Paragon, Scott Railton (Citizen Lab): “Stiamo per pubblicare il primo rapporto, diverse prove dell’attacco”

“Il primo rapporto pubblico sul caso Paragon uscirà nei prossimi giorni, e in quel rapporto mostreremo le prime prove forensi sulla portata di questo attacco”. John Scott Railton è il ricercatore di Citizen Lab che studia da anni gli spyware governativi come Pegasus, oltre a essere la persona a capo del team che sta indagando su Graphite, il software spia di Paragon Solutions che è entrato nel telefono di oltre novanta tra giornalisti e attivisti in tutta Europa, tra cui il direttore di Fanpage.it Francesco Cancellato.
Durante il convegno “Paragon Scandal” organizzato dai parlamentari europei dei Verdi Leoluca Orlando, Hannah Neumann e Saskia Bricmont, che ha avuto luogo giovedì 13 marzo all’Europarlamento di Strasburgo, Scott Railton ha fatto chiarezza su molti aspetti del caso: “Stavamo investigando su Paragon da tempo – ha spiegato – e nella nostra investigazione su Paragon abbiamo avuto il sospetto che Whatsapp potesse essere un veicolo d’ingresso per lo spyware. Abbiamo condiviso questa informazione con Meta, che a sua volta l’ha condivisa con Whatsapp, che ha identificato i bersagli e li ha avvisati con un messaggio”.
Nel suo intervento, inoltre, Scott Railton ha fornito informazioni sui prossimi passi della loro indagine: “Graphite è una tecnologia costruita per operare in silenzio e per non essere mai scoperta dalle vittime, e sarà un’indagine molto lunga e difficile. Tuttavia, abbiamo già trovato alcune prove forensi sull'attacco via Paragon verso queste vittime e le renderemo pubbliche nel nostro primo rapporto sulla vicenda, che uscirà nei prossimi giorni”, ha spiegato. Tuttavia, a suo avviso, le cose vanno ancora oltre: “Sono certo che il numero delle persone spiegate con Graphite sia più alto delle persone che hanno ricevuto il messaggio da Whatsapp. Ad esempio, David Yambio non ha ricevuto la notifica da Whatsapp ma da un altra app. Io sono convinto che le vittime di Paragon in Italia siano molte di più”.
All’evento ha partecipato anche David Yambio, attivista, presidente e co-fondatore di Refugee From Libya, che ha rimarcato come questa attività di spionaggio l’abbia molto danneggiato da un punto di vista personale e professionale: “Cose del genere me le aspetto da dittature come quelle in cui ho vissuto per parecchi anni. Arrivando in una democrazia come l’Italia non avrei mai pensato di vedere gli stessi metodi in azione”.
Anche il direttore di Fanpage Francesco Cancellato ha rimarcato l’assenza di trasparenza delle istituzioni nel trattare il caso: “Noi siamo stati trasparenti – ha affermato – quando abbiamo deciso di rendere pubblico questo caso di spionaggio. In cambio abbiamo ricevuto risposte elusive, contraddittorie e comunque non soddisfacenti. Fino ad arrivare alle minacce di querela per chi semplicemente chiedeva chiarezza sulla vicenda, e all’apposizione del segreto di Stato che permette al governo di non rispondere più a qualsiasi domanda sul caso Paragon”.
Duro anche l’europarlamentare Leoluca Orlando: “Questo scandalo ci deve spingere a prevenire che un’azione illegale diventi normale. Il governo ha mostrato grande imbarazzo sulla vicenda. Personalmente, mi ha fatto impressione sentire dire dal vicepresidente del consiglio Matteo Salvini che c’è una guerra all’interno dei servizi segreti, nel commentare questo caso. E getta sullo scandalo una luce ancora più inquietante. Così come è inquietante che sia stato posto il segreto di Stato sul tema, senza né una motivazione né un atto formale. Anche se a dire il vero, la cosa più inquietante è il silenzio di Giorgia Meloni sul tema”.
Ad Orlando hanno fatto eco le parole delle europarlamentari verdi, la tedesca Hannah Neumann e la belga Saskia Bricmont: “È nostro compito continuare a chiedere alla Commissione Europea che faccia luce su questo scandalo. E, come Verdi, continueremo a chiedere il divieto totale all’uso di questi strumenti in Europa”, ha scandito Bricmont. “Ne va della libertà e del diritto alla privacy dei nostri cittadini”, ha ribadito Neumann, che ha introdotto l’evento.
Nel frattempo, sempre a Strasburgo, durante la riunione a porte chiuse del gruppo di lavoro sull'European media freedom Act, è emersa forte preoccupazione per l'utilizzo del software di sorveglianza Graphite: “L’articolo 4.3 del Regolamento europeo sulla liberta' dei media – spiega l’europarlamentare del Pd Sandro Ruotolo, che del gruppo di lavoro è relatore – stabilisce chiaramente che gli Stati membri devono proteggere le fonti giornalistiche e astenersi dall'utilizzo di software di sorveglianza intrusiva sui dispositivi dei giornalisti. Sebbene questa disposizione diventerà obbligatoria solo da agosto 2025, il caso Paragon rappresenta l'esempio perfetto di cià che non deve accadere. La portata di questo scandalo è enorme: parliamo di 90 persone colpite in 13 Stati membri dell'Ue. Ma c'è un aspetto ancora più inquietante: di 86 persone non conosciamo l'identità. Potrebbero esserci altri giornalisti spiati, il che rappresenterebbe una gravissima minaccia alla libertà di stampa”.
L'audizione di Casarini: "Martedì Meta pubblicherà rapporto su Paragon"
"Io sono uno degli spiati con lo spyware di Paragon. Martedì uscirà il rapporto ufficiale di Meta, sarà una cosa che non lascia dubbi, verranno pubblicate le tracce di questa azione". Lo ha detto il capo missione di Mediterranea saving humans, Luca Casarini, ascoltato in audizione dalla commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera. L'azienda proprietaria di Whatsapp e Instagram aveva comunicato alle vittime di Graphite che i loro dispositivi erano stati compromessi. "Questa cosa – ha sostenuto Casarini – ce l'hanno fatta per la questione libica ed ho paura che sia stata fatta anche per la schedatura di possibili testimoni delle torture in quel Paese. Sono testimoni che vanno a finire all'attenzione della Corte penale internazionale. Vogliono avere i loro nomi in modo da bloccarli prima. È nell'interesse di quelli che non vogliono essere processati. Quindi facciamo molta attenzione perché si stanno muovendo delle forze dentro questo meccanismo. Voi sapete che la Dda sta indagando sul caso Paragon e in queste attività non è escluso il ruolo di contractors", ha concluso.
Fratoianni (Avs): Su Paragon Meloni non può continuare a far finta di nulla
"Il governo Meloni sulla vicenda Paragon non ha detto proprio niente fin dall'inizio, addirittura ad un certo punto ha fatto sapere che non avrebbe detto niente e che non avrebbe risposto neanche alle interrogazioni presentate in Parlamento dalle opposizioni di fronte a un fatto così clamoroso: perché se si scopre che giornalisti ed attivisti sono stati spiati con un software avanzatissimo e la società proprietaria di quello strumento dichiara che è utilizzato solo da organismi ed apparati statali, serve chiarezza e trasparenza". Lo ha detto Nicola Fratoianni di Avs parlando con i cronisti davanti a Montecitorio. "Vogliamo sapere che cosa è successo in Italia? Chi è stato e sulla base di quali decisioni o ordini a spiare chi non doveva e non poteva essere spiato?", ha chiesto.
"Sono domande molto serie e anche qui si dovrebbe uscire dal gioco quotidiano della polemica fra maggioranza ed opposizioni. Anche il fatto che il governo abbia di fatto messo il segreto di Stato senza annunciare o decidere la sua applicazione, perché questo è successo, io trovo che sia molto grave. Penso che debbano risponderne. Glielo continueremo a chiedere – ha concluso Fratoianni – non si facciano illusioni, perché quello che è successo a Luca Casarini e agli altri attivisti di Mediterranea e di altre associazioni, al direttore di Fanpage Cancellato può succedere ancora con chiunque se salta il sistema di controlli e regole democratiche".