Par condicio, la destra vuole più spazio in tv per i membri del governo Meloni prima delle elezioni
Si è acceso il dibattito sul tema della par condicio, il meccanismo nato nel 2000 che stabilisce – tra le altre cose – come gli spazi televisivi della Rai devono essere divisi tra le varie forze politiche per garantire imparzialità in vista delle elezioni. In questo caso si parla delle europee dell'8-9 giugno 2024, e la commissione di Vigilanza Rai voterà domani, 9 aprile, il testo stilato dall'Agcom, l'Autorità garante delle comunicazioni. Ma naturalmente i parlamentari potranno apportare delle modifiche, che potrebbero avere un impatto significativo su come vedremo i politici in televisione (e non solo) nei prossimi due mesi.
Qual è la proposta del centrodestra sulla par condicio
Nei giorni scorsi ha fatto discutere la proposta di Maria Elena Boschi (Italia viva) che allargherebbe le regole della par condicio non solo ai politici, ma anche a commentatori e giornalisti. Ieri invece sono arrivate le modifiche congiunte di Francesco Filini (FdI), Giorgio Bergesio (Lega) e Maurizio Lupi (Noi moderati), e due emendamenti hanno sollevato le proteste delle opposizioni. Il primo afferma che nei "programmi di informazione", bisogna seguire le stesse regole stabilite nel 2000 che valgono "per tutti i candidati e gli esponenti politici". Ma con delle eccezioni per i rappresentanti delle istituzioni, cosa che include anche i ministri, viceministri e sottosegretari del governo: per loro non si applicano le regole della par condicio, a condizione che "intervengano su materie inerenti all'esclusivo esercizio delle funzioni istituzionali svolte".
L'altro emendamento invece, afferma che i programmi di approfondimento devono "garantire la più ampia possibilità di espressione" se al loro interno c'è "l’esposizione di opinioni e valutazioni politico-elettorali". Ma, anche in questo caso, c'è una condizione da rispettare: bisogna in ogni caso "garantire ai cittadini una puntuale informazione sulle attività istituzionali e governative". Insomma, in entrambi i casi gli esponenti del governo sarebbero autorizzati ad avere più tempo e spazio sulla Rai rispetto ai loro avversari (anche se si tratta di membri dell'esecutivo candidati alle europee). Sarebbero tenuti a parlare solo delle attività del governo o del loro ministero in particolare, ma è chiaro che la linea tra campagna elettorale e "informazione sulle attività istituzionali e governative" può diventare molto sottile durante un programma televisivo.
Le opposizioni: "Irricevibile". Conte: "Tentativo allarmante"
Le proposte non hanno l'appoggio di Forza Italia, rappresentata da Maurizio Gasparri, che potrebbe cercare una mediazione: "Se la ministra del Lavoro parla di misure contro gli infortuni o il responsabile dell’Agricoltura di lotta alla peronospora, deve essere fermato il contatore", ha detto. Dalle opposizioni invece è arrivata una nota unitaria. Pd, M5s, Verdi-Sinistra, Italia viva e Azione hanno affermato che "il contenuto del pacchetto di modifiche è irricevibile perché distorce il senso stesso della par condicio. La maggioranza vuole generare una bolla nel sistema dell'informazione dove poter mascherare come istituzionali le posizioni politiche degli esponenti di governo. Un modo subdolo per ribaltare le normali regole democratiche".
Il presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, ha attaccato: "Il principio del pluralismo dell'informazione è uno dei capisaldi della democrazia, per questo i tentativi di Giorgia Meloni e dei suoi sodali di calpestarlo suona allarmante. È grave il tentativo della maggioranza di voler modificare la delibera per spianarsi la strada e garantire al governo di poter intervenire sulla tv pubblica camuffando gli spazi come ‘comunicazioni istituzionali'".
Dal Pd in mattinata era arrivata la protesta di Sandro Ruotolo, responsabile Informazione, critico verso le regole che permetterebbero "ai rappresentanti del governo un surplus di presenze se intervengono a magnificare il loro lavoro istituzionale". Ruotolo ha aggiunto: "Neanche ai tempi dell'editto bulgaro era così evidente, come lo è oggi, l'anomalia italiana. Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza democratica". Peppe De Cristofaro (Avs) aveva definito "irricevibili" gli emendamenti: "Palazzo Chigi è diventato un gazebo elettorale permanente".