Par condicio, come potrebbero cambiare le regole e cosa c’entrano i giornalisti e gli opinionisti
Nei giorni scorsi l'esponente di Italia viva Maria Elena Boschi, in vista della campagna elettorale per le elezioni europee dell'8 e 9 giugno, ha proposto in commissione di vigilanza di far valere le regole della par condicio anche per i commentatori nei programmi Rai. La richiesta arriva con un emendamento al regolamento della Vigilanza sulla par condicio, strumento introdotto nel 2000, in un contesto politico e mediatico molto diverso da quello attuale, che in occasioni delle elezioni nazionali serve a garantire alle varie forze politiche la parità di accesso a determinati spazi all'interno dei mezzi di informazione.
"Mi sembra di tutta evidenza che un opinionista o un giornalista che partecipa a un dibattito nell'ambito della par condicio rischia avere un effetto analogo a quello di un esponente politico. Spesso sostengono le stesse idee delle forze politiche e possono influenzare l'opinione pubblica e forse lo fanno anche di più degli esponenti politici", ha detto Boschi, nel corso dell'audizione del presidente Agcom Giacomo Lasorella.
Per Boschi va regolamentata la presenza nei programmi dei giornalisti che spesso "hanno condivisione rispetto a certe forze politiche, sostengono le stesse idee e possono influenzare l'opinione pubblica, probabilmente lo fanno pure di più degli esponenti politici perché" lo spettatore "non alza la soglia di attenzione". Secondo Lasorella però "la valutazione non potrà che essere caso per caso" e "non tutto si può irregimentare in un quadro di norme".
"Anche nel mondo del giornalismo credo sia in atto una trasformazione della professione. Ci sono alcuni professionisti, giornalisti, che fanno domande, che fanno informazione in modo terzo e imparziale, e sono tanti e sono bravissimi e vanno preservati. Poi c'è una professione, leggermente diversa, che è quella dei giornalisti che offrono risposte, cioè che vengono invitati per dare la loro opinione: sono commentatori. È altrettanto legittimo, non c'è nulla di male", ha insistito ieri la deputata. "Perciò solo durante la par condicio – un mese e mezzo ogni cinque anni – se ci sono opinionisti che legittimamente esprimono una posizione di vicinanza politica, non vedo perché non debbano essere conteggiati al pari dei politici. Potrei fare vari esempi, come Travaglio".
"Travaglio l'ha presa male, come potete vedere", ha scritto ancora Boschi in un suo post su Facebook, pubblicando la prima pagina del Fatto Quotidiano, in cui campeggiava il titolo ‘Boschi vuole abolire i giornalisti nei talk'.
"Eppure io penso che le regole debbano valere per tutti – ha aggiunto Boschi nel suo post, che quel giorno era stata invitata a Otto e mezzo da Lilli Gruber per parlare proprio della sua proposta, ma non si è presentata perché impegnata in Parlamento – A meno che non si pensi che Marco Travaglio e quelli come lui siano giornalisti imparziali e non politicamente schierati".
"Le sentenze che condannano Travaglio come pregiudicato e diffamatore dimostrano che lui non è credibile come giornalista imparziale. Che sia politicamente schierato lo sanno anche i muri. Perché dunque lui deve essere libero di non rispettare la par condicio? I giornalisti imparziali e terzi hanno diritto di essere riconosciuti come tali. Ma i commentatori spregiudicati (e pregiudicati) per me no. Che ne pensate?".
Le reazioni
In una nota Alessandra Costante, segretaria generale della Fnsi, è intervenuta dopo la richiesta della parlamentare Iv: "Consideriamo la proposta dell'on. Boschi surreale. I giornalisti non hanno quote politiche, non hanno sulla maglietta il simbolo di un partito e non sono tifosi. Confondere i politici con i giornalisti, e limitare la libertà di stampa utilizzando le regole della par condicio è un errore grave che dà il senso dello scadimento del livello democratico di questo Paese".
Anche il M5s ha criticato la posizione di Boschi: "Trovo fortemente problematica la proposta di accomunare i giornalisti ai politici e applicare la par condicio anche a loro. C'è anzitutto una difficoltà oggettiva per quanto riguarda l'applicazione in concreto di una regola del genere. Ma c'è un problema molto più profondo, quello della libertà della stampa e dei giornalisti: l'art. 21 della Costituzione, subito dopo l'enunciazione del diritto alla libera manifestazione del pensiero, prevede che la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure, e ciò vale anche in campagna elettorale", ha detto all'Ansa la presidente della Vigilanza, Barbara Floridia.
"È vero che alcuni giornalisti sono notoriamente ‘schierati' – ha detto ancora all'Ansa la presidente della Commissione di Vigilanza -, ma dargli una casacca ufficiale e incasellarli in slot specifici analoghi a quelli riservati ai politici significa privare i cittadini della funzione informativa e conoscitiva tipica del giornalismo. Capisco la simpatia o l'antipatia che si possa nutrire per questo o quel giornalista, ma la dignità professionale e la tutela dei cittadini vanno salvaguardate sempre".