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Ong chiedono abrogazione Dl Sicurezza: serve una commissione d’inchiesta su accordi Italia-Libia

Le Ong, insieme al deputato Riccardo Magi, chiedono l’abrogazione del decreto Sicurezza: “Andrebbe ribattezzato ‘decreto Menzogna’, perché si basa su una bugia che il ministro dell’Interno Piantedosi ha rilanciato nelle ultime settimane, e cioè che le Ong in realtà fanno un’attività illegale, e che favoriscono l’immigrazione irregolare – ha denunciato Magi a Fanpage.it -Per smontare questa menzogna vogliamo istituire una commissione parlamentare d’inchiesta sull’attuazione degli accordi Italia-Libia”.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'istituzione di una commissione d'inchiesta sull'attuazione degli accordi Italia-Libia è il primo passo per smontare le basi su cui poggia il decreto Sicurezza messo nero su bianco dal governo Meloni, con lo scopo di ostacolare il soccorso in mare da parte delle navi private.

Ne è convinto il deputato dei Radicali Riccardo Magi, che ha ripresentato il mese scorso una proposta di legge – la prima volta era stata depositata nella scorsa legislatura – che aspetta di essere calendarizzata, per chiedere la creazione della commissione ad hoc. Al fine di motivare il decreto che contiene la stretta anti Ong, il governo ha infatti riesumato tutto il repertorio di una narrazione criminalizzante contro le organizzazioni umanitarie che effettuano i salvataggi dei migranti, narrazione che sembrava superata, a partire dal costrutto delle Ong come pull-factor, fattore di attrazione. In realtà l'obiettivo malcelato dell'esecutivo è eliminare l'ingombrante presenza delle navi, che documentano quello che avviene nel Mediterraneo centrale, intralciando l'attività della cosiddetta Guardia costiera libica che l'Italia continua a finanziare.

Il disegno del governo è ben chiaro agli occhi delle navi della società civile, ed è per questo che per contrastare un decreto come quello che presto dovrebbe essere convertito in legge si deve necessariamente passare da un resoconto puntuale degli interessi che l'Italia ha in campo in quel braccio di mare, tema che può essere affrontato solo con l'istituzione di una commissione per approfondire il Memorandum del 2017, mai ratificato dal Parlamento. Il decreto si cui parliamo non è emendabile, secondo il parlamentare Riccardo Magi e secondo le Ong che hanno partecipato alla conferenza stampa ‘Gli ostacoli al salvataggio in mare introdotti dal Dl sicurezza', che si è tenuta oggi alla Camera: il provvedimento può essere solo abrogato.

Magi ha illustrato a Fanpage.it la sua proposta: "Il decreto Sicurezza andrebbe ribattezzato ‘decreto Menzogna', perché si basa su una bugia che il ministro dell'Interno Piantedosi ha rilanciato nelle ultime settimane, e cioè che le Ong in realtà fanno un'attività illegale, e che favoriscono l'immigrazione irregolare. La verità è che compiono un'attività non solo in linea con le convenzioni internazionali, ma anche meritevole, perché salvano vite in mare. Per smontare questa menzogna bisognerebbe fare qualcosa che torniamo a proporre ora, e cioè istituire una commissione parlamentare d'inchiesta sull'attuazione degli accordi Italia-Libia. Serve perché nell'attuazione di quegli accordi sono state spese ingenti risorse italiane, con il coinvolgimento di personale militare italiano, nell'assistenza e nella formazione alla Guardia costiera libica, nel fornire alle milizie degli assetti navali per fa sì che compiano continue violazioni dei diritti umani", ha detto il deputato ai nostri microfoni.

"Le persone vengono riportate indietro, rinchiuse in modo arbitrario e illegale, e vengono commesse violenze e torture di ogni tipo. Ristabilire la verità su quel piano – ha sottolineato Magi – ci consentirebbe di vedere in tutta la loro valenza anticostituzionale e illegittima provvedimenti come il decreto Sicurezza. La speranza è che diventi una proposta comune di tutte le opposizioni, che ne chiedano la calendarizzazione, l'esame in aula e quindi l'approvazione".

Cosa cambia concretamente con il Decreto Sicurezza per le Ong

Il lavoro delle Ong può davvero essere bloccato dal decreto Sicurezza voluto dal governo Meloni? Dopo l'approvazione del nuovo regolamento il numero di migranti salvati potrebbe diminuire, perché in teoria il nuovo codice prevede che le Ong raggiungano il porto di sbarco indicato dalle autorità senza ritardi, per completare il soccorso sulla terraferma nel più breve tempo possibile, pur in presenza di altre segnalazioni di barche in distress. Quindi, pur avendo imbarcazioni capienti, in grado si ospitare molto più di un centinaio di migranti, le Ong devono fermarsi al primo soccorso.

Una sola Ong può arrivare a salvare in un anno anche 3850 persone. Se si fermasse al primo soccorso e si dirigesse verso il porto assegnato senza fare altre tappe, significherebbe riuscire a portare in salvo solo un migliaio di migranti, appena un terzo.

Nel testo si specifica che nel caso si verificassero plurime operazioni di soccorso, quelle successive non dovrebbero impedire il raggiungimento immediato del porto assegnato. In pratica il governo sta chiedendo senza mezzi termini meno salvataggi e meno migranti recuperati mare, con il rischio che sempre più persone perdano la vita durante la traversata, visto che la Guardia costiera italiana da sola evidentemente non riesce a impedire che si verifichino tragedie. È il caso per esempio dei cadaveri dei migranti recuperati vicino alle coste di Lampedusa nei primi giorni del 2023.

Ma il diritto internazionale impone comunque al comandante di una nave di dirigersi verso il luogo in cui si è verificato un naufragio, non è contemplato dalle leggi del mare che un'imbarcazione non presti soccorso. "Il governo dichiara nella relazione che accompagna il decreto che quest'ultimo serve a conformare l'attività di salvataggio in mare alle convenzioni internazionali. Poi, leggendo il testo, si capisce che è tutto un tentativo di forzare quelle convenzioni, che parlano molto chiaramente – ha spiegato ancora Magi a Fanpage.it – Dicono che in ogni caso il salvataggio delle vite umane in mare, in una situazione di pericolo, è un obbligo di legge. Il reato non è compiere il salvataggio, ma omettere quel salvataggio. Questa cosa è talmente chiara da un punto di vista giuridico che per quanto il decreto si sforzi di creare nuovi ostacoli di tipo amministrativo, tecnico o burocratico, non riuscirà a farlo. E se un domani un capitano di una nave dovesse trovarsi nella condizione di scegliere tra compiere un salvataggio multiplo, cosa che in teoria è impedita dal decreto, e rispettare il nuovo codice, e scegliesse la prima opzione, a violare la legge sarebbe il decreto non il capitano".

Altro punto molto controverso del nuovo decreto è l'obbligo, da parte dell'equipaggio che ha effettuato il salvataggio, di raccogliere tempestivamente le intenzioni di richiedere la protezione internazionale, cosa che non spetta affatto ai mercantili o alle navi private, che tra l'altro battono bandiera straniera.

"Questa è un'altra assurdità del decreto, è contro le leggi perché negli ultimi decenni nel diritto d'asilo europeo è stato chiarito in modo definitivo che la protezione si chiede nel territorio dello stato presso cui si fa domanda, o alla frontiera, rivolgendosi però a un personale appositamente individuato dalle leggi dei singoli stati. È un'attività che non può fare chiunque, come un medico o il comandante della nave. Anche in questo caso si tratta di una forzatura, che non creerà un blocco totale dell'attività delle Ong, ma servirà a ostacolarle. Un punto veramente basso per la vita istituzionale del nostro Paese. Lo avevamo già visto con i decreti Salvini, ma abbiamo poi osservato anche come i tribunali abbiano reagito. Ad esempio con il caso Rackete è stato stabilito che la ragione e il diritto stavano dalla parte della comandante che aveva addirittura disatteso l'ordine di non entrare in porto", ha ricordato Magi.

Ciononostante il governo sta adottando una prassi che in realtà non compare tra le regole del nuovo codice, e cioè sta assegnando porti sempre più lontani dai luoghi dei naufragi, come Ancona o Livorno (dove ad esempio è stata mandata la Life Support di Emergency prima di Natale). Anche se poi quando sbarcano i naufraghi vengono redistribuiti in tutta Italia, sebbene venga cavalcata dal governo la retorica sulla Sicilia congestionata dagli sbarchi. Una pratica, quella dell'assegnazione dei porti distanti, che mette di fatto in difficoltà le organizzazioni, che devono tra l'altro già fare i conti con i rialzi dei prezzi del carburante.

Quello che è cambiato negli ultimi tempi nell'atteggiamento da parte del governo – a dire la verità è successo già prima dell'emanazione del decreto – è che ora l'assegnazione del Pos avviene più rapidamente rispetto al passato.

Le missioni delle navi Ong continuano

Le Ong, che oggi sono state anche audite dalle commissioni Affari Costituzionali e e Trasporti della Camera in merito al nuovo decreto legge, non hanno subito variazioni nella loro tabella di marcia. Sea Watch riprenderà a giorni la sua attività di perlustrazione in mare effettuata attraverso i velivoli Sea Bird 1 e Sea Bird 2, mentre la Life Support di Emergency salperà a breve per una nuova missione, come annunciato in precedenza.

La presidente di Emergency Rossella Miccio ha confermato a Fanpage.it la partenza imminente: "Quello che ci preoccupa di più del decreto è quello che non c'è scritto nel testo, e cioè nella pratica l'assegnazione di porti molto distanti, con l'obiettivo di tenerci il più lontano possibile dal mare. È un problema economico per noi, senza dubbio, ma soprattutto è un problema dal punto di vista operativo, perché sappiamo benissimo che in nostra assenza non solo non ci sono testimoni, ma non c'è nessuno realmente interessato a salvare la vita dei migranti, che o muoiono in mare o vengono ricatturati dalla Guardia Costiera libica e riportati indietro nell'inferno delle carceri. Più di una persona ci ha detto a bordo, quando lavoravano anche con Open Arms, ‘piuttosto preferisco morire annegato'. Vogliamo riportare il focus sulle persone, ricordando l'importanza di parlare piuttosto dei push-factors, ribadendo che per noi questo decreto non è emendabile, deve essere abrogato".

"Attraverso le nostre operazioni di monitoraggio aereo arriveremo a testimoniare ancora di più pratiche di ritardi nei soccorsi, omissioni di soccorso e facilitazioni di respingimenti coatti verso la Libia. Riprenderemo a breve anche l'attività di soccorso in mare", ha detto a Fanpage.it Giorgia Linardi (Sea Watch), che in audizione alla Camera dei deputati questo pomeriggio ha aggiunto: "Questo nuovo decreto prosegue la criminalizzazione dell'obbligo di soccorso, istituzionalizza l'omissione di soccorso e la facilitazione del respingimento coatto delle persone in Libia. Un decreto contro le persone che fuggono dalla Libia. Per questo ne chiediamo l'abrogazione".

"A noi sembra che il messaggio importante che questo decreto vuole inviare è che senza questo strumento le Ong stavano operando al di fuori di una cornice legale. Ovviamente non è così. Noi, tutti insieme, dal 2015 abbiamo tratto in salvo oltre 230mila persone, un numero enorme. In questi anni siamo andati incontro però a oltre 20 procedimenti giudiziari, penali o amministrativi. Alla fine abbiamo sempre dimostrato che il nostro unico scopo era trarre in salvo delle persone in una rotta migratoria percorsa da circa 100mila persone ogni anno, in cui le vittime sono almeno 2mila. Eppure il primo provvedimento che il governo decide di fare su questo fronte è quello di impedire la nostra operatività, invece di mettere a punto nuovi strumenti, come poteva essere nel 2015 Mare Nostrum, che ha salvato 150mila persone", ha detto Valentina Brinis (Open Arms).

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