In queste ore è tutto un pullulare di minuziose smentite sull'ultima bufala razzista che ha preso di mira le unghie smaltate di rosso di Josefa. La becera propaganda dei soliti cospirazionisti (sono gli stessi che giudicarono bambolotti i tre bambini recuperati in mare il mese scorso, gli stessi che condividevano inesistenti cugini di Laura Boldrini assunti alla Camera con stipendi faraonici o altre sciocchezze del genere) ha provato a spiegarci che le prova regina della malafede delle ONG Open Arms e della sua messinscena nel Mediterraneo sarebbe lo smalto sulle unghie dell'unica sopravvissuta recuperata (una donna e un bambino sono stati recuperati già morti): per questi Josefa sarebbe solo un'attrice pagata dalla ONG per montare un caso diplomatico. È intervenuta anche la giornalista Annalisa Camilli (che per Internazionale era a bordo della nave durante il salvataggio di Josefa) per puntualizzare che lo smalto che appare nella foto è stato applicato nei giorni successivi dai volontari che, mentre la nave si dirigeva verso la Spagna, si sono occupati di rasserenare Josefa e, insieme allo smalto, restituirle un po' di dignità.
Sullo smalto di Josefa, insomma, oggi si combatte la quotidiana battaglia tra i cattivisti che ritengono l'immigrazione un complotto internazionale per togliere all'Italia la propria sovranità e coloro che a fatica e con molta pazienza cercano di tenere in ordine i fatti e ristabilire un po' di verità. Sulle unghie di Josefa però non si sono attivati solo i soliti noti, tra siti di debunking e attenti osservatori del tema dell'immigrazione: le unghie di Josefa sono finite nell'apertura di siti generalisti e dei maggiori quotidiani italiani.
E mi viene un dubbio: ma perché la foga chiarificatrice che oggi sembra avere infettato positivamente quasi tutto non prevede anche argomenti più complessi che in questi anni sono stati manipolati dalla politica e da un pezzo dell'informazione? Perché non c'è la stessa foga per raccontare (sempre stando sui fatti e sui numeri incontrovertibili) gli orrori di una Libia senza governo stabile e senza nemmeno i requisiti minimi di rispetto dei diritti umani? Perché così come oggi si smonta la bufala delle unghie di Josefa non si racconta la bestialità di chi davvero ha la faccia tosta di indicare la Libia come porto sicuro? Perché non si è usata la stessa energia per rispondere alla bufala di Salvini che ha parlato di Ciad, Niger, Palestina o Siria come Stati sicuri dove non ci sono conflitti? Perché la stessa puntigliosità non c'è in risposta alle dichiarazioni del Viminale che bollò come "fake news" la ricostruzione del salvataggio di Josefa riferendosi alla testimonianza di una giornalista tedesca che invece nulla c'entrava con l'episodio? E, soprattutto, perché non cogliere l'occasione delle unghie di Josefa per raccontare ai lettori che il ministro Salvini parlò di "prove" in suo possesso che smentivano la ricostruzione di Open Arms e invece quelle prove non sono mai arrivate?
Ci sono bufale che viene più comodo smentire rispetto ad altre? Ci sono bufale intollerabili e altre no? In sostanza: riusciamo a dire qualcosa di più, oltre alle unghie di Josefa? Perché altrimenti il gioco di banalizzazione del dibattito e di distrazione ci tocca ammettere che la stanno vincendo gli altri, comunque.