Il governo Meloni sfida i giudici sui migranti in Albania e prepara un nuovo decreto, oggi il Cdm
Non si fermerà a breve lo scontro tra il governo Meloni e la magistratura, per quanto riguarda la gestione dei centri migranti in Albania. Ieri è intervenuto persino il presidente della Repubblica, anche se in modo indiretto, richiamando le istituzioni a non "limitarsi ad affermare la propria visione delle cose, approfondendo solchi e contrapposizioni". Ma nel Consiglio dei ministri di oggi, alle 18, è attesa un'altra mossa che le contrapposizioni, probabilmente, le aumenterà: un decreto per aggirare il divieto dei giudici. Negli ultimi giorni, peraltro, le tensioni sono cresciute: la presidente Meloni ha pubblicato alcuni passaggi della mail di un magistrato che la descriveva come "pericolosa", mentre anche i vertici della Conferenza episcopale italiana hanno preso posizione.
Perché il governo si scontra con la magistratura sui centri in Albania
Il caso è scoppiato venerdì, quando il tribunale di Roma con una serie di ordinanze non ha convalidato il trattenimento delle dodici persone migranti che erano state portate in Albania, nei due centri (uno per la prima accoglienza, uno appunto per il trattenimento) costruiti a spese italiane su iniziativa del governo Meloni. Così, dopo pochi giorni di permanenza sul suolo albanese, le persone in questione sono state portate in Italia.
Dal governo Meloni sono arrivati duri attacchi alla magistratura, accusata di essere politicizzata e di voler fare opposizione all'esecutivo. Per quanto, va ricordato, i giudici abbiano seguito una sentenza della Corte di giustizia europea, che poche settimane fa aveva ricordato che un Paese può essere considerato sicuro solo se è sicuro per tutte le minoranze e in tutte le parti del suo territorio.
Quindi Bangladesh e Egitto, da cui provenivano i dodici trasportati in Albania, non sono considerabili sicuri. Perciò, sottoporli alle procedure ‘rapide' alla frontiera, come sarebbe avvenuto nei centri albanesi, sarebbe stato illegale. A questo il governo proverà a porre rimedio oggi con un nuovo decreto, stando alle anticipazioni.
La proposta di La Russa: "Cambiare la Costituzione per chiarire limiti dei giudici"
Ieri, nel frattempo, la premier ha pubblicato lo stralcio di una mail di un magistrato che ha sollevato durissime accuse di "eversione" dal centrodestra, e anche l'annuncio di un'interrogazione parlamentare. Nel testo si leggeva: "Meloni oggi è un pericolo più forte di Berlusconi", e anche "dobbiamo porre rimedio".
In realtà, leggendo passaggi più ampi della mail – che era stata inoltrata alla mailing list di Magistratura democratica, la corrente progressista – si poteva osservare che il giudice in questione, Marco Patarnello, sostituto procuratore generale della Cassazione, aveva escluso esplicitamente di agire ‘politicamente': "Non dobbiamo fare opposizione politica, ma difendere la giurisdizione e il diritto dei cittadini a un giudice indipendente". E che quando parlava di "porre rimedio", si riferiva alle "divisioni interne alla magistratura".
Questo non è bastato, comunque, a far rientrare la polemica. Tanto che oggi il presidente del Senato Ignazio La Russa, parlando a Repubblica, ha suggerito che "potrebbe essere utile una riforma" della Costituzione, "che faccia maggiore chiarezza nel rapporto tra politica e magistratura", ovvero che limiti in un modo più netto di quello attuale le prerogative dei giudici e quelle del governo e del Parlamento.
I vescovi: "Quanti soldi buttati in Albania, migranti non sono pacchi"
Sulla questione dell'Albania sono intervenuti anche i vescovi. Il vicepresidente della Conferenza episcopale italiana, Francesco Savino, ha detto all'Ansa: "I migranti sono fratelli e sorelle con la loro dignità, non pacchi da sbattere da una parte all’altra". Affrettandosi a sottolineare che si tratta di un intervento da pastore, e "non c'è una questione di appartenenza politica".
Savino ha insistito: "Chiedo di stare attenti allo scontro tra poteri. Sono convinto che quando i poteri non si rispettano reciprocamente il cuore della democrazia è a rischio". E ha ripercorso le leggi che hanno toccato il tema dell'immigrazione: "Dalla Bossi-Fini al decreto Cutro, fino alla scelta di esternalizzare i migranti in Albania, il filo rosso è considerare l'immigrato un criminale". Sulla costruzione dei centri in territorio albanese, il vescovo non solo ha ricordato che "la a Cei ha già manifestato la sua perplessità", ma ha aggiunto: "Si chiedono tanti sacrifici agli italiani e poi quanti soldi sono stati buttati".
Cosa ci sarà nel nuovo decreto del governo Meloni
In questa situazione, il governo si riunirà oggi per tirare dritto. L'intenzione, come detto, è quella di varare un nuovo decreto per aggiornare la lista dei Paesi sicuri. Oggi sono 22 gli Stati che l'Italia considera sicuri (contro, ad esempio, i 9 della Francia e della Germania). Molti sono stati aggiunti dall'esecutivo Meloni negli ultimi due anni, anche se già in precedenza la lista era piuttosto lunga.
L'elenco attuale potrebbe anche non essere allungato, ma semplicemente ‘ricopiato' nel decreto. Finora, infatti, i Paesi sicuri erano stabiliti con un decreto interministeriale, che ha un rango più basso delle leggi. Invece il decreto-legge atteso oggi avrebbe il valore di una vera e propria legge fin da subito. Tuttavia, bisogna ricordare che anche le leggi ordinarie sono sottoposte alla Costituzione e al diritto europeo.
Si parla anche di altri interventi, più tecnici. In primo luogo, si potrebbero stabilire dei parametri per decidere se un Paese è sicuro o meno, per limitare la discrezionalità dei giudici. In più, c'è l'ipotesi di introdurre la possibilità di fare appello contro le decisioni dei tribunali che non convalidano i trattenimenti, come avvenuto con i migranti in Albania.
Oggi l'unico ricorso possibile è alla Cassazione, che quindi non valuta nel merito ma solo dal punto di vista formale. Introducendo un appello, invece, si creerebbe la possibilità di una seconda valutazione da parte di giudici diversi. E, soprattutto, in attesa del ricorso si potrebbero bloccare le ordinanze che non convalidano i trattenimenti. Ma resta da vedere se i tecnici giuridici del governo valuteranno che la norma si possa fare senza essere incostituzionale.