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Oltre 200 giuristi bocciano il decreto Sicurezza: “È pericoloso, viola la Costituzione”

Più di 200 giuspubblicisti di tutte le università italiane hanno lanciato l’allarme sul decreto Sicurezza del governo Meloni. Il pacchetto di norme “viola la Costituzione e comprime numerosi diritti fondamentali”, si legge nell’appello pubblico diffuso dai giornali.
A cura di Giulia Casula
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Il decreto Sicurezza "viola le prerogative costituzionali garantite al Parlamento, punta a reprimere il dissenso e comprime alcuni diritti fondamentali , tassello fondamentale in qualunque democrazia". Lo scrivono 237 giuspubblicisti di tutte le Università italiane che hanno lanciato un appello pubblico contro il provvedimento varato dal governo Meloni.

Sin dai suoi primi passi, il dl Sicurezza è stato al centro di critiche e polemiche. Inizialmente redatto nella forma di un disegno di legge, il testo è stato poi trasformato in un decreto legge dall'esecutivo per superare l'empasse del Parlamento ed essere approvato subito. Le norme, che riguardano diversi ambiti (dal carcere alle manifestazioni, fino alla cannabis light e ai servizi), sono già entrate in vigore, ma il Parlamento ha ancora poco meno di due mesi di tempo per convertire il decreto in legge.

Tuttavia, i giuristi hanno evidenziato l'incostituzionalità del provvedimento e invitato gli organi di garanzia a tenere alta l'attenzione. Per i firmatari, "si tratta di un disegno estremamente pericoloso" ed è motivo "di ulteriore preoccupazione il fatto che questo disegno si realizzi attraverso un irragionevole aumento qualitativo e quantitativo delle sanzioni penali che – in quanto tali – sconsiglierebbero il ricorso alla decretazione d'urgenza", che è stata utilizzata per adottarlo. "Numerosi sono i principi costituzionali che appaiono compromessi", hanno dichiarato i giuspubblicisti che citano "il principio di uguaglianza che non consente in alcun modo di equiparare i centri di trattenimento per stranieri extracomunitari al carcere o la resistenza passiva a condotte attive di rivolta".

E ancora sarebbe in contrasto con l'articolo 13 della Costituzione e la tutela della libertà personale "il cosiddetto daspo urbano disposto dal questore che equipara condannati e denunciati; non meno preoccupante è la previsione con cui si autorizza la polizia a portare armi, anche diverse da quelle di ordinanza e fuori dal servizio". Una serie di disposizioni del decreto inoltre, "aggravano gli elementi di repressione penale degli illeciti addebitati alla responsabilità di singoli o di gruppi solo per il fatto che l'illecito avvenga "in occasione" di pubbliche manifestazioni, disposizione che per la sua vaghezza contrasta con il principio di tipicità delle condotte penalmente rilevanti, violando per giunta la specifica protezione costituzionale accordata alla libertà di riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico", hanno rilevato . "Torsione securitaria, ordine pubblico, limitazione del dissenso, accento posto prevalentemente sull'autorità e sulla repressione piuttosto che sulla libertà e sui diritti rappresentano le costanti di questi interventi".

Non si tratta del primo grido d'allarme da parte del mondo giuridico nei confronti del decreto Sicurezza. Qualche settimana fa l'Associazione nazionale magistrati aveva riscontrato "profili di incostituzionalità" e criticato alcune delle misure previste. Oggi i giuristi sono tornati a denunciarne l'illegittimità.

"Il "Decreto Sicurezza" viola la nostra Costituzione. Non c'era né la necessità né l'urgenza di trasformare questo disegno di legge in un decreto, l'ennesimo dl di un governo che continua impunemente a calpestare la democrazia parlamentare e le prerogative delle Camere", ha commentato il segretario di +Europa, Riccardo Magi. "Una forzatura giustificata solo dall'urgenza di Giorgia Meloni di comprimere diritti e libertà dei cittadini. Come +Europa lo avevamo detto fin dall'inizio: questo provvedimento è incostituzionale. Abbiamo presentato una pregiudiziale di costituzionalità in sede di conversione del decreto, ovviamente bocciata da questa maggioranza. Non ci fermeremo e siamo pronti a ogni azione nonviolenta, dai ricorsi al referendum abrogativo, per bloccare la torsione autoritaria che questo provvedimento imprime".

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