Parlamento UE chiede parità di salario per uomini e donne, ma la Lega vota No
Cosa faresti se ti imponessero di lavorare gratis per due mesi mentre i tuoi colleghi continuano a guadagnare? Non è fantascienza, ma quello che accade alle donne in Europa, colpa del cosiddetto gender pay gap, il "divario salariale di genere". Per questo il Parlamento europeo ha votato oggi una risoluzione che chiede alla Commissione misure vincolanti per contrastarlo. La proposta ha raccolto il consenso bipartisan di tutte le forze, a eccezione della Lega e alcuni eurodeputati dell’est Europa che l’hanno bocciata.
Secondo l’Eurostat il divario retributivo in Europa è in media del 16 per cento, aumenta nel caso delle pensioni (37 per cento) e sale ancora se si prende in considerazione il tasso d’occupazione (40 per cento). Il dato italiano si ferma al 4 per cento, ma è un numero che non deve farci sorridere. La percentuale deve essere letta in controluce con l’accesso al mondo del lavoro, dove registriamo uno dei tassi più bassi d’Europa, con il nostro 53% ci fermiamo ben 15 punti sotto la media europea. Peggio di noi fa solamente la Grecia con il 49 per cento. Statistiche che dimostrano che il divario salariale deve essere affrontato alla radice, migliorando il welfare e le politiche sull'istruzione.
La Commissione europea al momento del suo insediamento ha promesso che avrebbe presentato un piano per affrontare la disuguaglianza di genere entro marzo 2020. Gli eurodeputati chiedono che sia "ambizioso" e nel testo approvato denunciano “l’urgente necessità di promuovere la parità tra uomini e donne a tutti i livelli del processo decisionale” insieme a sottolineare i legami tra la retribuzione e la violenza sulle donne: “Il rischio di povertà e la minore autonomia finanziaria rende più difficile sottrarsi a una relazione violenta”.
Motivi che non sono stati sufficienti a incontrare il favore della Lega, secondo la parlamentare europea Elena Lizzi “L’uguaglianza tra uomini e donne è un valore fondamentale dell’Unione europea, secondo solo ai diritti umani, ma non può essere certo risolto con l’intervento della Commissione europea sui salari”.
L’accordo sulle linee di principio si è però sciolto quando si è passati a definire in maniera più concreta le misure: socialisti e verdi hanno chiesto audit obbligatori per garantire la parità di retribuzione e sanzioni per chi non rispettasse le nuove misure da introdurre. La proposta è stata bocciata da conservatori e liberali, “un segnale della distanza tra dichiarazioni e intenzioni reali – commenta Pina Picierno, eurodeputata del Pd – ci sono partiti politici che nelle parole si uniscono alle nostre richieste, che hanno leader donne, pensiamo a Fratelli d’Italia con Giorgia Meloni, ma poi quando bisogna votare non li troviamo mai dalla parte delle donne”. Picierno, firmataria della risoluzione, si dice non pienamente soddisfatta del testo che doveva essere più stringente: “Oggi sono 75 anni da quando è stato riconosciuto il diritto di voto alle donne. Abbiamo fatto tanta strada, ma in Italia, e in Europa, c’è ancora una cultura fortemente maschilista e discriminatoria. Le donne devono poter essere protagoniste della vita pubblica, della vita nelle aziende, dobbiamo guadagnare quanto i nostri colleghi maschi, non è una richiesta assurda, è semplicemente un nostro diritto. Servono norme obbligatorie, concrete, non bastano promesse e parole".