di Gregorio De Falco
Nei giorni scorsi ho presentato alcune proposte volte ad integrare e migliorare la legge di bilancio 2022. Gli emendamenti riguardano tematiche importanti come quelle relative ad Alitalia, alla regolarizzazione di lavoratori italiani e stranieri, ai cambiamenti climatici, ai servizi portuali ed altri. Di particolare importanza gli emendamenti relativi ai cosiddetti "Livelli Essenziali delle Prestazioni". Il Governo, infatti ha posto in Legge di Bilancio gli articoli 43, 44, 45 e 179 che potrebbero costituire, simulare, il presupposto logico giuridico per dare avvio, sotto traccia, senza alcuna discussione pubblica, nemmeno in Parlamento, all'Autonomia Differenziata.
Un tentativo di far passare tutto sotto silenzio dovuto al fatto che sono ben chiari e visibili a tutti gli effetti sciagurati che già l'attuale autonomia ha causato nella sanità durante la fase più acuta dell'epidemia di Covid-19. Domenica scorsa, come altri colleghi, anche io sono stato avvisato che la Presidenza della Commissione Quinta avrebbe "contingentato gli emendamenti", con la pretesa che ciascuno ne indicasse uno, massimo due, da porre in discussione. Bisogna innanzitutto chiedersi se questa sia una prassi legittima, o se svilisca illegittimamente il ruolo parlamentare: alla Camera esiste una disposizione regolamentare che consente al Presidente di mettere in votazione un numero ridotto di emendamenti. Il regolamento del Senato non prevede una possibilità analoga.
Ma come funziona alla Camera? Per evitare ostruzionismi, la norma dell'articolo 85 comma 8 del Regolamento consente di "sintetizzare" quegli emendamenti che differiscono tra loro solo per variazioni quantitative, "a scalare", ma non consente di precludere la proposizione di emendamenti sostanzialmente diversi per oggetto. Questa norma, come detto, non esiste al Senato e, quindi, si tratta di una prassi che non trova alcuna legittimazione, né logica, né giuridica. Si deve, inoltre, tener presente che il parlamentare non dispone della funzione pubblica che esercita e non può, quindi abdicarvi, nemmeno volendo.
Per tali motivi ho fatto presente immediatamente al Presidente della Commissione Bilancio, Sen. Pesco (M5S), che siffatta limitazione delle prerogative parlamentari, che è sempre inaccettabile, lo è a maggior ragione rispetto ai Senatori del Gruppo Misto, perché quest'ultimo non è caratterizzato da un vincolo di unitarietà politica. Ciononostante, la Commissione Quinta ha proceduto al "taglio lineare" annunciato, pubblicando un fascicolo con un numero molto ridotto di emendamenti nel quale ha escluso totalmente, tra gli altri, tutti quelli a mia firma, proprio perché non ho ceduto a quella illegittima pretesa. Si tratta di un atto di protervia grave ed illegittimo, che non coinvolge solo me ma tutti i Senatori, anche coloro che si sono adeguati a quelle indebite richieste, accettando di abdicare parzialmente ad una delle prerogative fondamentali che connotano l'attività tipica del parlamentare: quella di proporre, far discutere e mettere in votazione emendamenti all'esame della Commissione e dell'Aula in sede legislativa.
Come diceva qualche giorno fa il Prof. Massimo Villone: "Per chi vuole un Paese più unito, più eguale, più giusto il percorso è lungo e impervio. Va anzitutto chiesta visibilità e trasparenza sui processi decisionali in atto". Tutto il contrario di quanto sta accadendo in questi giorni in Senato.