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Oltre 500 militari della Brigata Sassari in arrivo in Libano: perché si teme per gli italiani della missione Unifil

In Medio Oriente cresce la tensione e al confine tra Libano e Israele si teme per gli oltre 1200 soldati italiani impegnati nella missione Unifil, l’operazione lanciata dalle Nazioni Unite nel 2006. Nelle prossime ore sono attesi 500 militari della Brigata Sassari, che assumerà il comando del contingente.
A cura di Giulia Casula
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In Medio Oriente cresce la tensione dopo l'uccisione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh e i recenti scontri tra l'IDF e Hezbollah. Al confine tra Libano e Israele, divenuto ormai incandescente, si teme per gli oltre 1200 soldati italiani impegnati nella missione Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon), l'operazione lanciata dalle Nazioni Unite nel 2006.

A presidio della cosiddetta Blue Line, la linea cuscinetto che separa i due Paesi per 120 chilometri, sono in arrivo oltre 500 soldati della Brigata Sassari, che assumerà il comando del contingente italiano. L'operazione Leonte – così è stata soprannominata – sarà gestita dal generale Stefano Messina, a capo di 3.500 caschi blu, appartenenti al Comando Brigata, al 151°Reggimento fanteria, al Reggimento logistico, al 5° Reggimento genio guastatori di Macomer e al 45° Reparto Comando e Supporti Tattici "Reggio".

A seguito dell'intensificarsi del conflitto tra Tel Aviv e Hezbollah nel 2006, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu, con la risoluzione 1701 dell'11 agosto, aveva incaricato un corpo speciale di circa 10.000 unità con il mandato di creare una fascia di sicurezza al confine sud del Libano e prevenire la ripresa delle ostilità.

Negli anni i caschi blu non sono riusciti a impedire gli scontri e ora che il conflitto sembra essersi nuovamente riacceso, cresce la preoccupazione per le sorti dei militari italiani. In risposta al massacro di bambini drusi a Majdal Shams, nelle alture del Golan, un raid israeliano ha colpito Beirut, la roccaforte dell'organizzazione paramilitare libanese mentre a Gaza la situazione umanitaria è ormai al collasso.

"Ho parlato con i Ministri di Israele Israel Katz e del Libano Bou Habib per evitare una nuova guerra. Interrompere la spirale di violenza è possibile", ha detto oggi il ministro degli Esteri Antonio Tajani. "Il governo è impegnato per la pace e la stabilità, anche attraverso il contingente italiano Unifil per il quale ho chiesto protezione. Il rispetto della risoluzione Onu 1701 è cruciale".

"Col ministro Crosetto seguiamo anche la situazione delle missioni che coinvolgono contingenti italiani", ha aggiunto. "Sono due, uno Unifil tra il Libano meridionale e Israele e un altro contingente è a Beirut".

Il vicepremier, nel corso del question time di oggi alla Camera, è poi tornato a rassicurare sulle condizioni del contingente italiano in Libano. "Sono adesso in sicurezza ma continueremo con la Difesa a monitorare con la massima attenzione, anche in raccordo con le Nazioni Unite, e continueremo in questo contesto di incertezza e violenza a fare tutto il possibile per un cessate il fuoco e per aprire la strada alla pace a Gaza e in tutto il quadrante mediorientale" con la prospettiva di "due popoli e due stati".

Negli scorsi giorni il titolare della Difesa, invece, ha più volte insistito sull'importanza di intervenire e rivedere le regole d'ingaggio dell'Onu. "Da mesi sto chiedendo ai vertici delle Nazioni Unite di ragionare sui risultati raggiunti dalla missione e sulla necessità di cambiare le regole di ingaggio e ridefinire una strategia", ha dichiarato.

"La comunità internazionale tutta deve applicare la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza. È l’unico modo di prevenire una devastante guerra anche in Libano", ha aggiunto Crosetto.. "La risoluzione prevede una fascia tra la Linea blu ed il Fiume Litani, senza armi se non quelle di Unifil e delle Forze armate Libanesi. In questi anni così non è stato. Ora non si può più far finta di nulla", ha concluso.

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