Oggi Matteo Salvini esulta perché, nei primi due mesi del 2019, il saldo fra arrivi e rimpatri di migranti è negativo, ovvero sono sbarcate 262 persone a fronte di 1099 rimpatri (di cui solo 86 volontari). In pratica, dal primo gennaio al 28 febbraio le politiche del ministero dell'Interno hanno determinato la diminuzione di 837 unità del numero di migranti "irregolari" presenti sul territorio nazionale. Dati che il leader leghista deve considerare estremamente positivi, visto che li utilizza per rilanciare la propria campagna "dalle parole ai fatti", con tanto di hashtag e di comunicazione trionfalistica a mezzo social network. Un errore frequente è quello di considerare secondari messaggi di questo tipo, come se fosse possibile scindere in qualche modo il Salvini comunicatore dal Salvini politico. Ma la comunicazione è politica e il ministro dell’Interno sta rivendicando un risultato politico, sfruttando la forza della sua community per rilanciare la tesi di un cambio di paradigma netto con la sua reggenza al Viminale.
La campagna del ministro dell’Interno è interessante proprio perché dimostra lo scarto che c’è fra la propaganda e la realtà, uno iato che la macchina salviniana prova a colmare agendo in diverse direzioni: enfatizzando risultati oggettivamente scarsi, mistificando il dato numerico e battendo su una presunta discontinuità col passato. Uno dei cavalli di battaglia del leader leghista è il rimpatrio degli irregolari presenti sul territorio nazionale, una cifra quantificata sempre da Salvini tra i 500mila e i 600mila. Anche il contratto di governo con il Movimento 5 Stelle parla di una “seria ed efficace politica dei rimpatri indifferibile e prioritaria”, che riguarderebbe i “circa 500 mila i migranti irregolari presenti sul nostro territorio”, con singole pratiche da sbrigare “in un tempo massimo complessivo di diciotto mesi” (mentre i fondi per in rimpatri sarebbero dovuti arrivare da quelli precedentemente stanziati per l’accoglienza). Il calcolo, sulla scia dei dati trionfalmente elencati da Matteo Salvini, è abbastanza semplice: con questo ritmo, per rimpatriare 500mila persone, sarebbero necessari 1194 mesi, pari a 99 anni e 6 mesi. Questo anche ammesso che nei prossimi anni gli sbarchi siano davvero "zero" (ed è molto improbabile). Non c'è sostanziale discontinuità con il passato neanche per quel che concerne il numero di rimpatri, considerando ad esempio, che nello stesso periodo preso in esame da Salvini nel 2017 i rimpatri erano stati 1138 e nel 2018 erano stati 831. Scarto minimo, statisticamente irrilevante, anche in questo caso.
Ma non basta, perché il numero dei cosiddetti irregolari è destinato comunque ad aumentare, per effetto del decreto che porta la firma dello stesso Matteo Salvini. Come ha spiegato Matteo Villa per ISPI, infatti, l'effetto combinato della lentezza del meccanismo dei rimpatri e dell'abolizione de facto della protezione umanitaria non potrà che produrre un aumento del numero di persone non in regola:
Il decreto-legge dello scorso ottobre (da poco convertito in legge) potrebbe aggiungere al numero dei nuovi irregolari previsti dallo scenario base ulteriori 70.000 irregolari, più che raddoppiando i nuovi irregolari presenti in Italia. Ai ritmi attuali, i rimpatri dei migranti irregolari nei loro paesi di origine avranno un effetto solo marginale: per rimpatriarli tutti sarebbero necessari 90 anni, e solo a condizione che nel prossimo secolo non arrivi più nessun irregolare. […] I richiedenti asilo che ancora attendono una valutazione della domanda non potranno più ricevere la protezione umanitaria, e correranno dunque un maggior rischio di vedersi negato almeno un livello di protezione, scivolando nell’irregolarità; gli attuali titolari di protezione umanitaria non potranno chiederne il rinnovo, diventando dunque irregolari
La realtà è ostinata e i fatti continuano a dare torto al ministro Salvini, insomma. Che non solo non ha la minima idea di come portare a termine promesse ciniche e strampalate (e per fortuna, verrebbe da dire), ma intanto ha messo nero su bianco un decreto destinato a lasciare soltanto macerie.
Resta la propaganda, che comunque già è riuscita a legittimare la tesi per cui rimpatriare 500mila persone sia accettabile umanamente e necessaria politicamente. Un danno mica da poco, lo sdoganamento del cinismo e dell'indifferenza nei confronti dei bisogni e delle esistenze di migliaia di persone. Di quelle che sono ormai nel nostro Paese e di quelle cui abbiamo chiuso la porta, in maniera cinica e irresponsabile.