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Manovra 2025

Pensioni anticipate, quali sono le novità nella Manovra 2025 e quando si potrà lasciare il lavoro

La legge di bilancio per il 2025 riserverà poche sorprese dal punto di vista delle pensioni: i metodi per uscire in anticipo dovrebbero rimanere gli stessi, da Quota 103 a Opzione donna fino all’Ape sociale, con una novità sul Tfr per chi è interamente nel sistema contributivo. Potrebbero arrivare cambiamenti nelle prossime settimane, quando il testo arriverà in Parlamento.
A cura di Luca Pons
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I lavori per la manovra 2025 stanno per entrare nel vivo. Il testo è atteso nelle prossime ore al Parlamento, anche se il fatto che la conferenza stampa della presidente del Consiglio Giorgia Meloni sul tema sia slittata ha fatto pensare a molti che i dettagli della legge di bilancio siano ancora da definire. In ogni caso, per quanto riguarda le pensioni le decisioni principali dovrebbero essere confermate: rinnovo di Quota 103, Ape sociale e Opzione donna per un altro anno. Oltre alla possibilità di utilizzare il proprio Tfr per aumentare l'assegno pensionistico e, così, raggiungere più in fretta i requisiti per lasciare il lavoro.

Come saranno le pensioni anticipate nel 2025: confermata Quota 103

Stando alle anticipazioni, Quota 103 resterà la stessa. L'anticipo pensionistico quest'anno ha riscosso meno successo, anche perché le condizioni rispetto al 2023 si sono inasprite. Chi vuole utilizzarla deve avere almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi, come in passato, ma accedendo si accetta che l'assegno sarà ricalcolato interamente con il metodo contributivo, e quindi risulterà più basso.

Non solo, ma le finestre per il pensionamento si sono allungate: dopo la richiesta, i dipendenti privati devono aspettare sette mesi prima di ricevere l'assegno, mentre i dipendenti pubblici nove mesi. Di fatto quindi si può andare in pensione con 41 anni e sette (o nove) mesi di contributi, e con assegno ridotto.

Di contro, la riforma Fornero prevede una pensione anticipata permette di lasciare il lavoro a prescindere dall'età con 42 anni e dieci mesi di contributi (un anno in meno per le donne), e con una finestra d'attesa di tre mesi. Si parla di pochi mesi di lavoro in più, al massimo un anno e mezzo. E in cambio si ottiene l'assegno pieno, senza riduzioni. Questo ha contribuito, probabilmente, alla scelta di molti lavoratori di rinunciare.

Restano Ape sociale e Opzione donna

L'Ape sociale è stata rifinanziata per i prossimi anni e sarà confermata con i requisiti attuali. Potranno richiederla, fin quando non raggiungono la pensione di vecchiaia (67 anni) o anticipata della riforma Fornero, coloro che hanno almeno 63 anni e cinque mesi di età e almeno 30 anni di contributi versati. Il requisito sull'anzianità può variare, andando a 32 o 36 anni a seconda della categoria di lavoro svolto). In più dovranno far parte di almeno una di queste categorie:

  • lavoratori dipendenti che negli ultimi dieci anni ne hanno passati almeno sette a effettuare un lavoro gravoso
  • lavoratori con un'invalidità civile almeno al 74%
  • lavoratori che assistono un parente o un coniuge con disabilità grave

Per quanto riguarda Opzione donna, questa resterà aperta alle lavoratrici che hanno almeno 61 anni di età – ma la soglia scende di un anno per ogni figlio, fino a un massimo di due anni – e 35 anni di contributi versati. Anche in questo caso, l'assegno viene ricalcolato con il metodo contributivo. In più, le donne interessate devono assistere un parente o coniuge con disabilità grave, oppure avere invalidità civile almeno al 74%, oppure essere state licenziate o lavorare per imprese in crisi.

Chi potrà usare il Tfr per andare in pensione prima

Infine, una misura che riguarda indirettamente le pensioni anticipate. Dall'anno prossimo, infatti, dovrebbe diventare possibile usare i soldi versati nei fondi complementari (inclusi quelli per il Tfr) per alzare il proprio assegno pensionistico. Lo si potrà fare in un caso specifico: ovvero se si arriva ad avere tutti i requisiti per andare in pensione, tranne quello dell'importo. Questa novità interessa solamente chi ha iniziato a lavorare con il sistema contributivo già in vigore.

Nel sistema pensionistico contributivo, infatti, l'assegno è misurato sui contributi versati. Per legge, si può lasciare il lavoro in anticipo solamente quando si raggiungono non solo i requisiti di età (64 anni) e contributi (20 anni), ma anche un certo importo di pensione. Questo serve a evitare che i pensionati si ritrovino poi con un assegno che non gli basta per vivere.

Oggi questo livello da raggiungere è fissato a tre volte l'assegno sociale. Nel 2024 questo significherebbe avere una pensione da circa 1.600 euro lordi al mese, e con gli anni la soglia aumenterà. La nuova norma inserita in manovra prevede che chi arriva ad avere i requisiti di età e contributi, ma ha un assegno troppo basso, potrà utilizzare una parte dei soldi già depositati nei fondi complementari. Se, così facendo, si raggiungono i 1.600 euro circa, si potrà andare in pensione in anticipo.

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