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Per andare a messa non servirà il green pass: niente certificazione verde per entrare in chiesa

Il presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, conferma che al momento non è previsto l’obbligo di green pass per accedere in chiesa e partecipare alle funzioni religiose. Per lo svolgimento della messa, quindi, restano in vigore le norme finora previste su mascherine, banchi, segno della pace e comunione.
A cura di Stefano Rizzuti
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Per andare a messa non serve il green pass. A confermarlo è il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti. Viene quindi ribadito che non c’è bisogno di mostrare la certificazione verde per accedere alle chiese durante le funzioni religiose, come già emerso nelle scorse settimane. Il presidente della Conferenza episcopale italiana spiega: “La certificazione verde non è richiesta per partecipare alle celebrazioni. Si continua a osservare quanto previsto dal Protocollo Cei-Governo del 7 maggio 2020, integrato con le successive indicazioni del Comitato Tecnico-Scientifico: mascherine, distanziamento tra i banchi, comunione solo nella mano, niente scambio della pace con la stretta di mano, acquasantiere vuote”.

Le indicazioni finora valide per le chiese, quindi, restano in vigore senza alcuna modifica, almeno per il momento. Anche se un confronto tra la Cei e il governo sembra proseguire sul tema. Difatti proprio Bassetti questa mattina ha parlato di una trattativa con l’esecutivo, facendo riferimento al protocollo sottoscritto lo scorso anno: “Si tratta di una trattativa compiuta nel 2020, e che continua a essere valida ancora per l'oggi”, ribadisce il presidente della Conferenza episcopale italiana. Il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ricorda invece come ci sia sempre un’altra soluzione per i tanti fedeli che, magari, non si sentono ancora a proprio agio nel frequentare le chiese: “ Ancora oggi i fedeli si sentono invogliati a restare comodamente nelle loro case per ‘collegarsi' e ‘unirsi' con il Signore tramite le abbondanti tecnologie di comunicazione, tralasciando appunto l'incontro fisico e personale con la comunità ecclesiale che celebra l'eucaristia”.

Secondo Parolin, però, è necessario “ripensare con serietà e impegno all'educazione e specialmente alla formazione dei formatori, in questo tempo in cui è forte il rischio dell'autoformazione e si accoglie come vero tutto quello che circola in internet e nei social media, senza alcun criterio oggettivo di discernimento e, ancor peggio, senza più il necessario contatto con la comunità ecclesiale, luogo di vera formazione. La pandemia, purtroppo, ha accelerato in qualche modo questa dinamica”.

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