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Pd, minoranza a pezzi: “resistono” solo in 3. E c’è il caso “Tocci”

La maggioranza sul Jobs Act raccoglie 165 sì, i “ribelli” del Partito Democratico (assenti al voto) restano in 3. Tocci (che ha votato la fiducia) annuncia le dimissioni, ma Renzi assicura: “Faremo di tutto per trattenerlo”.
A cura di Redazione
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La prova di forza al Senato della Repubblica ha permesso al presidente del Consiglio Matteo Renzi di raggiungere più di un risultato: il maxiemendamento al disegno di legge delega su riforma del mercato del lavoro ed ammortizzatori sociali è stato approvato in tempi rapidi (e ora passerà alla Camera), si è ampliato il margine di sicurezza della maggioranza (tra assenze e defezioni nelle fila dell'opposizione, ferma a 111 unità), si è disgregato il fronte dell'opposizione interna al Partito Democratico. Quest'ultimo dato è emerso in tutto il suo peso politico quando, al momento del voto di fiducia, si sono materializzati i sì dei vari Chiti, Damiano, Gotor, Mucchetti e Dirindin, fino a qualche giorno fa più o meno convintamente iscritti all'elenco dei "dissidenti interni".

A non votare la fiducia, assentandosi dall'Aula al momento delle due chiame, sono stati solo Mineo, Casson e Ricchiuti. Un discorso a parte va fatto per Walter Tocci, uno dei più battaglieri sulla questione della riforma del mercato del lavoro. Tocci ha infatti comunicato di voler votare sì alla fiducia in quanto non "indifferente alla responsabilità di rispettare le decisioni prese dal mio partito e neppure alla responsabilità del rapporto di fiducia tra la mia parte politica e il governo", ma ha contemporaneamente annunciato le sue dimissioni: "È una decisione presa di fronte alla mia coscienza, senza alcun disegno politico per il futuro […]  Questa legge delega non contiene indirizzi e criteri direttivi, è una sorta di delega in bianco che affida il potere legislativo al potere esecutivo senza i vincoli e i limiti indicati dalla Costituzione. Non è la prima volta che accade, ma stavolta sono in discussione i diritti del lavoro. Queste scelte sono, a mio parere, in contrasto con il mandato ricevuto dagli elettori. Non erano certo contenute nel programma elettorale che abbiamo sottoscritto come parlamentari del Pd nel 2013″.

Una scelta rispettata dai suoi colleghi, con Mineo che non usa giri di parole: "Tocci è il politico migliore che abbia incontrato in questi due anni. Con generosità ha buttato nella scelta di ieri tutta intera la sua storia. La sua coerenza e la sua passione, contro compromessi, contorcimenti, furbizie e slealtà". Ma anche una decisione che ha colpito lo stesso Matteo Renzi, che ha ribadito la volontà di fare di tutto per far cambiare idea a Tocci, il cui lavoro è giudicato importante per l'intero gruppo Pd al Senato.

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