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Non abbiamo ancora capito di quale “droga libera” stia parlando Salvini

Matteo Salvini continua a parlare di “droga libera”, ma la legge sulla cannabis alla Camera non prevede alcuna liberalizzazione: depenalizza la coltivazione domestica per uso personale per un massimo di quattro piante.
A cura di Tommaso Coluzzi
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"No alla droga libera". Sono giorni che Matteo Salvini ripete questa frase praticamente in ogni uscita pubblica, ma a cosa si riferisce il leader della Lega? Nel calderone di Salvini – questa volta – sono finite contemporaneamente la legge sulla cannabis e la legge sulla cittadinanza in discussione alla Camera dei deputati, un boccone succulento per il segretario del Carroccio: "La Lega farà la Lega – ha tuonato oggi parlando ai suoi deputati – Bisogna aumentare stipendi e pensioni, non votare leggi su droga libera o cittadinanza facile". E ancora: "Che il Parlamento voti per la droga libera, con milioni di ragazzi a rischio e baby gang dilaganti, sarebbe una scelta criminale – ha aggiunto – Faremo quello che serve all'Italia, siamo leali e responsabili e tutti ci ricordiamo che droga libera e cittadinanza facile agli immigrati non fanno parte degli accordi di governo".

Salvini prova a ricostruire la sua leadership – in primis internamente – su due suoi cavalli di battaglia: l'immigrazione e soprattutto la "droga". Nonostante, però, il leader della Lega continui a parlare – ribadiamo – di "droga libera", la proposta di legge che la prossima settimana arriva a Montecitorio non dice esattamente questo. Il testo, presentato da Riccardo Magi di +Europa, prevede innanzitutto una distinzione tra le varie sostanze, mentre il punto centrale è la depenalizzazione della coltivazione in casa per uso domestico della cannabis. In questo modo sarebbe possibile coltivare fino a quattro piante per uso esclusivamente personale. Ovviamente lo spaccio resta un reato. Insomma, questa liberalizzazione della droga di cui parla Salvini in effetti non c'è.

La suggestione di Salvini è legare questo tema – ovvero la "droga libera" – all'allarme delle baby gang, che a sua volta viene legato alla proposta sullo Ius scholae: dare la cittadinanza ai ragazzi e bambini stranieri che hanno completato almeno un ciclo scolastico in Italia e sono arrivati entro i dodici anni, o nati qui ovviamente. E qui l'allarme è no alla "cittadinanza facile per gli immigrati", con riferimento alle famose baby gang. Su questo punto, però, ci ha pensato ieri la ministra Lamorgese a chiarire la situazione: "Non è un problema di integrazione dei migranti" perché le baby gang "spesso sono formate da soggetti autoctoni". Insomma, sono italiani.

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