Noury a Fanpage.it: “Stop al 41 bis per Cospito, il governo decida sulla base dei diritti umani”
La vicenda di Alfredo Cospito arriverà questa sera in Consiglio dei ministri, dopo giorni di polemiche sempre più accese e di alta tensione per una serie di episodi di violenza avvenuti a Roma e non solo. Diversi esponenti del governo hanno preannunciato una linea dura, ovvero nessun passo indietro sul detenuto che da oltre cento giorni si trova in sciopero della fame al 41 bis. Ma così facendo vengono messi in discussione i suoi diritti. Mentre arriva la notizia del trasferimento del detenuto nel carcere di Opera a Milano, Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International, chiede – in un'intervista a Fanpage.it – un intervento immediato del governo per ripristinare i diritti umani di Cospito.
Questa sera si riunirà un Consiglio dei ministri e si parlerà del caso Cospito, con delle informative da parte dei ministri degli Esteri, dell'Interno e della Giustizia. Cosa chiedete al governo anche alla luce del trasferimento nel carcere di Milano?
Speriamo di avere a breve conferma e ulteriori dettagli sul trasferimento di Cospito a Milano. Era evidente che a Sassari non ci fossero le condizioni per cui, se necessario, potesse ricevere interventi d'urgenza e di rianimazione. In quel carcere non era possibile garantirgli un'adeguata assistenza sanitaria. Qui non c'è un braccio di ferro tra chi minaccia e chi deve resistere, qui ci sono un diritto e soprattutto una vita in gioco. Il Consiglio dei ministri deve affrontare la questione sulla base dei diritti umani.
Il diritto alla salute di Cospito è stato violato in questi mesi? Cosa cambierà con il trasferimento a Milano?
Le condizioni in cui Cospito si trovava a Sassari, le assenze di contatti umani significativi, l'isolamento così massiccio, erano destinate a produrre conseguenze sulla salute fisica e psicologica e a peggiorare lo stato dovuto allo sciopero della fame. Vorrei ribadire una regola semplice: garantire il suo diritto alla salute è una responsabilità delle istituzioni che hanno Cospito in custodia. Se il trasferimento a Opera verrà confermato e se lì, come pare, ci sono strutture e protocolli in grado di monitorare adeguatamente le sue condizioni di salute, è un fatto nuovo. Il tutto dovrà essere verificato nelle prossime ore.
Dal governo arrivano segnali chiari però: si va da "non ci faremo intimidire" a "nessun passo indietro". Si citano gli episodi di violenza e le minacce degli ultimi giorni, e anche la presidente Meloni ha confermato la linea dura…
Sono preoccupato, perché se si passa dal "non ci faremo intimidire" al "non cederemo di fronte alle minacce" si perdono completamente di vista i diritti umani di Alfredo Cospito. I diritti non passano in secondo piano, anche nel caso in cui siano rivendicati attraverso azioni come quelle degli ultimi giorni, che sono da condannare. Queste azioni possono indebolire le campagne, ma non i diritti. Mi aspetto che il governo e il ministro li applichino.
Qual è la vostra posizione sul regime del 41 bis?
Quello in favore di Cospito è un intervento eccezionale, Amnesty International non valuterà le singole situazioni di tutti i detenuti al 41 bis. Nel corso degli ultimi anni abbiamo fatto delle valutazioni critiche, non per chiedere l'abrogazione del carcere duro, ma per mettere in evidenza che alcune caratteristiche di questo regime – come fatto anche dalla Corte europea e dalla Corte costituzionale – possono costituire un trattamento crudele, inumano e degradante.
La Cassazione, intanto, ha anticipato al 7 marzo l'udienza per decidere sul ricorso. È troppo tardi?
Non c'è una chiara comprensione dell'urgenza di questa situazione. È inconcepibile che si possa pensare di rimandare a più di 40 giorni. Il 7 marzo Cospito potrebbe non usufruire in alcun modo della decisione che verrà presa. La storia degli scioperi della fame poi ce lo ricorda bene, non basta interromperlo per stare meglio dal giorno successivo.
Questa vicenda può riportare, anche se temporaneamente, i riflettori sul sistema carcerario italiano e sui suoi enormi limiti a partire dal rispetto dei diritti umani?
È necessario. Ci sono dei problemi di sistema, come il sovraffollamento, le condizioni igienico sanitarie – e abbiamo visto come il Covid sia stato favorito da tutto questo – ci sono situazioni di malessere che causano decine e decine di suicidi ogni anno. Riguardano i detenuti, ma anche il personale delle carceri. Ci sono molte inchieste sulle torture avvenute nelle carceri, almeno una decina. In questo Paese però c'è una narrazione secondo la quale i diritti non sono innati, ma si conquistano comportandosi bene. E allora siccome tipicamente in carcere ci sta chi bene non si è comportato, secondo questo paradigma i diritti quelle persone non ce li hanno, li hanno persi. Sono cittadini di serie C per i quali c'è solo disinteresse.