Oltre mezza Italia torna in zona gialla: quali Regioni cambieranno colore dal 26 aprile
Da lunedì 26 aprile più della metà delle Regioni italiane dovrebbe tornare in zona gialla. Il nuovo decreto Covid, approvato mercoledì in Consiglio dei ministri, prevede il ritorno della zona gialla. Che vuol dire riapertura per bar e ristoranti all’aperto (sia a pranzo che a cena), con il coprifuoco che resta alle 22. Riaprono anche cinema, teatri, musei e mostre, riparte lo sport da contatto all’aperto (come calcetto e basket) e saranno nuovamente consentiti gli spostamenti tra Regioni gialle. Il monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità di venerdì 23 aprile fornirà i nuovi dati settimanali e porterà alle ordinanze del ministro della Salute, Roberto Speranza, con il cambio di colore per molte Regioni: l’annuncio dei provvedimenti e dei conseguenti passaggi in zona gialla dal 26 aprile dovrebbe arrivare oggi nel tardo pomeriggio. Secondo quanto riferito negli scorsi giorni dalla ministra per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini, almeno 11 Regioni potrebbero passare in zona gialla. Mentre sperano di uscire dalla zona rossa Puglia e Valle d’Aosta, ipotesi più difficile per la Sardegna.
Quali sono le regole per passare in zona gialla
Per poter passare in zona gialla devono essere rispettati alcuni requisiti. In primis servono almeno due settimane di permanenza in zona arancione, come effettivamente avvenuto per tutte le Regioni attualmente in arancione tranne la Campania. Non solo, perché servirebbero almeno 14 giorni a un livello di rischio e a uno scenario inferiore rispetto a quello delle misure restrittive previste dalla zona arancione. Di fatto i parametri che più contano sono l’indice Rt (che deve essere sotto 1) e una classificazione complessiva di rischio – che tiene insieme i 21 parametri tra cui anche i ricoveri e le terapie intensive – bassa o moderata.
Quali Regioni potrebbero passare in zona gialla
A sperare nel passaggio in zona gialla sono: Abruzzo, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Lombardia, Marche, Piemonte, Bolzano, Trento, Umbria e Veneto. Queste Regioni sono quasi certe della zona gialla grazie a un indice Rt già sotto l’1 la scorsa settimana e a una classificazione di rischio che non supera il moderato. Alcuni presidenti hanno già annunciato la certezza della zona gialla, come fatto da Nicola Zingaretti per il Lazio, Stefano Bonaccini per l’Emilia-Romagna, ma come hanno lasciato intendere anche Luca Zaia per il Veneto e Attilio Fontana per la Lombardia.
Diversa la situazione del Molise, che aveva un rischio moderato ma con alta probabilità di progressione e che potrebbe avere un Rt in risalita. La zona gialla, quindi, non è ancora certa. Ha dati da zona gialla anche la Toscana, con un Rt in discesa rispetto al valore di 1 della scorsa settimana: proprio quei dati, però, non le danno la certezza della fascia di rischio minore. Possibilità concrete anche per la Liguria, stando a quanto affermato dal presidente Giovanni Toti, ma anche in questo caso dipenderà dalla valutazione sui dati della scorsa settimana, quando l’Rt era a 1. Più difficile il passaggio in giallo per la Basilicata, che comunque spera: la scorsa settimana l’indice Rt era sopra 1, ma i dati sembrano in miglioramento. Potrebbe, comunque, non bastare.
Quali Regioni saranno in zona arancione e rossa
Calabria, Campania e Sicilia quasi certamente resteranno in zona arancione. La Campania, peraltro, vede un Rt in risalita e un’incidenza vicina al valore di 250 casi ogni 100mila abitanti che fa scattare la zona rossa in automatico. Tra le Regioni attualmente in zona rossa, spera di tornare in arancione la Puglia, con un’incidenza scesa sotto il valore dei 250 casi, anche se di poco. In bilico c’è anche la Valle d’Aosta, che come la Puglia aveva un Rt inferiore a 1 la scorsa settimana e ora ha anche un’incidenza inferiore ai 250 casi ogni 100mila abitanti. Più complicato il passaggio in arancione per la Sardegna, Regione che faceva registrare un Rt sopra l’1,25 (e quindi da zona rossa) sette giorni fa: il miglioramento di questo indice e della situazione epidemiologica potrebbe non bastare, almeno per ora.