Pensioni, come si potrà lasciare il lavoro in anticipo nel 2025: le ipotesi del governo
Nel 2024, gli anticipi pensionistici hanno visto finora un calo delle adesioni, probabilmente anche perché i criteri sono stati decisamente ristretti: oltre all'Ape sociale resta Opzione donna, che è accessibile per poche migliaia di persone in tutta Italia, e Quota 103, che però ha visto un ricalcolo al ribasso dell'assegno e una finestra di attesa più lunga rispetto al 2023.
Così, mentre si accendono i lavori sulla manovra 2025, il governo Meloni ha diverse opzioni per il prossimo anno. La Lega chiede di lanciare Quota 41, ma un'altra ipotesi potrebbe arrivare dal Cnel. Infatti, un tavolo di esperti sta lavorando a un rapporto che offrirà al governo alcune alternative per riformare il sistema pensionistico.
Cosa cambierebbe con Quota 41
Si è già detto di Quota 41, la riforma che permetterebbe di lasciare il lavoro con 41 anni di contributi a prescindere dall'età. La Lega ne ha fatto un suo cavallo di battaglia negli ultimi anni, ma ci sarebbero diversi problemi. Innanzitutto, è certo che per rendere la misura più sostenibile bisognerebbe chiedere, a chi aderisce a Quota 41, di accettare un assegno calcolato interamente con il metodo contributivo, e quindi più basso.
In più, anche con questo sistema non è detto che lo Stato avrebbe i soldi sufficienti per pagare tutte le pensioni: la nuova Quota potrebbe quindi essere limitata ad alcune categorie. Nel frattempo il governo lavora anche a dei meccanismi che convincano i lavoratori a non scegliere le pensioni anticipate, proprio per risparmiare. D'altra parte il ministro dell'Economia Giorgetti, nonostante sia della Lega (il partito che punta di più su Quota 41) ha chiarito più volte che la spesa per le pensioni va contenuta.
L'ipotesi della flessibilità strutturale per superare le "quote"
Nelle prossime settimane, sul tavolo del governo potrebbe arrivare anche un'altra proposta per la previdenza. Infatti, al Cnel una commissione di esperti sta lavorando fin dal febbraio di quest'anno sul tema delle pensioni. E anche se non c'è ancora una proposta di legge né una posizione definitiva e ufficiale del Cnel, alcuni degli interventi ipotizzati sono già circolati.
In particolare, una di queste proposte sarebbe quella di sostituire le quote e gli anticipi esistenti con la cosiddetta "flessibilità strutturale". Significherebbe poter andare in pensione in qualunque momento dai 64 anni fino ai 72 anni, rispettando alcuni requisiti: una pensione maturata pari ad almeno una volta e mezzo l'assegno sociale (quindi poco più di 800 euro); e almeno 25 anni di contributi versati. In più, chi lascia il lavoro con questo sistema prima di aver raggiunto la pensione di vecchiaia dovrebbe accettare un assegno ricalcolato con il metodo contributivo, o comunque ridotto (tanto più basso quanti sono gli anni di anticipo).
Questi nuovi requisiti, peraltro, cambierebbero anche quelli già previsti per la pensione di vecchiaia – si passerebbe da 67 anni di età e 20 di contributi, a 67 di età e 25 di contributi. Anche la pensione di anzianità, che oggi richiede 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne), avrebbe un requisito d'età minima fissato a 64 anni. L'obiettivo sarebbe proprio questo: limitare le pensioni e portare i lavoratori a uscire più tardi. Al momento, comunque, è solamente una delle ipotesi.