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Manovra 2025

Pensioni anticipate, tutte le ipotesi del governo Meloni per il 2025

Oggi si può lasciare il lavoro in anticipo con Quota 103, Opzione donna o Ape sociale. Il governo Meloni ha davanti a sé varie possibilità per la manovra 2025, da quelle più costose (come Quota 41, spinta dalla Lega) a quelle che porterebbero dei risparmi, come Quota 104.
A cura di Luca Pons
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L'anno prossimo potrebbero cambiare le regole per lasciare il lavoro in anticipo. La pensione anticipata oggi in Italia è disponibile soprattutto con tre strumenti, rinnovati dal governo Meloni per il 2024: Quota 103, Ape sociale e Opzione donna. Questi ultimi due riguardano platee piuttosto ristrette, e anche Quota 103 è andata calando dopo la stretta dei requisiti.

Per di più, tutte e tre sono misure in scadenza a fine anno. Così, sembra probabile che nella legge di bilancio il governo decida di modificare le regole per l'ennesima, ma quasi sicuramente senza superare la riforma Fornero, che resta tuttora in vigore. Tra le opzioni c'è Quota 41, spinta dalla Lega, oppure una modifica di Quota 103

Chi potrebbe andare in pensione con Quota 41 contributiva

Su Quota 41 la Lega punta da anni, e dopo aver messo il paletto del ricalcolo contributivo (che quindi porta ad abbassare l'assegno per chi la sceglie) è tornata a fare pressione sul governo negli ultimi mesi. Quota 41 permetterebbe di lasciare il lavoro quando si raggiungono i 41 anni di contributi, a prescindere dall'età anagrafica. Anche se resta da vedere quanti la preferirebbero alla pensione di anzianità già prevista dalla legge Fornero, che permette di andare in pensione con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) con l'assegno pieno.

In ogni caso, il problema è che una misura di questo tipo costerebbe parecchio allo Stato. Per questo, una delle possibilità sarebbe di concederla solo ad alcune categorie. Ad esempio, Quota 41 (sempre con l'assegno ricalcolato e ridotto) potrebbe andare solamente a chi aveva già accumulato dodici mesi di contributi prima di compiere 18 anni. Così si sosterrebbe un gruppo specifico di lavoratori, limitando molto la spesa ma potendo comunque rivendicare di aver varato la riforma.

Perché potrebbe rimanere Quota 103 nel 2025

Anche se è stato il centrodestra a chiarire che c'è l'intenzione di intervenire sulle pensioni, non si può escludere che alla fine il governo decida di limitare la spesa previdenziale nel modo più semplice: rinnovando per un anno l'attuale Quota 103. Oggi può lasciare il lavoro chi ha 62 anni di età e 41 anni di contributi versati, ma la misura è stata peggiorata rispetto allo scorso anno: la finestra d'attesa è più lunga (sette mesi per i lavoratori privati, nove per i dipendenti pubblici) e l'assegno viene ricalcolato con il metodo contributivo. Infatti, in pochi l'hanno scelta.

Ci potrebbe anche essere una soluzione ancora più spinta, per ridurre la spesa pensionistica invece di aumentarla o mantenerla costante. Ad esempio, un leggero rialzo a Quota 104: sempre 41 anni di contributi, ma con 63 anni di età. Al momento sembra l'ipotesi più lontana, perché era già circolata per la manovra dello scorso anno, ma la maggioranza l'aveva poi scartata.

Le altre opzioni: la "flessibilità strutturale" e l'allungamento delle finestre

Più ai margini, almeno per il momento, ci sono possibilità che andrebbero al di fuori del sistema delle "Quote". La prima, ventilata sui giornali perché sarebbe tra le ipotesi a cui sta lavorando il Cnel in attesa di formulare un documento definitivo con delle proposte per il governo, è la cosiddetta flessibilità strutturale. Si tratterebbe della possibilità di andare in pensione in qualunque momento, dai 64 ai 72 anni, per chi ha maturato un assegno che vale almeno una volta e mezzo l'assegno sociale (quindi poco più di 800 euro, a oggi) e ha versato almeno 25 anni di contributi.

Un intervento meno ‘radicale' andrebbe a modificare la pensione anticipata già prevista dalla legge Fornero, quella fissata a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e a 41 anni e 10 mesi per le donne. Attualmente, questo anticipo pensionistico (che riconosce l'assegno pieno, senza ricalcoli) ha una finestra di attesa di tre mesi dal momento in cui si fa richiesta a quando si riceve la pensione. Ma la finestra si potrebbe allungare, fino a 6-7 mesi, per alleggerire il carico sulle casse dello Stato. Questa ipotesi però è stata allontanata esplicitamente dalla Lega.

Cosa succederà a Opzione donna e Ape sociale

C'è poi la questione di Opzione donna e Ape sociale. La prima misura, ormai ridotta dal governo Meloni al punto di essere rivolta a poche migliaia di lavoratrici ogni anno, potrebbe essere prorogata per un altro anno. Sempre con assegno ricalcolato e con requisiti estremamente stringenti: 61 anni di età che possono scendere fino a 59 in base al numero di figli, 35 anni di contributi, e solo per donne che sono invalide civili almeno al 74%, caregiver o licenziate. Ma non è da escludere che il governo la cancelli, sostituendola magari per altre agevolazioni per le lavoratrici.

L'Ape sociale, ovvero Anticipo pensionistico sociale, riguarda disoccupati, caregiver, invalidi civili almeno al 74%, o lavoratori che svolgono mansioni gravose. Devono avere almeno 63 anni e 5 mesi di età e un numero di anni di contributi variabile da 30 a 36 in base alla situazione. Anche in questo caso, poiché la platea è piuttosto ridotta, il governo potrebbe decidere di rinnovare la misura per un altro anno, alzare ancora una volta i requisiti, oppure cancellarla e sostituirla con un altro intervento per il pensionamento anticipato.

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