Orlando: “Riforma della giustizia non può essere influenzata dai processi degli esponenti di governo”

Il deputato del Pd ed ex ministro della Giustizia, intervistato da Fanpage.it, attacca Nordio e Meloni: “L’impressione è che sulla giustizia i temi siano dettati dalle emergenze dovute ai processi di esponenti del governo”. A Delmastro chiede di scusarsi per “le cose infamanti che ha detto in questi mesi” e sulla linea della maggioranza, Andrea Orlando è sicuro: “Con questa narrazione di aggressione nei confronti del governo sarà impossibile realizzare una riforma”.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Non c'è nessuna congiura ad opera della magistratura contro il governo, anzi. Volendo, per paradosso, la narrazione si potrebbe ribaltare completamente e sostenere che c'è un trattamento di favore nei confronti dell'esecutivo. Insiste su questo punto, Andrea Orlando, deputato del Pd ed ex ministro della Giustizia, che in un'intervista a Fanpage.it attacca il governo Meloni e il Guardasigilli Nordio. E spiega che la riforma della Giustizia non può essere influenzata dai processi a carico degli esponenti del governo.

Onorevole Orlando, lei che è stato ministro della Giustizia come valuta lo scontro tra il governo Meloni e la magistratura a partire dalla velina minacciosa di Palazzo Chigi, con una risposta durissima dell’Anm, fino agli attacchi degli esponenti dell’esecutivo?

Queste forme di incontinenza nelle dichiarazioni hanno come vittima principale la possibilità di fare le riforme, che non si fanno politicizzando i singoli processi e leggendo gli atti dei magistrati in un’ottica simile. C'è chi sostiene che ci siano stati una serie di interventi di aggressione al governo da parte della magistratura, ma gli stessi fatti potrebbero essere raccontati in maniera diametralmente opposta. Il fatto che al figlio di La Russa, legittimamente, non sia stato sequestrato il cellulare, poteva essere raccontato come un favore. L'archiviazione chiesta dalla procura di Roma per Delmastro poteva essere raccontata come una forma di acquiescenza e anche la vicenda della secretazione dell’avviso di garanzia a Santanchè poteva essere riportata come un favore. Non ne usciamo in questo modo.

Uno dei casi più discussi è quello che riguarda il sottosegretario Delmastro, pensa che la decisione del Gip di Roma di procedere con l'imputazione coatta sia così singolare? E continuerete a chiedere le sue dimissioni?

Su Delmastro la procura di Roma ha detto che le carte che lui ha diffuso erano riservate, ma il sottosegretario, che è un avvocato penalista con delega alle carceri, non era consapevole di questo. È scandaloso che un Gip non sia convinto di questa tesi? Io direi di no, la politica dovrebbe stare un passo indietro e attendere lo svolgimento dei processi. Altrimenti diventano capitoli di una guerra civile. Qui mi pare siamo nell’ambito di normale dialettica all’interno di un processo. Sulle dimissioni attenderei gli sviluppi, ma chiediamo che Delmastro si scusi per le cose infamanti che ha detto in questi mesi, utilizzando carte che non potevano essere diffuse e manipolandole per colpire le opposizioni.

C'è anche il caso Santanchè, su cui ci sarà una mozione di sfiducia. Ma al netto dei fatti in sé, parliamo del punto politico: la bocciatura – che ad oggi appare scontata – non rischia di diventare un boomerang, restituendo autorevolezza alla ministra in ottica di governo?

Non so se la sua posizione si rafforzerà, ma alla luce delle mancate spiegazioni un punto fermo deve essere messo. Servirà nei prossimi mesi, affinché ognuno si assuma le responsabilità di una vicenda che non va letta solo dal punto di vista penale, ma anche rispetto alla sua rilevanza politica.

La riforma della giustizia sta facendo molto discutere principalmente su due aspetti: le intercettazioni e l'eliminazione dell'abuso d'ufficio…

È beffardo, ma se ci fosse davvero una congiura dei magistrati il reato che andrebbe contestato sarebbe proprio l'abuso d'ufficio. Io ovviamente escludo ci sia. Quello che manca nella riforma è un ragionamento organico, che parta dallo stato dell'arte. L'abuso d'ufficio è ancora quel vincolo che era prima della riforma del 2020? Qualcuno ci dica sì o no. Sarebbe un punto dal quale partire. Sulle intercettazioni, le violazioni più gravi risalgono a prima o dopo la piena vigenza della riforma? E quali sono? Questo consentirebbe di fare una discussione sulla base di fatti ed eviterebbe l'impressione che i temi siano dettati dalle emergenze dovute ai processi di esponenti del governo. Almeno Berlusconi aveva un quadro chiaro di quali erano i suoi processi, per Nordio sarebbe ancora più difficile seguirli tutti.

Come opposizioni, in maniera per la prima volta unitaria, avete presentato una proposta sul salario minimo che però difficilmente sarà approvata. Forse è più importante come prova di avvicinamento per un futuro campo progressista?

Quello del salario minimo è un punto dolente su cui il governo avrà difficoltà a continuare a far finta di niente. È evidente che in questo Paese ci sia un dramma che si chiama lavoro povero, che riguarda principalmente i giovani e le donne, così come è evidente che ci sia una grande questione salariale. Pensare di risolverla con qualche taglio decimale una tantum sul cuneo fiscale non ha senso. Porre la questione del salario minimo non è soltanto una grande questione di equità sociale, ma anche di politiche industriali, perché è un modo di sconfiggere una tentazione molto forte, che il governo sta alimentando, di fare concorrenza con il ribasso dei costi dei nostri prodotti e non con l'aumento della loro qualità.

Intanto il governo sta ridisegnando le misure di sostegno sociale. Per estremizzare: via il reddito di cittadinanza – che lei ha difeso nelle scorse settimane con un lungo intervento sul nostro giornale – dentro la nuova social card…

Questa storia della card è un episodio mal riuscito di conservatorismo compassionevole. Ovvero l'idea che la povertà si curi con l'elemosina, tra l'altro scarsa, una tantum e mal mirata, perché rischia di raggiungere le categorie che hanno già altre forme di sostegno a discapito di chi ne è totalmente privo. Affrontare la povertà con uno strumento di carattere universalistico non è un atto di resa all'assistenzialismo, è una scelta che hanno fatto tutti i Paesi più avanzati. Noi, invece, abbiamo una destra che è peggiore di quelle degli altri Paesi, perché affronta moralisticamente il tema della povertà. I poveri sono poveri per colpa loro, chi perde il lavoro lo perde per colpa sua, perché non ha voglia di cercarlo e non si dà abbastanza da fare. Questa è un'impostazione di classe per cui la ricchezza è sempre sostenuta dal merito e la povertà è sempre conseguenza della colpa del singolo. Va combattuta frontalmente nell'interesse della cifra di civiltà del nostro Paese.

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