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Payback sanitario, Regioni vogliono due miliardi dalle aziende biomedicali: governo rinvia pagamenti

Il governo cerca una soluzione alla grana payback sanitario, che prevede che le aziende biomedicali versino 2,2 miliardi di euro per partecipare allo sforamento dei tetti di spesa sanitaria regionale. Per ora è arrivato il rinvio al 30 aprile, ma si discute di una sterilizzazione dei pagamenti. Le Regioni, intanto, chiedono risposte (e soldi).
A cura di Tommaso Coluzzi
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Sul payback sanitario il governo ha assorbito il nuovo rinvio al 30 aprile dentro il decreto Milleproroghe. L'annosa questione, che influisce direttamente sulla tenuta economica del sistema sanitario delle varie Regioni italiane, era stata affrontata dal governo Meloni con un decreto legge specifico datato 11 gennaio. Poi la marcia indietro, per evitare l'iter parlamentare di un provvedimento ad hoc, con l'abrogazione del testo e l'inserimento della modifica nel decreto Milleproroghe. Poco cambia, in realtà, poiché i contenuti del testo restano gli stessi:

L'articolo 1 del decreto-legge […] ha modificato il termine entro cui le aziende fornitrici di dispositivi medici – relativamente al superamento del tetto di spesa regionale per gli anni 2015, 2016, 2017 e 2018 […] -, sono tenute ad adempiere all’obbligo di ripiano posto a loro carico. In particolare, è stato stabilito che le suddette aziende fornitrici devono effettuare i propri adempimenti, in ordine ai versamenti in favore delle singole Regioni e Province autonome, entro il 30 aprile 2023.

Prima di tale modifica, gli adempimenti in questione erano da porre in essere entro trenta giorni dalla pubblicazione dei provvedimenti regionali e provinciali recanti l'elenco delle aziende fornitrici soggette al ripiano (termine potenzialmente non uniforme per le diverse Regioni e Province autonome, e più stretto di quello introdotto dal decreto-legge).

Cos'è il payback sanitario e perché il governo Meloni è intervenuto

Il governo ha dato il via libera alla proroga sul payback sanitario, che vale 2,2 miliardi di euro risalenti al triennio 2015-2018: le imprese biomedicali avrebbero dovuto versare questi fondi entro la metà di gennaio, ma con l'emendamento dell'esecutivo la data termine è scalata a fine aprile.

Il meccanismo di ripianamento dei bilanci della sanità regionale, a cui avrebbero dovuto partecipare le aziende di dispositivi medici, è stato applicato con l'entrata in vigore del decreto Aiuti bis: in sostanza prevede che vi sia compartecipazione delle imprese dell'industria ospedaliera e farmaceutica nel coprire lo sforamento dei tetti regionali di spesa sanitaria. Non è un caso che questa misura sia passata durante la pandemia di Covid, scatenando però le proteste delle aziende di settore.

Il conto, salatissimo, le imprese non intendono pagarlo e lamentano un impatto devastante sulla loro sostenibilità. Il governo Meloni ha deciso di venire incontro alle aziende con una prima proroga al 30 aprile, che però non risolve il problema.

Nei giorni scorsi sono cominciati una serie di incontri tra esponenti del governo e rappresentanti delle categorie coinvolte, mentre le Regioni sono già pronte a chiedere il conto allo Stato delle risorse mancanti.

L'ultima ipotesi, riportata da Formiche.net, è quella di un provvedimento strutturale per sterilizzare i pagamenti sul lungo termine. Insomma, una maxi-rateizzazione per non scontentare nessuno, magari anche con uno sconto consistente e una riorganizzazione del meccanismo. Per ora il governo ha preso tempo, ma la grana payback è ancora dietro l'angolo e i soldi – alla sanità – servono urgentemente, ora più che mai.

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