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Dpcm 18 ottobre, i sindaci dichiarano guerra al governo: “Su chiusure piazze norme inapplicabili”

I sindaci criticano aspramente il governo per l’ultimo dpcm, nel quale si prevede la possibilità di chiudere piazze e strade della movida. Secondo l’esecutivo la responsabilità di chiudere spetterebbe ai primi cittadini, pur avendo eliminato questo riferimento dal provvedimento nella sua versione definitiva. Dal Viminale si spiega che il compito spetterà ai sindaci con il supporto dei prefetti.
A cura di Stefano Rizzuti
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Guerra aperta tra i sindaci e il governo dopo il nuovo dpcm, firmato dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, sulla parte riguardante le possibili chiusure di strade e piazze come misura anti-movida. Inizialmente questa responsabilità veniva affidati ai sindaci, come annunciato anche in conferenza stampa dallo stesso Conte. Ma dopo le proteste dei primi cittadini il riferimento alla parola sindaci è sparito dalla versione definitiva del dpcm. Pur avendo tolto il riferimento linguistico, però, il problema rimane. E non è chiaro a chi sia affidata la responsabilità di stabilire le chiusure. Di norma è un compito che dovrebbe spettare ai sindaci, ma il governo sembra intenzionato – così come gli stessi primi cittadini – a optare per un intervento condiviso coi prefetti. Sulla base del dpcm, quindi, i sindaci possono chiudere piazze e strade delle loro città dopo le 21.

I sindaci non ci stanno e parlano di scarico di responsabilità. Il primo a farlo è il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, che ritiene questa misure “inapplicabile”, come già segnalato durante gli incontri avuti con il governo. Il problema principale, per Decaro, riguarda il fatto che non “è previsto” che la polizia locale “si occupi di Covid”. E da qui nascono le sue perplessità e la richiesta al prefetto per chiedere “chi dovrà far rispettare l’ordine pubblico”.

Protesta anche la sindaca di Torino, Chiara Appendino, secondo cui la chiusura di piazze e strade “deve essere concertata da tute le istituzioni territoriali, non può in alcun modo essere in capo alle singole amministrazioni”. Ancora più netto Giorgio Gori, primo cittadini di Bergamo: “Nel testo definitivo è stato tolto il riferimento esplicito ai sindaci che c’era nella bozza. Ma non si dice a chi competerebbero quelle misure: se ai sindaci, ai prefetti, ai presidenti di Regione. Né con quali mezzi si possa attuare”. E critica ancora: “Per chiudere una piazza con cinque vie d’accesso servono almeno 10 agenti. Chi li ha? Poi bisogna consentire l’accesso agli esercizi commerciali e alle abitazioni. Come si controlla? E se la gente si sposta e si assembra nella via accanto? Inapplicabile”.

Alle proteste si aggiunge Emilio Del Bono, sindaco di Brescia, che parla di disposizione “inapplicabile e inattuabile”. Mentre Federico Pizzarotti, sindaco di Parma, mette in luce un altro nodo, quello delle risorse che servirebbero per far rispettare eventuali chiusure. A spiegare cosa succederà è il Viminale, con il sottosegretario all’Interno con delega agli Enti locali, Achille Variati: “Col nuovo dpcm lo Stato non abbandona i Comuni né li investe di responsabilità improprie: i primi cittadini, che sono autorità sanitarie locali, saranno ovviamente supportati in tutto dai prefetti, negli appositi Comitati provinciali di ordine pubblico. Ed è proprio con i prefetti e nei Comitati Provinciali che si potranno valutare casi particolarmente delicati in cui risultasse necessario, opportuno e possibile chiudere al pubblico strade o piazze”.

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