Oltre 250mila euro per mandare in Albania 16 migranti. Le proteste: “È un affronto alla nostra Costituzione”
Sono arrivati all’alba di stamattina, tra i barchini dei pescatori e i resti dell’estate appena passata, i sedici uomini che da oggi saranno rinchiusi in una delle tre strutture per migrantiche l’Italia ha fatto costruire in Albania. I più fortunati da oggi staranno nel centro per richiedenti asilo, i meno nel Cpr o peggio nel penitenziario.
Il pattugliatore Libra, della Guardia Costiera italiana, si vedeva in lontananza già dalle sette del mattino ed è entrato in banchina verso le otto. Dopo tre giorni di navigazione, costati all’Italia oltre 250mila euro, la Libra arriva in Albania dando inizio ufficialmente all’accordo fortemente voluto da Giorgia Meloni e dal presidente albanese Edi Rama.
Un’attesa di circa due ore in banchina poi le prime quattro persone migranti scendono dalla nave, toccano il territorio albanese per qualche secondo, prima di entrare nel centro di accoglienza del porto si Shengjin, sotto giurisdizione italiana.
A gruppi di quattro scendono lentamente tutti i dieci uomini egiziani e i sei bengalini, una busta in mano e il sogno dell’Europa nel cuore. Lo stesso sogno che secondo alcuni albanesi oggi "finisce qui". Così scrivono infatti gli attivisti e le attiviste del collettivo Mesdhe, nello striscione che poco dopo lo sbarco arriva al porto. Fioralba Duma è con loro, una giovane donna italo-albanese (così si definisce nonostante non abbia la cittadinanza italiana) che parla ai microfoni di Fanpage.it: “Da mesi stiamo protestando, questo accordo è un affronto alla Costituzione albanese, il fatto che questi territori vengano considerati territorio extraterritoriale italiano è un pericolo per la nostra democrazia ma anche una zona grigia dal punto di vista giuridico e legale, è un accordo che viola totalmente i diritti umani”.
Fioralba Duma è arrivata in Italia nel 2001, con i genitori che decisero di emigrare dall’Albania vent’anni fa. “Non ho mai ottenuto la cittadinanza italiana – ci racconta – nonostante abbia vissuto la maggior parte della mia vita nel vostro paese”.
Intanto la polizia albanese si posiziona tutta intorno al porto, dieci agenti per un paio di manifestanti. “Per quanto riguarda la popolazione locale c’è una totale mancanza di trasparenza e di consultazione pubblica. Questo è un atto di neocolonialismo calato dall’alto, che serve solo a rafforzare il ruolo propagandistico di Rama in tutta Europa, ma anche per fare propaganda politica per Meloni”, continua l’attivista, “in Albania la libertà di espressione e di stampa è in profonda crisi e la situazione è precipitata dopo l’accordo. Una nostra compagna in seguito alle proteste contro il patto tra Rama e Meloni ha assistito al licenziamento della madre, quando la vostra presidente del consiglio è stata qui abbiamo fatto una protesta simbolica e i nostri compagni sono stati detenuti per ore in centrale. Gli albanesi sono terrorizzati a parlare di questo accordo perché la repressione è fortissima”.
La giovane si volta, guarda il pattugliatore alle sue spalle e conclude: “L’Albania è un paese ospitale, è la casa dell’ospite, ricevere dei migranti sotto detenzione per noi è una vergogna. Siamo un popolo di immigrati, abbiamo vissuto l’esperienza delle migrazioni, e le leggi italiane sono state fatte anche per contrastare la nostra di immigrazione. Quest’Europa è morta dal punto vista della democrazia e dei diritti, siamo completamente disillusi”.
In piedi di fronte alla Libra, ancora attraccata al porto di Shengjin, si consuma così il paradosso di quest’accordo: la richiesta a chi non abbiamo voluto nel nostro paese ieri, di detenere in casa propria chi non vogliamo oggi.