E' una "vecchia storia", che porta con se sempre la stessa domanda. Si possono spendere circa 15 miliardi di euro per acquistare dei caccia bombardieri, mentre al Paese vengono richiesti consistenti sacrifici e la scure dei tagli si abbatte sul complesso dello stato sociale, con tagli in settori essenziali come la Sanità e l'Istruzione? La cosa singolare è che quando un concetto del genere viene declinato senza banalizzazioni e scendendo nello specifico, finisce con l'acquisire una valenza ancora maggiore. In pratica, più si scende nel dettaglio e più tale scelta appare insensata e inutile, un controsenso logico e morale. E tra l'altro frutto di una (lontana) velleitaria pretesa, come ricorda a l'Unità il generale Fabio Mini, ex Capo di Stato maggiore delle forze Nato del Sud Europa: "Quello che è ormai insostenibile è la base concettuale sulla quale è stato fatto il programma: era velleitaria la pretesa italiana di volersi dotare di aerei che nemmeno gli USA avevano in quel momento; era velleitario il programma numerico che nessuno in Europa si poteva permettere […] e non si capiva e non si continua a capire contro chi quel programma doveva essere impiegato".
Una velleità (che tra le altre cose ci è già costata un miliardo di euro) solo parzialmente ridimensionata dal "rigore e dall'equità dei tecnici", con la decisione di ridurre a 90 gli F35 (dai 135 iniziali). Poco, davvero troppo poco. Anche considerando la nuova ondata di tagli che ha investito le spese dei vari ministeri e assestato un duro colpo, l'ennesimo, allo Stato sociale. Del resto i numeri sono davvero impietosi: un F35 costa, per non parlare della manutenzione successiva, circa 150 milioni di euro (ancora non è chiaro se e quanto aumenteranno i costi nel corso degli anni); rinunciare ad una parte consistente della commessa potrebbe garantire risorse da reinvestire in ben altri settori. Anche perché è bene ricordare che non vi sarebbe alcuna penale, come ricorda uno studio di Altraeconomia:
“l’uscita del nostro Paese dal programma non comporterebbe oneri ulteriori rispetto a quelli già stanziati e pagati per la fase di sviluppo e quella di pre-industrializzazione. Lo prevede il Memorandum of Understanding del Joint Strike Fighter (in pratica, l’accordo fra i Paesi compartecipanti) sottoscritto anche dall’Italia con la firma apposta il 7 febbraio del 2007 dall’allora sottosegretario Giovanni Lorenzo Forcieri (governo Prodi).”
Insomma, rinunciare una volta per tutte agli F35 è una scelta di buonsenso. Che non mortificherebbe nemmeno il ruolo internazionale del nostro Paese, che negli ultimi anni ha onorato gli impegni con i partner ed ha fornito un contributo essenziale (e addirittura eccessivo) nelle missioni internazionali. E per di più costituirebbe un segnale importante, una precisa scelta "politica ed ideologica", in un momento drammatico per il nostro Paese. E, sia detto per inciso, si tratterebbe solo del primo passo, dal momento che come vi abbiamo raccontato nel nostro dossier, la follia delle spese militari sembra davvero non conoscere limiti. E spiace dirlo, anche il progetto "autonomo" di spending review del ministro Di Paola è giudicato insufficiente dagli stessi colleghi di Governo e dai maggiori analisti di settore.
Insomma, spenderemo miliardi per una tecnologia nemmeno di primissima mano, per acquistare macchine da guerra che non ci servono, anzi, che non devono servirci. Lo dice (in parte) anche Cicchitto:
Non capiamo è perché sotto la scure non siano caduti anche i miliardi da spendere per gli aerei F35. Lo diciamo anche perché non possiamo dimenticare che ai greci, anche nelle condizioni in cui essi si trovavano, erano state imposte, in quel caso dai tedeschi, forti spese militari. In una situazione di emergenza quale quella che stiamo vivendo c'é un limite anche alla subalternita'. Casomai parte dei soldi cosi tagliati potrebbero essere dedicati alla polizia,ai carabinieri alla ricerca e ai beni culturali
Vuoi vedere che almeno stavolta la "grosse Koalition" produrrà risultati di senso?