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Manovra 2025

Pensioni, il governo Meloni pensa a nuovi bonus per chi lascia il lavoro più tardi

Nelle prossime settimane entreranno nel vivo i lavori per la legge di bilancio 2025. Uno dei punti dolenti sono le pensioni: la Lega chiede Quota 41 – con assegno ridotto -, Forza Italia un aumento degli assegni minimi. Il governo Meloni potrebbe anche lanciare dei bonus specifici per chi lascia il lavoro più tardi.
A cura di Luca Pons
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Con la prossima legge di bilancio, il governo Meloni dovrà rinnovare diverse misure dispendiose – su tutte il taglio del cuneo fiscale e la riforma dell'Irpef -, ma come sempre un'attenzione particolare andrà rivolta anche alle pensioni: Ape sociale, Opzione donna (con requisiti estremamente rigidi) e Quota 103 (con assegno più basso l'assegno e finestra di attesa più lunga prima di lasciare il lavoro) sono stati confermati per il 2024, ma andranno in scadenza a fine anno.. Per il 2025 ci sono già diverse proposte, ma scarseggiano i fondi. Una delle idee sul tavolo, al momento, è spingere alcune categorie di lavoratori ad andare in pensione il più tardi possibile: un aumento di stipendio, in cambio di qualche anno in più al lavoro.

Il modello sarebbe quello del bonus Maroni, che premia chi rinuncia alla pensione anticipata. Con questo meccanismo, per il periodo dal momento in cui si fa richiesta, a quello in cui si ottiene la pensione di vecchiaia, il dipendente rinuncia a versare la sua quota di contributi previdenziali. Insomma, la somma che normalmente verrebbe inviata all'Inps (o comunque al proprio ente di previdenza) per andare a formare il ‘cumulo' dei contributi che poi determina la pensione, viene invece lasciata in busta paga. Il risultato è che, rinunciando a lasciare il lavoro in anticipo, si ottiene uno stipendio più alto.

Un altro esempio è quello delle pensioni dei medici: dal marzo di quest'anno, su decisione del governo, i medici possono restare al lavoro fino all'età di 72 anni se lo desiderano. L'effetto non sarà uno stipendio più alto, ma una pensione maggiorata. I contributi versati dopo il compimento dei 68 anni, infatti, avranno un ‘valore' più alto nel calcolo dell'assegno previdenziale.

Le ipotesi allo studio del governo per il prossimo anno, al momento, non sono ancora definite. Potrebbero entrare in vigore dei bonus che spingano alcune categorie a restare al lavoro. Tra queste potrebbero esserci le forze armate, ad esempio. Sembra probabile, in ogni caso, che le misure si rivolgeranno a gruppi specifici e non a tutti i pensionati, sempre per limitare i costi.

Oltre a favorire la permanenza al lavoro più a lungo, potrebbe essere inserito un meccanismo che inviti i lavoratori dipendenti a versare parte del loro Tfr nei fondi di previdenza complementare, ovvero nei fondi pensione privati. L'intervento potrebbe riguardare soprattutto i giovani sotto i 35 anni, per cercare di agevolarli nell'ottenere una pensione decente anche con un vita lavorativa irregolare.

Quest'ultima è una proposta ventilata sopratutto dalla Lega, che vorrebbe unirla anche al lancio di Quota 41 con l'assegno ridotto. Dall'altra parte, Forza Italia chiede invece che ci sia un aumento significativo delle pensioni minime. Insomma, come tutti gli anni, il governo dovrà trovare l'equilibrio tra le richieste della maggioranza.

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