Non c’è alcuna emergenza migranti: se l’accoglienza non viene programmata è solo colpa del governo
Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza a causa dell'aumento degli sbarchi. Ma per gli addetti ai lavori, in realtà, la situazione non sarebbe affatto straordinaria ed emergenziale. Lo dicono i numeri, per cui l'Italia è addirittura sotto la media europea per quanto riguarda le domande di asilo. Non solo: anche considerando la prima accoglienza, il problema non starebbe nell'aumento degli arrivi, quanto nella programmazione che il governo non fa. Nonostante la normativa lo imporrebbe.
Ne abbiamo parlato con Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio italiano di solidarietà e coordinatore del gruppo asilo dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi).
Non c'è alcuna emergenza sugli arrivi dei migranti
"La prima cosa da fare è guardare bene i dati – ha detto Schiavone – Questi possono essere ingannatori: se consideriamo l'aumento degli sbarchi di questi giorni è facile giungere a una conclusione allarmista, di un'emergenza apparentemente oggettiva. Se però proviamo a vedere le cose con un minimo di prospettiva le cose stanno diversamente".
Per comprendere meglio la situazione bisogna guardare ai dati raccolti a livello europeo: "Prendiamo ad esempio i dati diffusi alla fine del 2022 dalla Commissione europea in relazione alle domande di asilo presentate nei vari Paesi dell'Unione in rapporto alla popolazione: notiamo subito che l'Italia non solo non è in una posizione di chissà che esposizione, ma è addirittura al di sotto della media europea".
Schiavone quindi ha aggiunto: "Gli arrivi non sempre coincidono con le domande di asilo, questo lo sappiamo, però la stragrande maggioranza delle persone che arrivano presenta la richiesta di protezione. Ci sono anche tanti richiedenti asilo che dopo aver presentato la domanda tentano di abbandonare l'Italia, perché la percepiscono come Paese di transito. Alla luce di tutto questo, possiamo dire è che non c'è alcuna emergenza. I numeri, che sono ciò a cui dobbiamo guardare, non ci indicano un'emergenza".
Il governo non programma l'accoglienza come dovrebbe
Il problema principale, secondo Schiavone, sarebbe però un altro. Non riguarderebbe tanto gli sbarchi quanto la prima accoglienza. Il governo, parlando delle sue politiche migratorie, ha spesso affermato che il sistema stia rischiando il collasso. Una narrativa è stata smentita da alcuni studi e che non si assumerebbe le sue responsabilità: infatti, programmare gli interventi necessari a garantire l'accoglienza di chi arriva è un compito del governo. Che però non viene assolto.
"Purtroppo nessuno parla mai del sistema di accoglienza, ma è proprio questo il vero scandalo della situazione – ha detto Schiavone – L'Italia non fa una programmazione dell'accoglienza, perché partiamo dall'idea ingenua che non si possa programmare niente. Questo non solo non è vero, perché è possibile prevedere almeno una buona parte dei fenomeni, ma è la stessa legge che prevede che il governo sia obbligato a fare un piano di previsioni rispetto al fabbisogno di posti in accoglienza".
Si tratta di una legge del 2015. "L'articolo 16, secondo comma, del decreto legislativo 142 del 2015, che regola il sistema di accoglienza, dice testualmente che il ministero predispone annualmente, salvo la necessità di un termine più breve, un piano nazionale per l'accoglienza. Il quale, in base alle previsioni di arrivo per il periodo considerato, individua il fabbisogno dei posti da destinare alle finalità dell'accoglienza".
Ecco il testo nello specifico:
Art. 16: Forme di coordinamento nazionale e regionale
1. Il Tavolo di coordinamento nazionale, insediato presso il Ministero dell'interno – Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, di cui all'articolo 29, comma 3, del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, e successive modificazioni, individua le linee di indirizzo e predispone la programmazione degli interventi diretti a ottimizzare il sistema di accoglienza previsto dal presente decreto, compresi i criteri di ripartizione regionale dei posti da destinare alle finalità di accoglienza di cui al presente decreto. I criteri di ripartizione regionale individuati dal Tavolo sono fissati d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
2. Ai fini di cui al comma 1, il Tavolo predispone annualmente, salva la necessita' di un termine più breve, un Piano nazionale per l'accoglienza che, sulla base delle previsioni di arrivo per il periodo considerato, individua il fabbisogno dei posti da destinare alle finalità di accoglienza di cui al presente decreto.
Le previsioni sull'aumento degli arrivi
Insomma, ogni anno il governo dovrebbe costruire il sistema di accoglienza basandosi sul fabbisogno previsto. Se poi la situazione reale dovesse essere diversa da quelle che erano le previsioni, allora è possibile parlare di interventi di emergenza. "Ma se il piano di previsione non c'è, di che emergenza stiamo parlando?", ha detto Schiavone, per poi sottolineare che gli strumenti per fare le previsioni non mancano: ci sono i rapporti della Commissione Ue, le statistiche di Eurostat, i rapporti dell'Agenzia europea sull'asilo. E tutti i dati già dall'anno scorso parlavano di un aumento dei flussi per il 2023: "Tutti questi documenti già nel 2022 indicavano un aumento medio in Europa, e quindi per forza anche in Italia, di oltre il 40%. Alla luce di questi dati, che cosa è stato fatto? Non solo tutto questo era prevedibile, era anche obbligatorio prevederlo".
Schiavone ha quindi ribadito come "il governo italiano viola la legge sistematicamente, lasciando il sistema nel caos e non facendo alcuna programmazione". Per poi sottolineare come tutto questo non avvenga per caso: "La creazione di una situazione di tensione, paura e allarme poi giustifica scelte e misure straordinarie. In generale giustifica una determinata gestione del potere. Creare una fabbrica di incertezza del genere è un obiettivo politicamente pianificato".
I rischi legati allo stato di emergenza
Ci sono anche dei rischi concreti, che pesano sulle persone migranti, legati allo stato di emergenza. In primis c'è il rischio che le domande di asilo vengano esaminate male, o che si aprano centri di accoglienza che non rispettano gli standard minimi. "Quando si crea un'atmosfera di emergenza e presunta insostenibilità tutta la macchina ne risente – ha spiegato Schiavone – Tra l'altro in Italia le commissioni che esaminano le domande di asilo non sono organi amministrativi, ma sono emanate dallo stesso ministero e hanno sempre risposto a stimoli politici, nonostante non dovrebbero. Sicuramente quello che si verificherà (e questo non è un rischio, ma una certezza) è un ulteriore e grave peggioramento del sistema di accoglienza. Con la dichiarazione dello stato di emergenza si potranno aprire posti di qualunque tipo e genere, con standard anche infimi. Molto più bassi di quelli dei Cas ordinari, che sono già scarsi".
Le conseguenze? "Avremmo molte più persone buttate in capannoni dismessi e questo non farà altro che aumentare la ghettizzazione dei richiedenti asilo e la percezione di una situazione ingestibile. Questa è una macchina che si auto-alimenta", ha concluso Schiavone.