Cento anni fa Giacomo Matteotti veniva rapito mentre andava alla Camera a preparare il discorso che avrebbe dovuto tenere qualche giorno dopo. Un discorso che si annunciava un durissimo attacco a Benito Mussolini e al fascismo, con al centro la spesa pubblica e le scelte in materia economica. Secondo molti Matteotti avrebbe denunciato il malaffare che circondava il nascente regime. Il 30 maggio era intervenuto pronunciando il suo famoso discorso che denunciava i brogli elettorali elettorali e le violenze con cui il "listone fascista" si era imposto alle elezioni.
Gli squadristi guidati da Amerigo Dumini hanno studiato i movimenti di Matteotti per giorni. Conoscono abitudini e percorsi del leader socialista. Quando arriva sul Lungotevere lo affiancano e lo caricano su un'auto. Matteotti lotta, si divincola, rompe con un calcio il vetro del finestrino e riesce a lanciare fuori il tesserino da deputato. I suoi rapitori reagiscono e lo accoltellano. Da quel momento scompare nel nulla: sarà ritrovato solo alla metà di agosto in una zona isolata nel comune di Riano Flaminio a Nord di Roma, il corpo spezzato e piegato per farlo entrare a forza in una fossa profonda pochi centimentri.
Oggi, nel giorno del centenario dell'assassinio di Matteotti, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è recato sul Lungotevere Arnaldo Da Brescia per depositare una corona di fiori. Dopo la commemorazione del discorso in parlamento del 30 maggio, oggi l'anniversario è finito un po' in secondo piano. La destra di governo, dopo la celebrazione in parlamento dove la premier Giorgia Meloni non ha preso parola, rilasciando però una breve nota alla stampa ("Oggi siamo qui a commemorare un uomo libero e coraggioso ucciso da squadristi fascisti per le sue idee"), si è guardata bene da dire una sola frase finora, visto come la copertura mediatica delle elezioni europee ha oscurato l'anniversario.
Anche a sinistra non sono tante le manifestazioni d'interesse per il centenario dell'assassinio, che rappresenta nei fatti l'inizio del regime fascista con la fine dell'illusione del biennio cosiddetto "legalitario". Tra gli eletti all'europarlamento solo Cecilia Strada lo ha citato: "Oggi è l'anniversario del rapimento di Giacomo Matteotti. Il suo amore per la verità contro il fascismo e la libertà sono un autentico esempio per chi come me si avvia adesso a compiere il proprio dovere di eurodeputato".
E in effetti la coincidenza è abbastanza impressionante: nel centenario dell'assassinio di Matteotti, l'Europa si scopre più a destra che mai. Non solo il successo di Fratelli d'Italia e di Giorgia Meloni, ma il trionfo del Rassemblement National in Francia e il risultato di Alternative für Deutschland in Germania dove è secondo partito.
Cosa ha da dirci allora Giacomo Matteotti? Se interroghiamo il suo monumento o le targhe commemorative non molto. Se invece faremo lo sforzo di raccontare e scoprire la sua vita molte cose, se non ci accontentiam del santino e delle frasi di circostanza per ricordarlo.
Molte cose ha da dirci il Matteotti inflessibile oppositore della guerra; il consigliere comunale e il sindaco che si batteva per non sprecare i denari pubblici per investirli nella scuola e nel migliorare i servizi per i contadini; l'infaticabile organizzatore dei contadini e dei braccianti del poverissimo Polesine, che credeva nell'emancipazione della classe lavoratrice. E ovviamente il politico che per primo e con chiarezza capì la natura del fascismo, che denunciò implacabilmente le violenze, dicendo semplicemente le cose come stavano, senza farsi illusione di una possibile "normalizzazione".
Rigore, studio, passione, politica come mezzo per conquistare l'emancipazione degli ultimi. Una lezione da mandare a memoria, oggi più che mai.