video suggerito
video suggerito
Pensioni

Pensioni, governo ritocca Opzione Donna: ok a proroga ma senza legare l’uscita al numero di figli

Il governo sta valutando di cambiare ancora le regole per accedere a Opzione Donna. Secondo il testo della manovra il beneficio verrebbe legato al numero di figli, ma potrebbe tornare la norma originaria, che non prevedeva questo criterio.
A cura di Annalisa Cangemi
314 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Torna la vecchia Opzione Donna.  La proroga dell'anticipo pensionistico destinato alle lavoratrici, nella manovra ci sarà, ma potrebbe subire una modifica rispetto al testo che è stato varato dal Consiglio dei ministri. Il punto cruciale, che è stato contestato, riguardava il criterio stabilito per stabilire l'età di uscita per le donne, che nella nuova versione sarebbe stata legata al numero di figli.

L'ipotesi sarebbe quella di tornare alla misura originaria, senza ulteriori ritocchi. Al ministero del Lavoro, secondo quanto si apprende, si sta lavorando per confermare la precedente norma, che consentiva di accedere alla pensione anticipata alle lavoratrici con 35 anni o più di contributi e almeno 58 anni d'età per le lavoratrici dipendenti e 59 anni per le autonome, con la proroga di un anno.

La proposta, fa sapere l'Ansa, al momento è sotto la lente del ministero dell'economia per le coperture. Fino ad ora la penalizzazione, che oscilla tra il 20 e il 25%, ha reso poco appetibile l'opzione, che nei primi nove mesi del 2022 è stata scelta da meno di 18mila donne.

Secondo il testo che era stato approvato lunedì scorso dal Consiglio dei ministri, Opzione donna era stata confermata, ma con alcune modifiche: in pensione a 58 con due figli o più, 59 con un figlio, 60 altri casi. Sul tipo di criterio scelto però sono stati sollevati dubbi sul rischio di incostituzionalità, perché una distinzione di questo tipo avrebbe potuto portare a un trattamenti discriminatorio nei confronti delle donne che non sono madri, perché non possono averne o perché scelgono di non averne. Per questo l'esecutivo sta pensando di tornare alle regole in vigore, ovvero in pensione a 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome, indipendentemente dai figli e sempre con 35 anni di versamenti e il ricalcolo contributivo dell'intero assegno.

Le reazioni alla retromarcia del governo su Opzione Donna

"Apprendo dalle agenzie di stampa che il Governo starebbe pensando di riportare Opzione Donna alla sua versione originale. Per il Movimento 5 stelle, che fin da subito ha denunciato l'assoluta inadeguatezza della norma inserita nella legge di bilancio, giudicata addirittura incostituzionale da alcuni giuristi, non può che essere una buona notizia. Ma è, al tempo stesso, l'emblema dell'incapacità di questo Governo, che in un momento di estrema difficoltà per il nostro Paese gioca con la vita delle persone, in particolare delle donne. In questi giorni, ho ricevuto tanti messaggi di lavoratrici che sarebbero discriminate dalla modifica di Opzione Donna, ora legata al numero dei figli. Voglio rassicurare loro che, se il Governo confermerà questa folle impostazione, ci batteremo con tutte le nostre forze per modificarla in Parlamento", ha scritto in una nota la deputata del M5s ed ex sindaca di Torino, Chiara Appendino.

La marcia indietro è stata confermata anche dal sottosegretario Claudio Durigon: "Stiamo valutando bene la norma, aspetterei a dire che sarà sicuramente così. Sono in corso valutazioni e non escludo cambiamenti", ha detto in un'intervista ad Affaritaliani.it.

Per la ministra della Famiglia Eugenia Roccella invece il beneficio andrebbe ancorato al numero dei figli, così come è riportato nella bozza della legge di bilancio: "Personalmente penso che Opzione donna andrebbe mantenuta così", ha detto rispondendo una domanda durante la trasmissione "Zapping" su Rai Radio 1 e precisando in seguito di aver parlato "a titolo personale".

"Su Opzione donna – ha spiegato durante la trasmissione radiofonica – ci sono molte cose da dire sul legame con il numero dei figli. Si tratta semplicemente di un riconoscimento del valore sociale della maternità. Anche nella nostra Costituzione questo è previsto. Chi dice che non è legittimo dal punto di vista anche giuridico, secondo me, non ricorda bene quello che è anche scritto nella stessa Costituzione. Una volta si parlava molto del valore sociale della maternità, adesso non se ne parla più. Quando le donne hanno un figlio, non fanno solo una scelta personale svolgono un lavoro di cura, un lavoro domestico, di attenzione all'educazione dei figli. C'è un lavoro che vale ed è svolto per tutta la comunità, che implica la continuità e la solidarietà generazionale, implica la vita di un popolo e di una nazione. Quindi questo lavoro e la conseguente attenzione alla maternità – ha concluso – dovrebbe essere un dato scontato". 

314 CONDIVISIONI
263 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views