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Pensioni, chi potrà ritirarsi dal lavoro con 7 anni di anticipo

Un emendamento al decreto Crescita presentato dai relatori del M5s e della Lega prevede la possibilità di un maxi-scivolo di sette anni con cui i lavoratori delle grande aziende (sopra le mille unità) potranno anticipare la pensione di 84 mesi. A pagare il pre-pensionamento dovrà essere l’azienda, che però potrà usufruire del fondo solo nel caso in cui investa in una strutturale trasformazione tecnologica.
A cura di Stefano Rizzuti
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Sette anni di anticipo per andare in pensione, grazie a un fondo pubblico. Questa è la novità che potrebbe essere introdotta con un emendamento al decreto Crescita, presentato dai relatori Raphael Raduzzi (M5s) e Giulio Centemero (Lega) in commissione Bilancio e Finanze della Camera. Ma l’anticipo di sette anni varrà solamente per le grandi aziende che decidano di puntare a una strutturale trasformazione tecnologica. A pagare l'anticipo della pensione del lavoratore, però, sarà l’azienda. L’idea è quella di introdurre questa misura in via sperimentale per il 2019 e il 2020, investendo rispettivamente 40 e 30 milioni di euro l’anno.

Chi riguarda l’anticipo di 7 anni della pensione

La misura vale solo per grande imprese, con un organico superiore alle mille unità. Queste imprese potranno puntare a dei pre-pensionamenti grazie a questo maxi-scivolo di sette anni. Un’operazione che viene inserita “nell'ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione” delle aziende, ma solo per quelle che optano per una operazione “strutturale” di sviluppo tecnologico. In questo caso possono stipulare “un contratto di espansione con il ministero del Lavoro e le associazioni sindacali”. L’obiettivo di questa iniziativa è quello di portare a nuove assunzioni che devono essere concordate prima di far partire i pensionamenti anticipati. Per i datori che sono a meno di 84 mesi dalla pensione, “il datore di lavoro riconosce per tutto il periodo e fino al raggiungimento del diritto” una indennità “liquidabile in unica soluzione commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro così come determinato dall'Inps”.

Questo contratto di espansione, che sostituisce quello di solidarietà espansiva, prevede per i lavoratori la possibilità di vedersi riconoscere dal datore di lavoro questa indennità mensile che deve essere commisurata al trattamento pensionistico loro maturato fino al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Si dovrà, quindi, chiudere il rapporto di lavoro, con un licenziamento. Per gli altri lavoratori della stessa azienda, invece, potrà anche essere prevista una riduzione oraria a fronte di nuove assunzioni. Nel testo si prevede ancora che “qualora il primo diritto a pensione sia quello previsto per la pensione anticipata, il datore di lavoro versa anche i contributi previdenziali utili al conseguimento de diritto con esclusione del periodo già coperto dalla contribuzione figurativa a seguito della risoluzione del rapporto di lavoro”. Nel contratto da stipulare dovrà anche essere indicato il numero di nuove assunzioni “a tempo indeterminato” o da effettuare con il “contratto di apprendistato professionalizzante”.

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