Palamara si difende: “Io come il Covid, chi si è distanziato da me si è salvato”
Il paragone sorprende un po’. Luca Palamara, ex consigliere del Csm, fa riferimento a se stesso assimilandosi al Covid-19 e sostenendo che chiunque si fosse distanziato da lui “si è salvato”. Intervenendo a Non è l’Arena, Palamara parla del fatto che nel suo telefono era stato inserito il trojan: “Ho anticipato il Covid, chi ha attuato il distanziamento sociale con me si è salvato”. L’ex presidente dell’Anm risponde anche sulla polemica che in questi giorni lo sta vedendo coinvolto insieme al leader della Lega Matteo Salvini, dopo aver scritto in una chat con un collega che l’ex ministro dell’Interno “va attaccato”: “Non c’era la volontà di offendere Salvini”, si difende Palamara. L’obiettivo, secondo lui, era semplicemente quello di tutelare i magistrati di Agrigento che erano finiti sotto attacco per avere indagato l’allora titolare del Viminale sul caso Diciotti.
Altro personaggio politico di cui parla Palamara è l’ex ministro Luca Lotti: “Con Lotti ho commesso un errore di sottovalutazione. Ho sottovalutato il suo ruolo con la procura di Roma”, riferendosi al fatto che l’esponente del Pd era indagato dalla procura di Roma. L’ex consigliere del Csm racconta poi la trasformazione che è avvenuta all’interno della magistratura negli ultimi anni: “Nel 2006 c'è stata una grande trasformazione nella magistratura che ha determinato la corsa al carrierismo sfrenato. E i posti in procura sono molto ambiti”.
C’è poi il ruolo di Nino Di Matteo, su cui Palamara commenta: “È troppo facile dire che sia stato Luca Palamara a fermare Di Matteo. Il sistema delle correnti si accordò su nomi diversi, e quella decisione fu ratificata dal plenum. Una sorta di manuale Cencelli e Di Matteo venne pretermesso”. Così come si difende su Ielo, suo collega della procura di Roma: su di lui, assicura, non c’è mai stato “un dossieraggio”. Continuando a parlare della procura di Roma, Palamara spiega di aver avuto “inizialmente un buon rapporto con il procuratore Pignatone”. Infine, l’ex presidente dell’Anm si difende ancora dall’accusa di aver preso 40mila euro per facilitare una nomina: “L’accusa originaria è caduta. Gli stessi pm l’hanno fatta cadere nella fase delle indagini preliminari. Il gip ha testimoniato che non c’è nessun atto contrario ai doveri d’uffici”.