Noury (Amnesty) a Fanpage: “No ai doppi standard, Netanyahu è un criminale di guerra come Hamas”
Per Riccardo Noury, portavoce italiano di Amnesty International, la richiesta di mandato d'arresto internazionale nei confronti di Netanyahu, Gallant e dei leader di Hamas è ineccepibile. "La giustizia deve essere terza e imparziale, non politica – dice a Fanpage – e quindi ciò che va condannato sono i crimini di guerra, non importa chi li abbia commessi". Da sempre Amnesty guarda con favore al ruolo della Corte Penale Internazionale e ha spesso sollecitato tutti gli Stati a rafforzare quello che considera "l’unico strumento di giustizia a disposizione di milioni di vittime di crimini di guerra". La pronuncia della Corte è invece stata discussa dal presidente americano Joe Biden e dal Governo italiano ("È inaccettabile che si mettano sullo stesso piano Hamas e Israele", ha detto Tajani). Secondo Noury, non accettare la decisione della Corte sarebbe "un problema di reputazione gigantesco". E l'Italia, avendo ospitato l'atto fondativo della Corte, lo Statuto di Roma, "ha un dovere morale in più di appoggiarla".
Amnesty International ha più volte lanciato l'allarme sulla crisi umanitaria in corso a Gaza. La decisione della procura della Corte Penale Internazionale vi soddisfa?
Sono soddisfatto perché l'indagine compiuta dal Procuratore Khan è molto accurata. Fa riferimento a fatti incontestabili che riguardano quasi un'ammissione di colpevolezza degli stessi autori. Esistono infatti moltissime prove e video realizzati proprio da chi ha compiuto i crimini di guerra, che rendono ineccepibile la richiesta di mandato d'arresto. Ora mi auguro che la richiesta venga convalidata. L'importanza della decisione del Procuratore sta nel fatto che finalmente non si fa nessuna gerarchia dei crimini di guerra. Si guarda ai fatti e non alle persone: non è possibile indignarsi se un crimine viene compiuto da un terrorista e poi però voltarsi dall'altra parte quando a commetterli è un Capo di Stato o un esercito nazionale.
Secondo lei questa decisione può cambiare davvero lo scenario della guerra?
Innanzitutto è un segnale: nessuno è al riparo dalla giustizia. È ovvio poi che la sua efficacia dipende dalla collaborazione dei 124 Stati che riconoscono l'autorità della Corte Penale Internazionale. La Corte non ha delle proprie forze di polizia che possano arrestare le persone che condanna. Spetta agli Stati fermare e far processare coloro che sono oggetto di un mandato d'arresto internazionale se capitano nel loro territorio. Non farlo sarebbe un gigantesco problema di reputazione. Se passasse l'idea di Joe Biden per cui la giustizia serve a punire i nemici ma deve salvare gli amici, si tratterebbe di un'apertura all'idea di una giustizia politica, che non va bene. La giustizia invece deve essere terza e imparziale e basarsi esclusivamente sulla realtà.
L'Italia è uno degli Stati parte della Corte penale internazionale. Dal governo però non è arrivato nessun appoggio alla pronuncia del Procuratore Khan e anzi Tajani ha parlato di un"assurdo parallelismo" tra Israele e Hamas.
Questa è una concezione distorta del ruolo della Corte Penale Internazionale. La Corte non fa nessun parallelismo, semplicemente guarda ai fatti e a chi li ha commessi. Aggiungo poi che l'atto di nascita della Corte Penale Internazionale è lo Statuto di Roma. Noi siamo il Paese che ha ospitato e visto nascere questo organismo così importante e quindi ritengo che abbiamo un dovere morale in più nel dare seguito alle sue pronunce. Le dichiarazioni di chi ha dimostrato di rispettare il lavoro della Corte, come hanno fatto i governi di Francia e Germania, sono importanti. Mi auguro che su questo tema la comunità internazionale non si divida. Plaudire al lavoro della Corte quando impone un mandato d'arresto per Putin e invece condannarlo quando fa lo stesso per Netanyahu integra un doppio standard che non può essere giustificato. Aggiungo che il Procuratore Khan ha dichiarato che la sua indagine andrà avanti. Ci aspettiamo quindi altre pronunce e soprattutto che si allarghi la platea delle persone per cui verrà richiesto il mandato d'arresto.
Il blocco dei finanziamenti all'Unrwa (l'Agenzia dell'Onu per i rifugiati palestinesi, ndr) imposto dall'Italia è un ostacolo ulteriore alla risoluzione della crisi umanitaria a Gaza?
So che ci sono alcune voci sul fatto che il Governo ci stia ripensando. Di certo sarebbe fondamentale sbloccarli. I palestinesi sono già privati di molti diritti, non possono essere privati anche degli aiuti. Capisco la cautela necessaria imposta dalla presunta complicità, peraltro ancora da chiarire, di alcuni membri dell'Unrwa nell'attacco del 7 ottobre. Questo però non può voler dire bloccare gli aiuti a un'organizzazione che in Palestina fa un lavoro egregio che dà assistenza a 6 milioni di persone.
Cosa pensa di come il Governo italiano sta gestendo le proteste di studenti e cittadini che solidarizzano con la questione palestinese, accusati spesso di favorire l'antisemitismo?
Questa è una narrazione fallace. Un conto è condannare l'antisemitismo, che non è certo iniziato il 7 ottobre, ma è anzi un fenomeno che ciclicamente riemerge dalle fogne. Anzi, è persino in aumento e questo è molto preoccupante. Ma chi sovrappone l'antisemitismo e le azioni di Hamas con la solidarietà al popolo palestinese compie un'esperienza criminalizzante. Chiedere un cessate il fuoco a Gaza e contestare l'operato della comunità internazionale è un esercizio di critica legittimo e che va preservato. Così come è necessario battersi per la liberazione degli ostaggi nelle mani di Hamas, come che Amnesty ha sempre fatto. Ma mischiare quel mostro della Storia che è l'antisemitismo con legittime richieste di pace significa avvelenare i pozzi.