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Nuova vita di Giulia Schiff in Ucraina: “Non combatto più, con mio marito porto aiuti a soldati e orfani”

In un’intervista a Fanpage.it Giulia Schiff racconta la sua nuova vita in Ucraina, dove ha fondato un’associazione di beneficenza con il marito Victor: “Portiamo gli aiuti umanitari alle persone in difficoltà, come anziani e disabili, nelle zone più calde”.
A cura di Annalisa Cangemi
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La 24enne Giulia Schiff, ex allieva pilota dell'Aeronautica militare, è ritornata in Italia, ma solo per pochi giorni. Da mesi vive infatti in Ucraina, dove ha combattuto al fianco delle truppe di Kiev, con il nome di battaglia Kida. Pochi giorni fa ha presenziato in tribunale a Latina all'udienza del processo a carico di otto sergenti dell'Aeronautica, accusati di aver commesso atti di nonnismo contro di lei, durante il rito di iniziazione per il suo battesimo del volo. In questo procedimento penale, a seguito dei fatti avvenuti nel 2018, Giulia Schiff si è costituita parte civile.

Non è stato facile per lei rivivere quei momenti in nell'aula del tribunale, dove è stato proiettato anche il video di quel rito di passaggio, che qualcuno ha considerato semplicemente un episodio goliardico, come ne avvengono tanti nell'Arma Azzurra: dopo la denuncia delle violenze e degli atti di mobbing che ha subito è stata espulsa dall’Accademia aeronautica, e ha dovuto mettere da parte il sogno di diventare pilota.

Giulia Schiff però guarda avanti, e per il futuro ha molti progetti, che intende portare avanti con il suo Victor, un 29enne israelo-ucraino che ha conosciuto lo scorso maggio al fronte e che ha sposato. Domani intanto sarà nella sua città, a Mira (Venezia), per partecipare – in piazza Nove Martiri dalle 15 alle 17 – a una manifestazione per la pace in Ucraina, Paese che l'ha adottata e di cui si è innamorata.

Prima si è arruolata come volontaria nella Legione Internazionale dell'intelligence ucraina, poi nel team Masada con l'esercito di Kiev, dove ha conosciuto il suo compagno Victor. A fine agosto suo marito è stato ferito in missione, a causa di un'esplosione, e lei si è unita alle Forze Speciali della Legione Internazionale. "Dopo un periodo di riposo in Italia a novembre ho chiuso un contratto perché Victor da solo non ce la faceva, aveva bisogno di me. Lui adesso è direttore di una clinica e io mi occupo di un'organizzazione e fondazione di beneficenza che abbiamo fondato insieme. Facciamo missioni umanitarie al fronte: raccogliamo e spediamo aiuti umanitari, sia per i soldati, amici nostri e no, impegnati principalmente in Donbass, sia nella zona di Kharkiv. Ma portiamo anche gli aiuti umanitari alle persone in difficoltà, come anziani e disabili, che non si possono permettere i beni di prima necessità", ha raccontato Giulia Schiff a Fanpage.it.

Cosa ti ha spinto a partire per l'Ucraina?

Il bisogno di avere uno scopo. Io ho deciso di essere militare e mi ero innamorata di quel tipo di vita quando ero in Aeronautica, non avendo potuto coronare quel sogno quando è scoppiata al guerra in Ucraina ho visto la possibilità di ritornare sui miei passi, anche se non più come pilota, per poter essere al servizio del prossimo.

Kida era il tuo nome di battaglia, da dove viene?

Quel nome lo ha scelto un mio compagno di team nella Legione Internazionale dell'intelligence. Un nome che proviene dal mondo ebraico, è un segno di rispetto che si usa prima degli incontri di combattimento.

Sei un militare, ti sei preparata per questo. Ma hai avuto momenti di crisi in cui hai pensato di tornare indietro?

Non ho mai avuto momenti di crisi, mai pensato di ritirarmi, di tornare indietro. Mai, nemmeno un secondo. Ci sono stati però tanti momenti difficili. Più di quelli in cui sono stata in pericolo io, i momenti più duri per me sono stati quando il mio compagno è stato ferito durante l'ultima missione. È stato durante il periodo della controffensiva di Kharkiv, c'era tanto bisogno di personale al fronte, non sono riuscita molto a stargli vicino, lui era il team leader del nostro team, mi sono dovuta unire ad un altro gruppo per continuare ad aiutare. Però quando mi ha detto che non ce la faceva da solo ho dovuto rompere il contratto per potergli stare vicino, come civile. Entrambi abbiamo iniziato questo percorso come volontari.

Mesi fa raccontavi che tua madre ti chiedeva ogni giorno di tornare a casa, mentre tuo padre è orgoglioso della tua scelta. Qual è oggi il tuo rapporto con loro?

Mia mamma non era d'accordo con la mia scelta. Diceva che quella non era una guerra mia, ed era preoccupata per la mia incolumità. Con lei comunque ho sempre avuto un rapporto molto distaccato, i miei sono divorziati, io vivevo a casa con mio padre. Anche lui era molto preoccupato, mi dice sempre che per giorni invece di mangiare cibo mangiava Maalox. A maggio era venuta anche a mancare sua moglie, io sono tornata per i funerali in gran segreto, mi avevano dato un permesso di una settimana. Lui non era contento che tornassi al fronte, mi diceva ‘ho appena perso lei non voglio perdere anche te'. Mio padre vive all'estero, fa il pilota istruttore, ma ci sentiamo quasi tutti i giorni.

Poi in autunno hai smesso di combattere. Cosa è successo?

Dopo le ferie in Italia sono rientrata, Victor mi ha chiesto di stargli accanto, così ho chiuso il contratto.

Insieme a tuo marito hai deciso di fondare un’organizzazione di beneficenza. Ci racconti questo progetto?

L'organizzazione si chiama Cloud Walker. Il nostro obiettivo è mandare aiuti umanitari al fronte, ma anche ai più bisognosi e ai civili nei punti più caldi.

C’è anche l’idea di aprire un orfanotrofio, come mai?

La gioia più grande che ho provato in Ucraina è stata quella dei bambini che quando ci vedevano in divisa correvano a salutarci. Una volta un bambino è venuto a regalarmi delle caramelle. Ci vedono come eroi lì, non è come l'Italia, dove fra un po' le persone per strada ci sputano sulla divisa. L'idea del centro di riabilitazione per i legionari viene dal fatto che quando siamo rimasti feriti, o quando i nostri amici sono rimasti feriti, mi sono accorta che manca un po' la concezione degli ospedali occidentali, magari non c'era nessuno che parlava inglese oppure non ci permettevano di andare a trovare i nostri colleghi. Stiamo facendo un ospedale mobile su un grosso van, con una parte anche di primo soccorso.

Il processo a Latina va avanti, per le violenze che hai subito al battesimo del volo presso il 70esimo Stormo di Latina. Speri ancora di riuscire a ottenere giustizia? Cosa è stato deciso in udienza?

Io esigo giustizia perché mi hanno rovinato anni di vita e condizionato tutta la mia esistenza. Ho pagato tantissimo le conseguenze di quel giorno del 2018. È giusto che qualcuno paghi, i responsabili o la catena gerarchica. All'udienza non è stato deciso niente, perché è stata la prima, hanno sentito me come testimone, e verranno sentite poi le altre parti il 16 ottobre. Sono stata molto contenta di come è andata l'udienza, perché i video sono stati sviscerati ampiamente. Però la controparte cerca di screditarmi facendo leva sulla mia attendibilità a seguito della mia espulsione: ma stanno cambiando le carte in tavola, perché l'argomento trattato è il mio battesimo del volo, non l'espulsione. Questo è estremamente offensivo per me come donna, come vittima. La mia attendibilità è dimostrata dalle urla in cui io dicevo di smetterla di frustarmi e dal fatto che io mi dimenavo per cercare di liberarmi. Tutto quello che è successo dopo ai fini del giudizio che riguarda quel rito di iniziazione è ininfluente. Ricordo che è stata l'Aeronautica stessa a denunciare il battesimo del volo, prima che lo facessi io ufficialmente. Si stanno arrampicando sugli specchi.

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