Panza a Fanpage: “Non siamo euroscettici, ma chiediamo buonsenso. L’Ue ha preso tangente sbagliata”
Con le elezioni europee che si avvicinano è tempo di bilanci sulla legislatura che si avvia a conclusione e di prospettive per il futuro. Gli ultimi anni sono stati difficili, con le sfide che l'Unione si è trovata ad affrontare e in campagna elettorale i partiti stanno mettendo sul tavolo le loro idee per la direzione da prendere. Ne abbiamo parlato con Alessandro Panza, eurodeputato uscente e ricandidato con la Lega nella circoscrizione Nord Ovest.
A circa un mese dalle elezioni europee, ci può fare un bilancio della legislatura che si sta per concludere? È stata molto complessa, tra il Covid e la guerra, e le sfide da affrontare rendono particolarmente importante il prossimo appuntamento elettorale…
Sì, è stata una delle legislature più complesse, se non la più complessa: oltre al Covid e alla guerra non dimentichiamoci che dopo pochi mesi dall'inizio della legislatura c'è stata la Brexit. Abbiamo visto i parlamentari del Regno Unito uscire dall'Aula dalla plenaria di Strasburgo che è stato un momento sicuramente storico.
Sul perché è importante votare a queste elezioni europee, dobbiamo far capire alla gente da casa quanto la produzione normativa fatta a Bruxelles sia poi fondamentale per quello che riguarda la vita di tutti i giorni. La maggior parte dell'attività normativa che viene fatta al Parlamento nazionale è di fatto un'attività di conversione di provvedimenti che vengono fatti a Bruxelles: dal punto di vista legislativo le scelte che vengono fatte in Europa hanno un impatto grandissimo, anche se le elezioni europee nel nostro Paese assumono sempre un po' quel significato di elezioni di medio termine, per andare a misurare la temperatura rispetto al governo attualmente in carica. Altri Paesi riescono a identificare meglio qual è il vero scopo delle elezioni europee, cioè quello di avere una rappresentanza che faccia gli interessi dei cittadini. Non è semplicemente un voto d'opinione fine a sé stesso, perché poi è in Europa che vengono prese le decisioni, quindi è importante essere presenti e sedersi ai tavoli.
La Lega, che in Europa sta nel gruppo Identità Democrazia, per questa campagna elettorale ha lanciato uno slogan "Cambiamo l'Europa prima che lei cambi noi". Cosa Cosa significa?
C'è una forte percezione che l'Unione europea – che è un progetto nato sotto le migliori intenzioni, che ha portato benessere, crescita e stabilità nel nostro continente per tanti anni – adesso abbia preso una tangente che a noi non piace particolarmente. Parlo di una tangente dove c'è molta produzione normativa: l'Unione europea è diventata uno strumento che vuole intervenire su troppi temi e troppe situazioni, perdendo quello che era il suo scopo iniziale, ovvero quello di creare un'alleanza tra Stati che fosse competitiva con i frutti della globalizzazione. Si è un po' perso quell'obiettivo. Questa grande istituzione a volte sembra soffrire di bulimia normativa, cioè cerca di normare, legiferare e intervenire su tutto, a volte in maniera distante da quelle che sono le esigenze dei cittadini.
L'abbiamo visto con il Green Deal: degli obiettivi assolutamente condivisibili – avere un ambiente migliore ed essere più sostenibili – che però sono stati declinati in un modo che in realtà andava a penalizzare cittadini e imprese.
A volte venite accusati di avere posizioni euroscettiche, come rispondete?
Non è questione di essere euroscettici, ma di portare un po' di buon senso, sollevando a volte delle critiche. In questi anni abbiamo avuto la sensazione che qualsiasi cosa dicesse l'Europa fosse giusta a prescindere, quando poi in realtà si è dimostrato il contrario. Ad esempio, all'inizio della legislatura, quando si è iniziato a parlare della nuova PAC, noi abbiamo sostenuto che ci fossero delle criticità in questa nuova Politica Agricola Comune, e infatti poi si è dimostrato essere così con gli agricoltori esasperati che hanno assediato le sedi del Parlamento.
Ma anche sui provvedimenti legati all'automotive, piuttosto che all'efficientamento energetico degli edifici: noi abbiamo sempre cercato di porre l'attenzione sulle ricadute e siamo sempre un po stati tacciati come quelli che non volevano perseguire gli obiettivi dell'Unione europea. Noi vogliamo perseguire questi obiettivi, però come dicevo prima li vogliamo perseguire in maniera che non creino più danno che beneficio ai cittadini e soprattutto alle imprese.
Un tema centrale nella prossima legislatura sarà sicuramente quello geopolitico, viste le guerre e i conflitti in corso. Quale deve essere la postura dell'Europa in questo senso? A volte c'è la sensazione di non contare fino in fondo nel dibattito globale…
L'Unione europea, dal punto di vista della politica estera, deve prendere una decisione. È evidente a tutti che una politica estera europea non esista. Noi ci ricordiamo della politica estera dell'Unione europea per il cosiddetto sofagate, quando Ursula von der Leyen e Charles Michel andarono da Erdogan e non si sapeva chi si dovesse sedere al tavolo con il leader turco. Questo è sintomatico di un qualcosa che non funziona. L'Europa poteva avere una grande chance, di essere mediatrice laddove c'era una un sentore importante di qualcosa che stava succedendo tra Russia e Ucraina: non l'ha fatto e poi ci siamo ritrovati la guerra. La stessa cosa avrebbe potuto farla in Medio Oriente, o magari in scenari meno conosciuti al pubblico più ampi, come il Nagorno Karabakh: l'Ue poteva mettersi tra Armenia Azerbaigian per trovare una soluzione a questa conflittualità, cosa che non ha fatto.
Alla fine tutti vogliono un'Europa con una forte politica estera, però poi è difficile capire con quale trazione: ovviamente i francesi hanno una loro sensibilità, i tedeschi un'altra, noi la nostra e così via. Dovremmo più che altro chiederci se davvero vogliamo una politica estera europea senza sapere poi come sarà, o se non sia meglio ripensare l'Unione in modo che si occupi di meno temi, lasciando ad esempio perdere la politica estera. Fino ad oggi non è stata gestita, quindi forse è meglio lasciare quel tema agli Stati nazionali, che possono così intervenire ognuno nel territorio dove ha più rapporti e esperienza.
Mettere d'accordo 27 Paesi, con 27 sensibilità diverse è complicato, senza contare di quanto sono poi diverse le sensibilità di alcuni, ad esempio dei Paesi dell'Europa dell'Est nei confronti della Russia. Pensare in questo momento che ci possa essere una voce unica secondo me è complesso.
I sondaggi dicono che le forze di centrodestra sono in vantaggio e spesso si è parlato di creare una nuova maggioranza sul modello del governo italiano, quindi tra il PPE, ECR e ID. Secondo lei è possibile uno scenario di questo tipo, anche considerando che diversi esponenti dei Popolari – Tajani compreso – hanno detto "mai con AfD e mai con Le Pen"?
È una scelta un po' curiosa. La Lega è un partito governativo, che ha governato e sta governando a livello nazionale e che da anni governa in realtà territoriali come le Regioni e tantissimi Comuni. Non è un partito di pazzi che vuole distruggere il mondo che lo circonda. Penso sia difficile da spiegare al cittadino la scelta di qualcuno di voler proseguire un'alleanza che ha portato ad alcune misure: una cosa un po' bizzarra che sta accedendo in questi giorni di campagna elettorale, quando si fanno gli incontri con i colleghi degli altri partiti, è che alcune scelte del Green Deal sembra che non le abbia votate nessuno, che siano piovute da Plutone. Invece qualcuno lo ha votato e questo deve essere chiaro. La spinta che c'è stata in questa legislatura è stata a forte trazione Socialista e Verde: i Popolari – per equilibri politici e per una serie di ragioni – però hanno sostenuto alcune scelte e questo per noi è difficile da capire e da spiegare.
Quindi ci aspettiamo che il centrodestra possa diventare un centrodestra governativo anche a livello europeo, senza mettersi a fare troppi distinguo. Poi è chiaro che se qualcuno esagera dovrà essere adeguatamente gestito, però è altrettanto vero che è meglio gestire una situazione quando si manifesta, piuttosto che partire a prescindere mettendo veti e trovarsi poi costretti a governare di nuovo con i Socialisti, con Macron e con i Verdi. Già abbiamo vissuto queste alleanze, se i risultati non sono positivi nemmeno per i Popolari, forse dovremmo cambiare.
Ultima domanda, cosa ne pensa della candidatura del generale Vannacci con la Lega? Soprattutto a livello locale ci sono stati dei malumori interni…
Io sono un suo competitor, non è mai simpatico parlare di un concorrente. Lui si candida ovviamente come come indipendente: è un'operazione voluta dal segretario (Matteo Salvini, ndr) per cercare di andare intercettare quell'elettorato che magari non sarebbe andato a votare o che avrebbe preferito esprimersi con un voto di protesta. Sarà interessante vedere il risultato finale di questa candidatura, ma è chiaro che essendo un candidato indipendente si rivolge a un pubblico esterno alla Lega. C'è un candidato indipendente in tutti i collegi, così come ci sono 75 candidati della Lega, come il sottoscritto, che hanno lavorato sul territorio in questi anni. Lui è un candidato indipendente che porta il suo messaggio, io sono uomo di partito da una vita: spero che porti un valore aggiunto a tutto il partito, perché allora si dimostrerà un'operazione vincente.