Il problema rappresentato dal corpo delle donne che, riguardato come problema ovviamente non appartiene a ciascuna donna, ma al mondo intero. Prima di essere corpo singolo è una questione. Una questione che va discussa.

È da giorni che riascolto con crescente sconcerto le parole – nei programmi Tagadà e Porta a Porta – di Eugenia Roccella, Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità (dall’ordine si capisce che l’eguaglianza effettiva uomo/donna viene dopo la famiglia, sappiamo tradizionale, e i figli, a questo punto non tutti ma solo quelli nati in un certo modo, sotto Bonetti il ministero era Pari opportunità e famiglia) e ho finalmente capito cosa mi lascia perplessa nelle parole di una donna, giornalista e saggista, che ha militato nel partito radicale e combattuto per i diritti delle donne.

Il paragone tra sospetto di maternità surrogata, sospetto di traffico di organi e sospetta violenza sessuale, come ha detto a Porta a Porta, e il caldeggiare che i medici segnalino questo sospetto di maternità surrogata all’autorità competente che possa accertare i fatti, come ha dichiarato ai microfoni di Tagadà, mi fanno pensare che per Roccella il corpo della donna, in una delle sue tante funzioni, non appartenga alla donna (che è quel corpo) ma al capitale (chi paga per quella maternità) o all’ideologia gender (le coppie omosessuali non possono avere figli) o alla nazione (favorire la natalità con sgravi fiscali) o a un eccesso di autodeterminazione. 

Eugenia Roccella che dice di voler difendere il corpo e la libertà delle donne, parla come se questo corpo sia, prima di tutto, la funzione di una comunità. Per Eugenia Roccella, femminista, una donna – il corpo che crea problemi – è, evidentemente, preda di ideologie, malintesi e capitale, e lo stato deve decidere del corpo della donna. La legge sull’aborto ha dato la possibilità  ad ogni donna di decidere per sé, e così farebbe una legge sulla gestazione per altri.

Michela Murgia e io discutevamo spesso di gestazione per altri. Non avevamo la stessa posizione. Michela era cresciuta nell’azione cattolica e aveva studiato teologia, io sono cresciuta tra marxisti e ho studiato matematica a Napoli (dove c’erano comunque molti marxisti). Tuttavia, ci ascoltavamo, coinvolgevamo gli amici e le amiche, talvolta arrivavamo a una conciliazione, talvolta no.

Ci vuole tanto tempo, tanta fiducia culturale, tanta immaginazione politica per affrontare temi che riguardano l’inizio e la fine della vita. Affrontare la genitorialità avendo facilitato le pratiche di adozione avrebbe probabilmente reso questa discussione meno acre e avrebbe in me sopito il sospetto che un governo conservatore occuparsi delle linee di sangue, e mi avrebbe rasserenato rispetto alle riflessioni che possono e devono essere fatte riguardo una maternità definita dal desiderio (avere un figlio), dall’educazione (del figlio), ma non dai nove mesi di un corpo umano che fisiologicamente forma e nutre un altro corpo umano. Discutere di quei due e poi quattro corpi umani. Che riguarda non la legge ma l’osservazione della natura non solo quella umana. Il reato universale nella sua enormità non spegnerà la discussione. E non dissuaderà quanto la ministra spera (Tagadà).

Il romanzo di Marta Baiocchi si chiude prima di farci sapere cosa ne sarà del rapporto tra l’ereditiera svizzera e il bambino nato nella vasca amniotica se cioè non essere nato da corpo di donna renderà quell’umano diverso da tutti gli altri, gli farà porre altre domande e proporre altre soluzioni.

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Chiara Valerio (Scauri, 1978), scrittrice. Tra gli altri, ha pubblicato per Einaudi «La matematica è politica» (2020), «Così per sempre» (2022), «La tecnologia è religione» (2023). E’ appena uscito per Sellerio il suo ultimo romanzo, «Chi dice e chi tace» (2024).
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