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Nomine europee, Renzi rimandato a settembre

L’opposizione di Polonia e Paesi Baltici, in primis, alla nomina di Federica Mogherini ad Alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, rappresenta il primo stop internazionale all’ascesa europea del premier Matteo Renzi. L’attuale numero uno della Farnesina non è stata sostenuta perché sarebbe ritenuta troppo vicina a Mosca. La partita è rinviata al prossimo meeting convocato per fine agosto.
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Le bocche sono cucite. Le indiscrezioni al minimo. L'ufficialità si limita alla mera constatazione dei fatti. A poche ore dal naufragio del vertice europeo convocato per nominare i successori Herman Van Rompuy (Presidente del Consiglio Europeo), Lady Catherine Ashton (Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, noto con la sigla di Pesc) e Jeroen Dijsselbloem (Presidente dell'Eurogruppo, ovvero il coordinamento europeo che riunisce i ministri delle Finanze Ue), i nodi legati alla futuro posizionamento dei posti chiave dell'Unione Europea sono tutt'altro che sciolti.

Secondo molte voci di dentro, lo stallo principale è stato causato dal blocco alla nomina di Federica Mogherini, attuale ministro degli Esteri italiano, a successore di Lady Ashton. La nomina della 41enne ministro italiano, indicata dal premier Matteo Renzi come candidata di punta non solo di Roma ma anche di tutto il gruppo socialista europeo (Pse), è stata avversata dal blocco dei paesi del nord est europeo – in particolar modo Polonia e Paesi Baltici – che hanno bocciato il nome della Mogherini perché ritenuta troppo filo russa. Sebbene il premier Renzi abbia dichiarato a più riprese che in Europa non ci sia stato alcun veto sulla nomina del “suo” ministro e che nulla è cambiato rispetto alle attese prevertice, la realtà dei fatti riporta una fortissima opposizione alla nomina dell'attuale capo della Farnesina.

La recente visita della Mogherini a Mosca, le strette di mano con il Presidente russo Vladimir Vladimirovič Putini (considerato il nemico numero uno da molti stati della ex Cortina di ferro e dagli stessi diplomatici Nord Americani) e il supporto al progetto del gasdotto noto col nome di South Stream (creatura cara al vecchio ad di Eni Paolo Scaroni, che dovrebbe portare il gas russo in Europa meridionale bypassando l'Ucraina e tute le problematiche politiche e strategiche, che oggi più che mai, caratterizzano l'intera area) avrebbero fatto erigere un muro di dinieghi all'apparenza impenetrabili.

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La diplomazia è a lavoro per cercare di sanare la ferita e raggiungere un accordo in vista del prossimo vertice convocato, dall'ancora in carica presidente Van Rompuy, per il prossimo 30 agosto. Un termine molto lontano, in termini temporali, che in qualche modo potrebbe pregiudicare o, quanto meno, influire negativamente sulle scelte di politica estera dell'Unione europea fino ad oggi ancora troppo spesso divise e altalenanti tra interessi nazionali ancora molto distanti.

Secondo gli addetti ai lavori, in ogni caso, il nome del prossimo rappresentante europeo di esteri e difesa potrebbe uscire dalla rosa dei rappresentanti del Pse. Insieme alla Mogherini, i nomi che sono circolati con maggiore insistenza sono quelli dell'economista bulgara Kristalina Georgieva, attuale commissario europeo per gli aiuti umanitari, e Helle Thorning-Schmidt, premier danese (avversata dalla Francia alla nomina di Presidente del Consglio Eu perché la Danimarca non fa parte dell'eurozona, ma che non sarebbe sgradita agli esteri, visto anche che la Thorning-Schmidt potrebbe ricevere un appoggio più vasto perché sposata con Stephen Kinnock, figlio di Neil – ex leader dei laburisti britannici e commissario europeo – e della baronessa Glenys Kinnock di Holyhead – ex ministro britannico per gli affari Europei).

Il blocco momentaneo alla Mogherini potrebbe rappresentare un primo stop all'ascesa di Renzi nel Gotha della politica europea. Negli ultimi tempi l'ex primo cittadino gigliato è stato criticato, da più parti e a più riprese, perché al momento avrebbe realizzato poco, troppo poco, rispetto a quanto annunciato dando così ancora l'impressione di non avere basi solidi su cui fondare una possibile e persino auspicata leadership politica a livello europeo.

La spavalderia mostrata da Renzi nelle ultime settimane non sembra, dunque, aver fatto breccia in Europa. Le critiche negative al ministro in quota Pd provenienti da giornali autorevoli, quali tra gli altri il Guardian, il Wall Street Jurnal e l'Economist (quest'ultimo titola l'editoriale di Charlemagne “A job for the girl?”, ovvero “Un lavoro per la ragazza?”, definendola comunque la “donna da battere”), e lo slittamento delle nomine a fine estate sembrano remare contro il piano strategico renziano.

In ogni caso sul tavolo delle trattative tra i plenipotenziari dei 28 Stati non c'era solo la nomina del successore di Lady Ashton, ma anche quella dello politico belga che rappresenta, secondo il sentire comune, il vero punto chiave delle trattative. I rumors più accreditati suggeriscono che proprio su questa nomina la Germania di Angela Merkel sia intervenuta con decisione per imporre la scelta di un tedesco o, in alternativa, di un fedelissimo alla linea voluta da Berlino. 

La partita sembra essere ancora aperta e nulla sembra essere stabilito in modo definitivo, nelle settimane a seguire la diplomazia sotterranea dell'Ue lavorerà alacremente per far convergere gli interessi in campo su un nome unico che dovrà rappresentare le differenti necessità e posizioni di forza della complicata, e a tratti schizofrenica, tela politica europea.

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