Mentre nella Giunta per le elezioni si gioca il primo (e forse decisivo) round dell'incontro che deciderà sulla decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di senatore (con la quasi matematica certezza che il voto palese comporterà quasi automaticamente il risultato finale), continua la resa dei conti interna al Popolo della Libertà. Malgrado le smentite di rito, infatti, l'azzeramento delle cariche del partito, deciso in maniera pressoché unilaterale dal Cavaliere come precondizione per la blindatura della nuova Forza Italia, è una ferita ancora aperta e i dissidenti non hanno ancora rinunciato all'idea di "contare davvero" nella ridefinizione di incarichi, competenze e posizioni. Perché se Angelino Alfano continua pubblicamente a ribadire di "riconoscersi nella leadership di Silvio Berlusconi", sono sempre più forti le voci che vogliono una rottura de facto con Silvio Berlusconi. Voci cui si è aggiunto il "giallo" delle presunte minacce di Ghedini ad Alfano, con l'avvocato di Berlusconi che ha annunciato di voler querelare Il Fatto: "Le notizie riportate, che non meriterebbero alcun commento per la loro palese falsità, sono totalmente inventate. Evidentemente il giornalista trasferisce il proprio modo di agire e di pensare sugli altri. Conosco l'on. Alfano e sua moglie da molti anni e al di là di ogni discussione politica o personale posso testimoniare della loro totale e assoluta integrità sotto ogni profilo". Ma le distanze restano.
Il nodo è sempre il Governo, come ha ribadito il ministro Quagliariello. Perché i ministri e le colombe non sono disposti ad un nuovo salto nel vuoto e non vogliono accondiscendere alla richiesta del Cavaliere di staccare la spina al Governo Letta prima della sua decadenza da senatore. E puntano ad una maggiore democraticità all'interno del partito, mettendo sul peso della bilancia tutta la loro "forza contrattuale", che si tradurrebbe nella presentazione di un documento congressuale che avrebbe le firme di oltre un terzo del partito. A spiegarlo ai nostri microfoni è Formigoni:
L'altra campana è quella dei lealisti, impegnati "prima di tutto e su tutto" nell'impedire che si vada al voto palese sulla decadenza di Silvio Berlusconi. E pronti ad arrivare sino alle estreme conseguenze: che tradotto vuol dire sfiducia a Letta, elezioni subito e piazza pulita nella nuova Forza Italia. Un fronte, quello dei lealisti, che per il momento può contare sull'appoggio del Cavaliere e che ormai è ad un passo dalla rottura col fronte "ministeriale". In campo vecchi rancori e nuove recriminazioni, i veri ostacoli alla composizione della frattura, come racconta Gasparri alla nostra Annalisa Perla:
In mezzo alle riorganizzazioni interne c'è sempre il Cavaliere. Che ha preso atto della decisione di Marina di non seguirlo nella sua avventura politica, ma, stando a quanto riportano alcune indiscrezioni, senza aver rinunciato del tutto all'idea di una successione dinastica. Ed infatti, il pressing sull'ad di Mondadori continua, nonostante tutto.