News su migranti e sbarchi in Italia

“Non voglio morire qui dentro, ci trattano peggio dei cani”, le grida d’aiuto dal Cpr di Trapani

“Ecco stanno entrando con i bastoni per menarci. Aiuto. Abbiamo bisogno di aiuto. Perché tutto questo? Basta. Basta. Aiuto. Aiutateci”, da sabato scorso le persone rinchiuse nel Cpr di Trapani-Milo sono in sciopero della fame, un video con le urla dei migranti denuncia la violenza delle forze dell’ordine entrate nella sezione e sequestrargli i cellulari.
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Hotspot di Lampedusa, foto di Lidia Ginestra Giuffrida
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Grida di aiuto, rumore di manganelli, un'inquadratura fissa su una parete o un pavimento, è l’ultimo video-testimonianza che ci arriva dall'interno del Cpr di Trapani-Milo. Qui da sabato scorso, in seguito all’ennesimo atto di autolesionismo commesso da un uomo tunisino che ha provato a togliersi la vita, le circa 150 persone trattenute in detenzione amministrativa hanno iniziato uno sciopero della fame. “Il corpo è il loro unico strumento di denuncia”, dice ai microfoni di Fanpage.it un’attivista della Rete Siciliana contro il confinamento.

La protesta pacifica iniziata sabato rivendica libertà e dignità contro le condizioni disumane in cui sono costrette quotidianamente le persone trattenute. “Chiedono libertà e dignità”, continua l’attivista, “uno di loro ci ha detto al telefono: ‘vogliamo libertà, voglio vivere per essere amato non per morire qui rinchiuso, vogliamo il diritto di essere uomini’”.

Le condizioni del Cpr di Trapani-Milo, come già denunciato in precedenza da Fanpage.it, sono disumane: “La gente vive in condizioni terribili, molte persone lamentano di essere costrette a dormire su blocchi di cemento con coperte di carta, materassi molto sottili, scomodi; gli danno poco sapone per lavarsi e in generale tutto quello che serve alla cura del corpo è dato in quantità minimali”, spiega l’attivista, “lamentano di essere privati del diritto di essere persone, oltre che di quello alla libertà individuale, alla comunicazione e a una giusta difesa”.

Lunedì scorso la Rete Siciliana contro il confinamento ha raccolto alcune testimonianze dalle persone in protesta, nonché il video girato dagli stessi manifestanti e ripubblicato dalla Rete No Cpr e da Sea Watch Italy nelle loro pagine Instagram. Il video è stato coraggiosamente girato mentre le forze dell’ordine entravano nella sezione dove è in corso la protesta per cercare e sequestrare con la forza l’unico cellulare con cui le persone riuscivano a comunicare con l’esterno. “Vogliono prenderci il telefono per non farci raccontare cosa succede. Siamo in sciopero della fame. Non ce la facciamo più a stare qui. Non ce la facciamo più”, ha raccontato un uomo agli attivisti della Rete, “un tunisino ed un egiziano una settimana fa hanno fatto la corda [ndr. hanno provato ad impiccarsi] perché sono da tanti anni in Italia, e piuttosto che il rimpatrio è meglio la corda”, ha detto un altro.

“Ora sono qui fuori con caschi e manganelli per picchiarci. Tra poco ci toglieranno anche questo telefono che usiamo in 40. Hanno rotto la videocamera del telefono, prima di darcelo. Ora vogliono togliercelo. Perché? Ecco stanno entrando con i bastoni per menarci. Aiuto. Abbiamo bisogno di aiuto. Perché tutto questo? Basta. Basta. Aiuto. Aiutateci”, e poi il suono sordo dei manganelli.

“Hanno reso non funzionanti tutti questi dispositivi perché non vogliono che venga diffuso ciò che avviene lì dentro", spiega l’attivista della Rete Siciliana contro il confinamento, “vogliono occultare le immagini del Cpr, non vogliono far vedere ciò che è davvero quello spazio, nascondere la realtà dei fatti e rendere impossibile la denuncia degli abusi e delle condizioni precarie a cui sono costrette le persone recluse li dentro”.

Al momento dentro il Cpr di Trapani-Milo ci sarebbero 150 persone di cui molti neo diciottenni che dopo essere arrivati nel territorio italiano quando ancora erano minorenni, si sono ritrovati per strada al compimento della maggiore età. Regalati alle mani dello sfruttamento delle campagne siciliane o dello spaccio e poi finiti nel Cpr. Ma ci sono tante altre storie che arrivano da lì dentro, e di cui Fanpage.it è venuta a conoscenza grazie alla Rete Siciliana contro il confinamento che le ha raccolte. Sono storie di persone che stavano in Italia da più di vent'anni e che si sono ritrovate dentro Trapani-Milo per problemi burocratici al momento del rinnovo del permesso di soggiorno o per l’impossibilità di regolarizzarsi.

“Molti di noi erano andati in questura per il rinnovo [ndr. dei documenti]. Alcuni avevano un contratto di lavoro. Guarda cosa è successo! Siamo qui ora. Nessun diritto. Peggio degli animali”, ha raccontato un altro uomo da dentro il Cpr siciliano.

“La Sicilia è stata definita da poco dal Ministro dell’Interno Piantedosi laboratorio per il trattenimento cosiddetto leggero che riguarda i richiedenti asilo sottoposti alle procedure accelerate di frontiera che sono già in vigore in Italia e che entreranno in vigore in tutta Europa con l’applicazione del nuovo patto immigrazione e asilo”, aggiunge Giorgia Linardi, portavoce dell’Ong Sea Watch Italy, “dai Cpr siciliani parte il 54% dei rimpatri di tutta Italia, e l’85% dei casi di rimpatrio riguarda persone di nazionalità tunisina, il che ci fa capire l’arbitrarietà della scelta delle persone da rimpatriare, che si fonda sul solo accordo bilaterale che l’Italia ha con la Tunisia”.

Da quello che il nostro governo definisce un “laboratorio”, le ultime notizie che abbiamo sono le grida di aiuto registrate dalla Rete Siciliana contro il confinamento dell’alba di martedì: “Ci hanno riempito di botte. Ci sono 9 feriti. Qui ci sono tanti ‘piccoli’, ragazzi di 19, 20 anni. Dormono adesso. Sono tutti stanchi. Siamo trattati peggio degli animali. Peggio dei cani. Abbiamo letti di cemento e lenzuola di carta. Ci danno un rotolo di carta igienica per 15 giorni. Fate vedere dove viviamo e come viviamo”, hanno chiesto prima di scomparire di nuovo nel silenzio a cui sono costretti dallo Stato italiano.

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