Pensioni, Inps conferma aumento di tre mesi dei requisiti per uscire dal lavoro dal 2027

L'Inps conferma le previsioni che era state fatte già dall'Istat in autunno: ci vorranno tre mesi in più per andare in pensione. Secondo l'istituto di previdenza, i dati Istat più recenti confermano le stime preliminari di un recupero della speranza di vita, in particolare di quella misurata all'età di 65 anni, che fa registrare un livello di 21,2 anni.
Questo valore, certifica l'Inps, è coerente con le previsioni di un incremento di 3 mesi dei requisiti per la pensione di vecchiaia (67 anni di età) e per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne di anzianità contributiva) a partire dal gennaio 2027.
I rappresentanti dell'Inps lo hanno chiarito stamattina nel corso di un'audizione a Palazzo San Macuto sugli effetti della transizione demografica. L'incremento dei requisiti, hanno sottolineato, presuppone l'emanazione di un decreto direttoriale dei ministeri del Lavoro e dell'Economia, da emanare entro il 31 dicembre di quest'anno. Esiste, quindi, un margine temporale di intervento qualora il legislatore decidesse, come avvenuto in passato, di sterilizzare gli aumenti dei requisiti pensionistici.
E fino ad ora il governo ha detto di voler intervenire per bloccare l'aumento, previsto di tre mesi, anche se l'operazione potrebbe avere per il bilancio dello Stato un costo di almeno 4 miliardi.
La Cgil nelle scorse settimane ha anche lanciato un allarme: proprio per effetto dell'adeguamento automatico dei requisiti pensionistici alla speranza di vita, ci sono oltre 44mila lavoratrici e lavoratori che potrebbero ritrovarsi dal 1 gennaio 2027 senza reddito e senza contribuzione, per tre mesi. Si tratta in particolare di quei lavoratori che hanno aderito a misure di uscita anticipata tra il 2020 e il 2024. Ma quegli accordi erano stati siglati con le aziende quando le regole previdenziali erano quelle di oggi, e cioè 67 anni di età per la vecchiaia e 42 anni e 10 mesi di contributi per l’anticipata (un anno in meno per le donne).
L'Inps dice che il sistema pensionistico per il momento è in equilibrio
Le previsioni di breve periodo indicano secondo l'Inps una situazione di sostenibilità del sistema pensionistico, nonostante una crescita delle prestazioni. In particolare, è stato spiegato oggi, a fronte di un lieve aumento delle entrate contributive, i trasferimenti dalla fiscalità generale a sostegno delle gestioni previdenziali e per gli interventi assistenziali rimangono costanti. Il sistema va comunque monitorato nei prossimi trent'anni, anche se non ci sono ragioni per ritenere che non sia in grado di garantire le prestazioni.
Per l'Inps occorre in ogni caso essere vigili e mettere in atto politiche pubbliche adeguate ad alleviare l'impatto della transizione demografica in atto sul futuro delle pensioni. L'equilibrio del sistema pensionistico basato su un sistema di finanziamento a ripartizione pura è assicurato, oltre che dal contenimento della spesa pensionistica, anche dalla adeguata consistenza delle entrate contributive dei lavoratori. Dopo trent'anni di riforme volte a contenere la spesa pensionistica, hanno concluso i rappresentanti dell'istituto, occorre lavorare per accrescere la base contributiva incrementando il numero dei contribuenti da un lato e assicurando retribuzioni-redditi adeguati ai contribuenti.
Per l'Inps dice il quadro demografico è "critico"
Le previsioni demografiche, aggiornate al 2023, confermano la presenza di un "quadro potenzialmente critico". "Si evidenza infatti non solo una diminuzione della popolazione residente ma anche un marcato processo di invecchiamento. Si prevede una decrescita continua nei prossimi decenni, dai 59 milioni" di cittadini "nel 2023 a 58,6 nel 2030, 54,8 nel 2050, fino a 46,1 milioni nel 2080", ha detto i rappresentanti dell'Inps durante un'audizione sugli effetti della transizione demografica. "Alla base di questa diminuzione", spiega l'istituto, "vi è una dinamica demografica negativa in essere da più di 20 anni, con un saldo naturale negativo del rapporto nati/morti, nonostante il saldo migratorio positivo registrato nel 2024, dovuto all'aumento dell'immigrazione straniera rispetto al decennio scorso, e previsto in peggioramento".
"L'Italia è tra quei Paesi che per primi hanno dovuto confrontarsi con questi andamenti demografici", evidenzia l'Inps. "Già nella prima metà degli anni Novanta è stato il primo Paese al mondo dove il numero dei residenti sotto i 15 anni è sceso sotto quello degli over 65. Attualmente la popolazione anziana sta recuperando persino rispetto agli under 25, e nei prossimi 15 anni sorpasserà gli under 35".