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Pensioni

Pensioni, il governo vuole tagliare anche quelle da 3.500 euro

Il taglio alle pensioni d’oro cambia forma: non solo perché potrebbe essere inserito nel decreto fiscale di lunedì (quindi entrerebbe subito in vigore), ma anche perché il taglio potrebbe riguardare chi percepisce un assegno previdenziale superiore ai 3.500 euro mensili, e non più 4.500 come inizialmente previsto.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il taglio alle pensioni d’oro voluto dal MoVimento 5 Stelle e dal vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio, potrebbe cambiare per tempi e modalità. Innanzitutto, perché potrebbe essere inserito sin da subito per decreto, rientrando nel decreto fiscale che il governo varerà nei prossimi giorni. E poi perché l’idea dell’esecutivo, o almeno di parte di esso, è quello di abbassare la soglia sopra cui sono previsti i tagli: non più 4.500 euro ma 3.500 euro netti al mese. Ovvero, tutte le pensioni sopra questa cifra subiranno un taglio. A fare i calcoli sulla base degli annunci del vicepresidente del Consiglio, Luigi Di Maio – che parla di entrate per un miliardo di euro – è la Repubblica. Secondo cui non solo la proposta di legge finirà nel decreto fiscale, ma il tetto verrà abbassato di mille euro mensili.

Il governo vuole recuperare un miliardo grazie a questo provvedimento, ben più di quanto previsto inizialmente. E di quanto stimato anche dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, secondo cui questa misura porterebbe nelle casse dello Stato circa 150 milioni di euro, per una platea di 30mila persone interessate. La soglia potrebbe essere abbassata a 3.500 euro mensili, per poter recuperare più risorse del previsto. E il taglio sarebbe immediatamente operativo. Rimane però il dubbio sulla costituzionalità di una norma di questo genere: innanzitutto perché è difficile inserirla in un decreto come quello fiscale che tratta tutt’altro tema, poi perché non sembra esserci alcun elemento di urgenza affinché la norma arrivi via decreto.

Cambia anche la modalità del taglio: non sarebbe solamente un ricalcolo contributivo per le pensioni sopra i 90mila euro lordi annui, ma un vero e proprio taglio, persino con effetto retroattivo. Eppure Di Maio sembra convinto di voler anticipare “la norma nel decreto di lunedì”, come annunciato ieri, “senza aspettare il percorso”. Emerge poi un ulteriore paradosso, sollevato sempre da Boeri: si incoraggia i lavoratori ad andare prima in pensione con la quota 100 per poi penalizzarli con un taglio al loro assegno previdenziale.

Il rischio è che vengano penalizzati, inoltre, coloro i quali sono andati in pensione in anticipo negli scorsi anni rispetto all’età prevista da un punto di vista anagrafico. Quindi non coloro che hanno anticipato la pensione per scelta, ma per l’alto numero di anni di contributi versati. Il criterio che potrebbe essere applicato, secondo Repubblica, riguarderebbe non quanto hai versato prima della pensione, ma a che età ti sei ritirato dal lavoro. Penalizzando così chi si è ritirato prima (soprattutto le donne) per una questione di età anagrafica.

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